lunedì 29 luglio 2024

Il regista dello spettacolo delle Olimpiadi: Non era l'ultima cena. Comunque il vero sacrilegio e oltraggio alla religione sta nelle guerre negli abusi sui minori, nei femminicidi, nella fame e nelle malattie del terzo mondo, nei migrandi annegati... ( da Quotidiano. Net. di

 


Olimpiadi, non era l’Ultima Cena quella della cerimonia d’apertura. Il regista stoppa le polemiche

Roma, 28 luglio 2024 – Si voleva servire un banchetto, non un’Ultima cena. Celebrare un gaudente momento conviviale, non un mesto commiato dal sapore escatologico. Poco importa, a certi palati sovranisti e cattolici il pasto portato in mondovisione è risultato del tutto indigesto. E non per una questione di gusti, più che comprensibile in una cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Parigi sospesa tra storia e mito, magnifica e suggestiva, anche se a tratti prossima al kitsch. Ad andare di traverso sono state piuttosto le pietanze servite per omaggiare gli ideali della Francia rivoluzionaria. Peccato che le vivande, giudicate blasfeme, non fossero realmente nel piatto delle celebrazioni iconiche dell’Eguaglianza, della Libertà e della Fraternità, ma disposte solo sul cabaret di un’immaginazione condita da vis polemica e pregiudizi, secondo la ricetta (senza tempo) di uno chef-apologeta come Tertulliano.

Fuor di metafora, al vice premier Salvini e ai vescovi francesi ha giocato un tiro mancino la perfomance delle drag queen allo spettacolo a Cinque cerchi. Persino Sangiuliano, ministro della Cultura, è intervenuto per stigmatizzare un’esibizione accostata all’iconografia cattolica dell’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli. Da più parti a destra, e non solo, si è visto nel genio di Leonardo il padre putatitvo della performance, quando invece ad ispirare il creatore dell’evento, Thomas Jolly, è stato un’artista sconosciuto ai più: il seicentesco Jan Harmensz van Bijlert, autore del dipinto ‘Le Festin des dieux’ che raffigura un banchetto degli dei sull’Olimpo, in occasione del matrimonio di Teti e Peleo. Certo, la ripartizione leonardesca, simmetrica in gruppi di tre dei personaggi in scena – sedici e non dodici in totale, però – può aver tratto in inganno.

Ma il tocco provocatorio, che contraddistingue da sempre l’arte, non può usarsi per mistificare l’intento di fondo dell’autore. Anche perché al centro della scena campeggiava un Apollo incoronato, mentre sdraiato figurava Bacco. Tutto né più, né meno come nell’opera del ’600. Per non parlare del contesto dell’esibizione che avrebbe dovuto invitare alla prudenza anche gli spiriti fumanti se si parla di Olimpiadi, il rimando spontaneo è all’antica Grecia, culla dei Giochi, non alla Bibbia, con buona pace di chi ancora vagheggia una società cristiana ormai sepolta dalla secolarizzazione.

Del significato autentico della performance ha parlato (forse con una certa dose di ritardo) lo stesso Jolly, scusandosi comunque verso chi si è sentito offeso. “Non era l’Ultima Cena la mia ispirazione – sono state le parole del direttore artistico volte a chiudere le polemiche –. Credo fosse abbastanza chiaro che si trattava di Dioniso che arriva a tavola, è il dio della Festa, del vino e padre di Sequana, la dea legata al fiume. Se qualcuno si è sentito offeso, noi ce ne scusiamo“.

La verità è che le Drag queen, sospettate a torto di vestire i panni degli apostoli, sono state nei fatti le pietre d’inciampo per sovranisti e cattolici ’interventisti’ nella lotta imperitura alle derive postmoderne. Ha prevalso così il fumus persecutionis contro le lotte gender, dirette ad affermare le identità e le libertà dei singoli oltre ogni stereotipo – si sono visti sfilare anche uomini in autoreggenti –, finendo per oscurare qualsiasi critica, se non alla sostanza, alla forma di uno show che ha pagato dazio a una certa ridondanza sui diritti Lgbtq+. È semmai il troppo che stroppa, non altro.

Anche perché, in una fedele rappresentazione teatrale del mito greco, la scelta delle drag queen è stata indovinata. Nell’antica Atene gli attori erano solo ed esclusivamente maschi, anche in ruoli e abiti femminili. Come insegna il tanto, troppo vituperato Liceo classico.

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