Il professor Massimo Cacciari dice la sua sul «campo larghissimo» del centrosinistra.
C'è stata una partita del cuore durante la quale...
«No guardi, non parlo di queste puttanate».
Senta, dopo la partita Renzi rilascia una intervista in cui dichiara terminata la stagione dei veti.
«Renzi, da quello spregiudicato che è, visto che l'operazione del Terzo Polo non ha funzionato e non potendo funzionare con la destra, dove vuole che vada? O si ritira oppure cerca di collocarsi nel cosiddetto centrosinistra».
Una scelta obbligata.
«Sì ma vale anche per gli altri: modello francese. Senza ammucchiata si perde in maniera sistematica. L'ammucchiata gli altri la sanno fare. Sono trent'anni che la fa il centrodestra. O hai un sistema elettorale diverso, tipo i sistemi uninominali a doppio turno o all'inglese. Altrimenti non c'è alternativa. Nei sistemi elettorali italiani, imposti dalle oligarchie di partito, se non fai l'ammucchiata non vai da nessuna parte».
Quindi qual è il problema, dato che c'è?
«Quindi il problema non è parlare di queste stupidaggini, che sono ovvie. Son cose da primum vivere, nient'altro. Ogni organismo cerca anzitutto di sopravvivere. Altra cosa, più seria, sarebbe parlare delle strategie. Chiederei a questi del centrosinistra: che strategie avete? Siete per il presidenzialismo, per l'autonomia differenziata? Che idee avete? Volete dirmi qualcosa di serio di quello che volete fare oppure è soltanto un'ammucchiata?».
Una formula che viene spesso utilizzata è l'«Ulivo 2.0».
«L'Ulivo nasceva da una piattaforma strategica, che era stata dettata da Romano Prodi e da quelli intorno a lui, un gruppo di persone pregevoli. Non dimentichiamoci che dietro Prodi all'inizio c'era Andreatta, che era uno che se ne intendeva. Non era uno di questi pellegrini qui che girano per i mercati».
Quindi mancano i Beniamino Andreatta.
«Manca qualsiasi gruppo dirigente, si sono sfaldati tutti. In Forza Italia c'era un gruppo che proveniva in parte dalla Dc in parte dal Psi. Nell'Ulivo c'era il gruppo bolognese intorno a Prodi. Tutto sommato un gruppo che da anni lavorava con alcuni settori del Pci. Sono cose che si sanno. Bisognerebbe che raccontaste un po' di storia alla gente. In Europa ora c'è un deficit qualitativo clamoroso, e si va avanti ad ammucchiate. Fanno bene eh: primum vivere. Ma a un certo punto bisognerà mettersi anche a filosofare o no?»
Se lei dovesse strutturare la strategia politica di questa accozzaglia, quali posizioni si aspetterebbe?
«Farei domande. Tu Renzi non sei più quello delle battaglie contro il sindacato, quelle contro cui è nata Schlein. Hai cambiato idea? O hai cambiato idea tu, Schlein? Oppure sulla guerra: qual è la linea? Quella di Conte o quella di Schlein? Sono le stesse domande che porrei alla destra, perché lì c'è lo stesso indecente casino. Sono tutte forze che vivono alla giornata, costeggiando, che appena incontrano un tratto di mare aperto naufragano».
L'Ulivo aveva il nemico comune Berlusconi. Ora sembra che la sinistra voglia trovare l'amalgama in un nuovo nemico comune, la premier Meloni.
«C'era anche questo ma non è solo quello che conta. L'Ulivo aveva idee e qualità. Costruivano coalizioni che sembravano tenere poi, per carità, veda come teneva l'Ulivo. Il centrodestra tiene sempre meglio, anche ora che non sono d'accordo su niente, perché c'è una sana volontà di potere».
Quindi il rischio di deflagrare ci sarebbe anche con un Ulivo 2.0?
«Il rischio c'è in qualunque coalizione. Nessuna coalizione è una identità. Ma c'è coalizione e coalizione. Le coalizioni che hanno retto il governo tedesco per anni avevano denominatori comuni molto forti. Anche l'Ulivo ne aveva alcuni. Dall'Ulivo è nato il Pd, altro tentativo naufragato ma per altri versi».
Ma chi fa il federatore? Ce ne vuole uno, no?
«Sì, ci vuole. Una federazione non nasce per caso. Per federare qualcosa ci vuole qualcuno che abbia il comando. O come nel centrodestra con Meloni, serve qualcuno che ha la quota maggiore. A sinistra c'è aperta concorrenza, quindi trovare chi federa sarebbe complicato».
E Calenda?
«Se portano dentro anche Calenda, allora diventa una comica».
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