Quando abbiamo letto oggi l'articolo di Paolo Isotta sul 'Sette' del Corriere della Sera, siamo rimasti senza parola, perchè eravamo convinti che dopo tante battaglie e le numerose medaglie guadagnate sul campo il caso dell'Orchestra Verdi di Milano - che poco fa ha celebrato i primi vent'anni di esistenza laboriosa, meritoria e perciò gloriosa - fosse completamente risolto (Anche noi, nel piccolo, abbiamo fatto qualcosa per l'Orchestra Verdi, quando l'abbiamo invitata come 'orchestra residente' al Festival delle Nazioni di Città di Castello, nell'unico anno(2004) che ne curammo la direzione artistica, dopo la verdi l'attuale direzione ha preferito orchestre balcaniche o italiane balcanizzate).
Il 'caso' consiste nell'assenza di riconoscimento del suo ruolo da parte dello Stato e, di conseguenza, nel mancato finanziamento della sua attività che per quantità e qualità ma anche per ricavi propri, si pone ai primi posti in Italia. Prima di qualsiasi Fondazione lirica - proporzionalmente - e di qualunque altra istituzione musicale del medesimo settore, le cosiddette ICO , cioè a dire le 'Istituzioni Concertistico orchestrali' (in parole povere le orchestre che vanno ad aggiungersi a quelle delle fondazioni lirico -sinfoniche) che in Italia sono rimaste più o meno una dozzina. A Milano, ad esempio, c'e quella dei 'Pomeriggi musicali' la cui attività per nessun ragione è paragonabile a quella della Verdi, eppure la prima è finanziata in quanto orchestra, la seconda come fosse una modesta oscura associazione concertistica.
E in questi anni, dacché il problema è emerso nella sua assurdità, il direttore Nastasi che fa circolari folli, come quella del divieto di esercitare la libera professione a musicisti di orchestre; che vuole cancellare dalla faccia dell'Italia le piccole associazioni musicali come anche i teatri d'essai e sperimentali - troppo piccoli perchè il grande e grosso direttore generale li tenga in carico al ministero; che premia teatri per la loro 'produzione' quando meriterebbero che gli venissero tagliati i fondi causa improduttività; e festival che vengono sostenuti ancor prima che inizino solo perchè a capo vi sono ... non diciamo chi; che si sostengono orchestre alcune ed altre no perchè una è di amici e l'altra no o molto meno ( il caso della Cherubini dell'amico Muti e della Mozart fondata dall'inviso Abbado), in tutti questi anni Nastasi non è riusci, perchè non l'ha voluto, risolvere il problema della Verdi.
Evidentemente gli sta sul gozzo, e nulla ha potuto neppure Corbani con tutto il suo potere, né la Milano che conta che nel frattempo ha dotato l'orchestra di un bell'auditorium frequentatissimo e molto amato dai milanesi ai quali se glielo togliessero, siamo convinti che farebbero la rivoluzione. A Nastasi non gli frega un bel nulla. Il guaio è che non gli frega nulla neanche a Franceschini il quale, come sottolinea duramente Isotta, intende finanziare il Festival (o Festa; non cambia la solfa, tanto non sanno ancora cosa farne) del Cinema di Roma per almeno tre anni, facendogli arrivare oltre 1.000.000 di Euro per anno. Ciò che Isotta non dice, perché magari vivendo fra Milano e Napoli non sa, è che andrebbe a finanziare un festival fondato dal Comune che ne è proprietario, Comune nel quale alla presidenza della Commissione Cultura siede sua moglie, la deliziosa De Biase. Il sospetto che, pur nella bufera egli corra in aiuto della festa e del sindaco di Roma, per la presenza di sua moglie in un posto di responsabilità e perciò direttamente interessata a tale festival è più che lecito.
Avesse Franceschini, per mano di Nastasi messa su una commissione ministeriale con gente capace ed autonoma - 'con le palle' vorremmo dire, se l'espressione non fosse sguaiata - a questo punto cos'altro potrebbero fare i suoi membri se non dimettersi per denunciare il fattaccio? Questo si attenderebbe l'opinione pubblica di fronte ad un caso di patente miopia, volontà persecutoria e illegalità, in osservanza di regole e decreti ministeriali ai quali ovviamente Nastasi e Franceschini si appellerebbero. Ma la commissione non si dimette anzi se ne frega perchè tiene di più a farvi parte, pur se al servizio, perinde ac cadaver, del ministro di turno e del direttore generale sempiterno.
Questa volta se non corrono ai ripari, necessari e meritati, perciò dovuti, il ministro e il direttore generale si presentano di fronte all'opinione pubblica con tutta la loro incapacità di governare un settore che non sanno governare (se non per coltivare propri tornaconti . Per l'ennesima volta citiamo il caso della mogliettina di Nastasi, Giulia Minoli, messa dal maritone a coordinare il Museo del Teatro San Carlo di Napoli) a nome della popolazione. Anche loro badano più a farsi gli affari propri che quelli della collettività. Se hanno qualcosa da opporre, si discolpino. Temiamo che gli mancherà la parola, per l'occasione. Nel qual caso farebbero meglio ad andarsene, parliamo del ministro, perchè Nastasi nessuno lo schioda, ha protettori potentissimi, salvo che con i forconi. E non è detto che un giorno anche il popolo della musica non decida di scendere in piazza.
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