La storia di Giggino di Maio a Harvard è fatta della stessa stoffa. L’università ha dichiarato più volte di non sapere chi sia e di non avere mai pensato di invitarlo (Guido Rossi e Romano Prodi invece a Harvard ci sono andati davvero, come studenti e come insegnanti, Prodi sulla cattedra che fu di Gaetano Salvemini, Rossi a ascoltare le elezioni di Kissinger).
Ma allora dove diavolo è andato Di Maio? In una palestra. Sì, in una palestra, un po’ addobbata per l’occasione, Infatti non è mai stato invitato a Harvard, ma solo da un’associazione di studenti europei harvardiani che una volta al mese ha il diritto, come confraternita, di usare una palestra per alcune ore per dibattiti e conferenze. La gestione di questi eventi, naturalmente, appartiene tutta alla confraternita stessa. Insomma, è come andare a prendere un caffè alla Trump Tower sulla Quinta strada e poi dire agli amici: “Stamattina sono stato da Trump”.
Come prevedibile, lo hanno trattato così male che forse era un trappolone. Forse lo hanno invitato, più che altro, per studiarlo, per vedere come può essere fatto un grillino, uno che a trent’anni non sa ancora usare apostrofi e congiuntivi, ma che vorrebbe dirigere un paese di 60 milioni di abitanti.
Unico difensore, il professor Francesco Erspamer, glottologo con la mania della politica, da anni in America e più grillino (in odio a Renzi) dello stesso Di Maio. Talmente entusiasta da scrivere che, ascoltando Di Maio per la prima volta ha sentito un ragionamento politico coerente. Chi conosce un po’ Erspamer conosce anche le sue bizzarrie e il fatto che non capisce assolutamente nulla di politica. Però, almeno un ammiratore (anche se strambo) Di Maio l’ha trovato.( Giuseppe Turani)
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