giovedì 18 luglio 2024

Cremona. Casa Stradivari, un anno dopo ( da La Provincia di Cremona, di Nicola Arrigoni)

  «A un anno dall’apertura, ne sono sempre più convinto: Cremona è un campus della musica naturale, un’universitas musicale a cielo aperto. È potenzialmente la Salisburgo d’Italia». La riflessone di Fabrizio von Arx parte in quinta a un anno dall’inaugurazione di Casa Stradivari, un progetto nato da un sogno, del ritorno dello Stradivari The Angel 1720 nella casa dove fu creato. «Tutto è scaturito dal viaggio che nel 2020 – in piena pandemia - feci in Europa con The Angel arrivando a casa Stradivari. Quando vi entrai ebbi la netta sensazione di quello che poteva accadere in questo luogo trecento anni fa: musicisti e liutai insieme per costruire una nuova idea di suono, dare vita a una nuova età della musica».

Una sensazione che poi si è concretizzata in Fondazione Casa Stradivari tre anni dopo. A un anno dall’inaugurazione qual è il bilancio?
«Il bilancio di un anno per realtà formative e per la visione che le accompagnano, come nel caso di Casa Stradivari, non può che essere parziale. Ma certo l’incontro con musicisti come Maxim Vengelov e Kit Armstrong è stato un primo passo che ha dimostrato come il dialogo fra musicisti e liutai sia necessario, unico per ricercare il suono del presente. I nostri ragazzi hanno incontrato anche i violinisti Kristóf Baráti, Ilya Gringolts, la violoncellista Sol Gabetta. Ora stiamo approntando una serie di nomi di concertisti che visiteranno Casa Stradivari nel prossimo anno, oltre a quelli che si troveranno a esibirsi in città, all’Auditorium Arvedi o al teatro Ponchielli».

Gli studenti-liutai di Casa Stradivari a che punto sono del loro percorso?
«La loro esperienza a Casa Stradivari si concluderà nella primavera del prossimo anno. Per ora hanno dato vita a due violini, sotto la guida del maestro Davide Sora, adesso stanno lavorando con il maestro Marcello Ive per creare una viola. Poi passeranno sotto la cura del maestro Primo Pistoni per realizzare un violoncello. Ognuno dei ragazzi, trascorsi i 18 mesi di bottega a Casa Stradivari, avrà al suo attivo un quartetto».

E poi?
«L’idea è quella di lavorare per presentare gli strumenti alla città, creare una serie di focus sulla liuteria contemporanea e ovviamente chiamare musicisti a provare i tre quartetti che sono fuoriusciti dall’esperienza formativa di Casa Stradivari».

Che tipi di musicisti?
«Stiamo lavorando per affiancare l’esperienza di formazione liutaria post diploma con una serie di approfondimenti e lezioni destinate a giovani e talentuosi musicisti. L’idea è quella di valorizzare e incoraggiare l’incontro fra chi suona e fa strumenti, sotto il segno dell’eccellenza e della passione per la musica. A insegnarcelo è il passato, la storia di Antonio Stradivari».

Cosa intende dire?
«La grande voglia di ricerca di Antonio Stradivari non si spiega, se il massimo liutaio non avesse operato in un periodo di grande fermento compositivo e voglia di cercare nuove forme. La storia ci insegna che liutai e musicisti sono un tutt’uno. Lo fu Stradivari che si trovò a ricercare la forma perfetta del violino e del suo suono in un periodo in cui Tartini, Vivaldi, Locatelli rivoluzionarono il modo di fare musica e diedero al violino un ruolo da protagonista. E dopotutto questo è uno dei segreti di Stradivari».

È pericoloso parlare di segreti di Stradivari, come parlare di corda in casa dell’impiccato…
(Ride) «I tre segreti di Stradivari sono storici. Il grande maestro ebbe la fortuna di essere allievo di Amati, la sua longevità gli permise di assistere all’evoluzione e rivoluzione compositiva messa in atto da Vivaldi e dai compositori coevi. Pensiamo che Stradivari mette a frutto la sua ricerca sul violino come oggi lo conosciamo dai 60 agli 80 anni. Terzo segreto è la vivacità musicale del tempo in cui visse e che gli permise di costruire oltre un migliaio di strumenti».

Tutto ciò come si lega con il presente e il futuro di Casa Stradivari?
«Il recente concorso internazionale per violinisti mi ha confermato una sensazione e un’idea che mi accompagnano da qualche temo. Ovvero che oggi i ragazzi con talento siano tanti ed anzi che ci sia una voglia dei giovani di mettersi in gioco con fantasia e creatività nelle arti performative. Se devo pensare agli anni in cui io ho fatto la Stauffer, eravamo in pochi. Oggi i numeri sono diversi. Per questo stiamo pensando a iniziative dedicate ai giovani musicisti in Casa Stradivari per far sì che l’abitazione del massimo liutaio torni a essere un luogo in cui liuteria e creazione della musica siano un tutt’uno nel segno della ricerca del suono del presente».

Sulla tradizione si innesta dunque l’innovazione e la voglia di pensare a un futuro della musica a Cremona.
«Da non cremonese, torno a dire con forza che questa città sa prendersi cura della musica con grande naturalezza. Il riconoscimento Unesco al saper fare liutaio, ora quello al canto lirico italiano, una rete di enti e realtà che coesistono in un luogo dalle dimensioni ridotte: Conservatorio, Stauffer, Musicologia, Museo del Violino, i suoi laboratori. Tutto concorre a far sì che la musica e la formazione musicale siano il motore di sviluppo della città tutta. Ci sono delle concomitanze, non da ultimo penso proprio alla nascita di Casa Stradivari che mi fanno dire: se non ora quando. Credo che Cremona sia realmente un campus musicale a cielo aperto dalle grandi possibilità di sviluppo».

E questo a Casa Stradivari come si realizzerà?
«Casa Stradivari con sempre maggiore convinzione intende essere luogo aperto agli artisti, spazio di condivisione delle iniziative che produce e spazio di ospitalità per quei soggetti che vogliono far crescere la cultura musicale e liutaria in città. È la forza di questa polifonia di intenti che credo possa rendere unica e vincente la città di Stradivari e di Monteverdi. Io ci credo e a questo crede anche Fondazione Casa Stradivari. Insieme si possono fare grandi cose, raccontare come Cremona sia veramente la Salisburgo italiana».

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