Nulla da dire solo sulla durata del concerto: 50 minuti scarsi. Tutto il resto, dal programma al direttore, alla regia non ne ha azzeccata una Rai Cultura e Scala insieme.
Cominciamo dal direttore. Perchè un coreano? Risponderanno che hanno voluto mandare un segnale di internazionalità. Sì, ma a chi? Non si trattava di un concerto, in apertura del G7, nel quale si voleva mostrare una delle eccellenze riconosciute del nostro paese, che ospitava i potenti della terra? E cioè la Scala? Allora il suo direttore musicale Riccardo Chailly che impegni aveva tanto importanti da disertare l'appuntamento di Taormina? Non v'è ragione che tenga. Dell'appuntamento internazionale a Taormina si sapeva da tempo, e del concerto pure; Chailly non poteva tenersi libero per il concerto della 'sua' orchestra? E questo è già il primo passo falso sul quale molti dei telespettatori avranno certamente riflettuto, ponendosi la nostra stessa domanda, e non riuscendo a darsi una risposta soddisfacente.
Poi il programma, partito con un trittico (Puccini, Verdi) più adatto ad una commemorazione di fatto doloreoso o addirittura ad un funerale - e pensiamo specialmente all'intermezzo della Butterfly, un funerale, oltre che alla sinfonia dell'INNOMINATA - e che, solo dopo, ha toccato Rossini ( Guglielmo Tell e Italiana in Algeri), che magari qualche segnale positivo sarà riuscito a mandare se non altro con i suoi ritmi vivaci e con la trionfale squillante conclusione dell'Ouverture dal Tell ,per finire con un omaggio alla Sicilia: Mascagni, intermezzo dalla Cavalleria rusticana.
La composizione del programma fa pensare quanto incapaci siano certe istituzioni anche importanti a calibrarlo alle diverse circostanze e in un teatro all'aperto, per quanto tirato a lucido e con una buona acustica; ma anche di come Rai Cultura non sia capace di dire la sua alle istituzioni, quando si mostrano sorde alle esigenze anche televisive, oltre che di circostanza.
Conosciamo il problema. Perchè per oltre dieci anni, per conto della Rai (Rai 1), abbiamo lavorato alla composizione del programma del Concerto di Capodanno dalla Fenice; ogni anno abbiamo sudato le classiche sette camicie per far capire al direttore artistico del teatro veneziano che quello era un concerto particolare che abbisognava di un programma particolare. Non sempre siamo riusciti fino in fondo, anche perchè lui si è sentito come offuscato dalla nostra presenza dalla quale, in parte, deriva la fortuna di quel concerto, suo ( del direttore artistico Ortombina) malgrado ( anche i due pezzi d'obbligo conclusivi: Va pensiero e Brindisi, furono una nostra scelta!) E, infatti, da quando non ce ne siamo più occuparti, e cioè da tre anni a questa parte, il direttore artistico ha avuto mano libera nel confezionare programmi INADATTI e gli ascolti, per la prima volta nella ormai lunga storia del Capodanno veneziano, sono calati drasticamente: in tre anni il Concerto ha perso quasi 500.000 telespettatori, pur restando sempre al disopra dei 4.000.000 dive la nostra attenta e intransigente vigilanza l'aveva portato.
Siamo sicuri che se ponessimo il problema 'del programma e della sua congruità alla circostanza', ai dirigenti di Rai Cultura, ci risponderebbero, da filosofi e pensatori quali si ritengono, che era meglio non assumere toni trionfalistici e rilassati perchè quella riunione non faceva ben sperare quasi su nulla. Si sa i filosofi sanno sempre mettere una pezza su tutto. Solo che i filosofi, quando lo sono per davvero, lavorano altrove, non alla direzione di un canale televisivo.
Infine la regia che viene sempre affidata da Rai Cultura per i concerti, in maggioranza, a persone assolutamente inadatte a gestire la ripresa e trasmissione di un appuntamento musicale, per quanto se ne conoscano le difficoltà intrinseche. Ad esempio, possibile che la regista non abbia mai pensato di inquadrare la giovanissima 'spalla' dell'orchestra della Scala, la violinista Giulia Marzadori?
Tralasciamo il resto, per dire anche qualcosa sul pubblico. Ad esempio su Macron che mano nella mano della sua maestra signora è arrivato quasi a concerto iniziato - cafone di un presidente! - e sul teatro semivuoto. Ci diranno che c'erano ragioni di sicurezza per lasciare buona parte delle gradinate senza pubblico. Ma almeno il primo ordine poteva essere occupato per intero.
Forse l'unico ad essersi avvantaggiato del concerto, in ogni senso, è stato l'antico teatro che per l'occasione è stato rimesso a nuovo, ripulito e dotato di una struttura in legno dove ha preso posto l'orchestra. Ma speriamo che, a concerto finito, non abbiano già deciso di smontarla per portarla altrove, magari in un altro teatro, della città italiana che prossimamente ospiterà riunioni internazionali analoghe e dello stesso livello.
Sempre professionale, infine, lo speaker Roberto Chevalier, anche se i testi ( della Teodoro) che gli hanno affidato potevano essere meglio curati e con una spolverata, anche minima, di fantasia, oltre gli annunci di prammatica.
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