Il Caso di Palermo, riguarda la 'governance' del Teatro Massimo, il cui sovrintendente/direttore artistico, il compositore Marco Betta, luogotenente 'orlandiano', agli ordini del generalisssmo Giambrone, ora distaccato a Roma, è in scadenza. Il busillis sta nella succesisone.
Settimane fa, alla presentazione del cartellone della nuova stagione il sindaco Lagalla si era detto contento della gestione Betta - sia artistica che amministrativa - facendo intendere neppure tanto velatamente che era sua intenzione riconfermarlo.
Al che Schifani, governatore siciliano, della stessa area poltica di Lagalla opponeva resistenza, in nome della DISCONTINUITA'. Ora sui guai della sua gestione della cultura in Sicilia, a cominciare dal disastro creato all'Orchestra Sinfonica Siciliana, in molti convengono. E dunque cosa vuole fare Schifani? Aggiungere altro schifo (il nome non c'entra, nonostante l'assonanza).
Adesso i contendenti della ciccia da spolparsi sull'osso del Massimo sono tre, mentre Betta diventa spettatore.
Lagalla vuole confermare Betta, con le sue buone ragioni: non c'è necessità di sostituire uno che ha fatto bene il suo lavoro, per generale convinzione e valutazione.
Schifani vuole metterci un suo fedelissimo, Andrea Peria Giaconia, già dimissionario dall'Orchestra Sinfonica Siciliana, perchè in evidente conflitto di interesse, sancito dal Tar. A Schifani dei buoni risultati di Betta non frega nulla, se si sfascia anche il Massimo, tanto meglio, anche se tanto peggio ( conosciamo questa canzone d'altri tempi, tornata ora in auge).
Sangiuliano, che dovrebbe fare da salomone, rinuncia a tale ruolo, perchè anche lui ha qualcuno da sistemare: la sua pupilla consigliera Beatrice Venezi, che scalpita nel suo ufficio a fianco, allla direzione musicale del teatro. Cioè, detto chiaramente a Sangiuliano che non vuole capire: perchè ministro, intende distruggere l'orchestra del teatro mettendola in mani inesperte? Lo hanno certificato tutti che la Venezi vale pochissimo come direttrice d'orchestra. Una schiappa, la definiscono quelli che nel linguaggio non hanno peli sulla lingua. Con queste premesse, ministro, Lei intende addirittura promuoverla? Ma allora i suoi discorsi sul merito dove sono andati a finire? Non è colpa sua se Lei non capisce nulla di musica, ma se la sua pupilla in oltre dieci anni di attività - quindi ben prima che potesse dichiararsi meloniana dalla testa ai piedi e che la Meloni contasse - non è riuscita a fare il grande salto, può farglielo fare Lei d'imperio? Non rischi, potrebbe vedersi costretto a richiamarla a Roma, già dopo le prime uscite che si annunciano disastrose.
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