La storica Società musicale milanese ha pensato di celebrare i suoi 150 anni di vita finanziando una ricerca sul settore della produzione e distribuzione musicale in Italia. E bene ha fatto. Perchè qualche elemento sconosciuto a molti è emerso.
Fra i numerosi elementi, conosciuti e non, ne segnaliamo alcuni, sui quali già tante altre volte abbiamo scritto anche su questo blog.
1. Le istituzioni musicali, parliamo prevalentemente di quelle concertistiche, disseminate in tutta la penisola, capillarmente, costituiscono da sempre un tessuto connettivo e vitale, senza il quale, considerata l'assenza della musica nella formazione scolastica, l'Italia sarebbe divenuta, da tempo, terra di analfabeti totali in fatto di musica. Identico benemerito ruolo hanno svolto in Italia le tante scuole comunali di musica, le infinite bande musicali e le Filarmoniche, alcune delle quali ( come, ad esempio, quella di Sansepolcro, Arezzo) hanno superato e festeggiato il secolo di vita. Ed anche le centinaia e centinaia Cori amatoriali che hanno mantenuto viva la pratica vocale nel nostro paese. Senza tutte queste piccole, medie ed anche grandi realtà, l'Italia - nonostante le cosiddette Fondazioni liriche, 14 in tutto, che secondo il direttore generale del ministero, Nastasi, sarebbero troppe - sarebbe cancellata dalle cartine del mondo musicale. Ciò detto, va anche rilevato che l'accusa che si muove da tutto il mondo musicale, ribadito anche in questa ricerca, alle Fondazioni liriche che assorbono quasi il 50% del finanziamento pubblico italiano alla musica, sembra essere una sorta di 'invidia del pene maschile', di invenzione e memoria femminista.
2. Se finanziarle tutte, dalle grandi alle piccole, o le sole grandi, è stato un altro elemento affrontato, nel quale si è inserito il direttore generale sollecitando tutti a mettersi insieme, a fondersi, per non disperdere in mille rivoli il già povero finanziamento statale. Ma allora, o queste istituzioni hanno rappresentato il presidio musicale nell'Italia della politica ladrona e quindi vanno sostenute, magari con criteri diversi dagli attuali, oppure cancelliamole tutte o in gran parte, così lo Stato trova il modo di buttare quei soldi in altra maniera. Non basta dire che il decreto ministeriale dello scorso 1 luglio stabilisce inequivocabilmente tali criteri. Criteri chiari, all'apparenza, esistevano già. Solo che per la valutazione della qualità e produttività delle singole istituzioni il ministero ha sempre voluto commissioni addomesticate e non autonome nel pensiero, di cosiddetti tecnici, che tecnici non erano, per manovrarli e fargli sottoscrivere quello che il Ministero voleva. Di tali manovre da parte di Nastasi, sempre lui, s'è avuta notizia qualche volta, con i componenti delle commissioni ridotti a fare i passacarte. Perchè non si sono dimessi? Semplicemente perchè nella loro cooptazione era compreso il giuramento di obbedienza, 'perinde ac cadaver', a Nastasone. Ciò spiega aumenti di contributi erogati ad associazione che avevano bilanci non proprio entusiasmanti, programmazione di non grandissima qualità ed anche considerevole riduzione del pubblico, come s'è sottolineato in qualche passaggio, durante il convegno milanese di metà ottobre, alla presentazione ufficiale della ricerca
3. Le istituzioni devono essere governate correttamente con criteri assai simili a quelli che governano le imprese economiche, perché una corretta amministrazione deve essere sempre alla base di qualunque impresa, quale che ne sia la natura. Come mai l'incorruttibile ministero di Nastasi non punisce le istituzioni che non presentano bilanci regolari o non li presentano affatto, oppure quelle che della legge sulla trasparenza che imporne di pubblicare mansioni ed emolumenti dei vertici se ne fregano? Chi ha provato a navigare fra i siti delle istituzioni sa bene quanta fatica si deve fare per evincere tali dati, non sempre presenti, oppure accuratamente nascosti, nei vari siti istituzionali.
Ad esempio, per quanto abbiamo sbraitato dalle pagine di questo blog, non c'è riuscito ancora di sapere quale compenso percepisca il direttore generale della IUC romana, la signora Fortuna, figlia di Lina, moglie dell'ingegnere, il fondatore.
4. la programmazione di tante istituzioni - come hanno rilevato gli stessi interessati, inutile negare l'evidenza - è il frutto della messa in cartellone delle proposte dei vari agenti, perché i direttori artistici o non hanno le capacità di formulare un cartellone, o sottobanco prendono mazzette di vario genere, oppure, anch'essi stanno alla regola: non fare tu il lavoro che hanno già fatto gli altri, come ti viene ordinato da chi ti comanda. Chi ha orecchie da intendere intenda.
5. I vertici, specie delle grandi istituzioni musicali non possono essere eterni, come eterni sono a tutt'oggi quelli dell'Unione musicale ( Pugliaro sta lì da due secoli!), della IUC romana (che sono lì da quattro secoli), degli Amici della musica di Firenze ( con Passigli padre figlio e spirito santo della sua istituzione), e potremmo continuare con la stessa Società del Quartetto milanese, con gli Amici della Musica di Perugia, con la Giovine Orchestra genovese, dell'Accademia filarmonica romana ecc.. Dopo due mandati,a casa. Solo così c'è speranza di qualche cambiamento, anche di quegli stessi cambiamenti che gli elefanti ai vertici richiedono ma che è quasi impossibile sperare che avvengano, sotto i loro occhi vigili.
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