martedì 11 ottobre 2016

Riccardo Chailly e la Messa da requiem di Verdi. Il meccanismo del prevedibile

Una breve nota del Corriere, di qualche giorno fa, esaltava l'interpretazione del celebre capolavoro di Giuseppe Verdi, la Messa da requiem, ad opera di Chailly, stabile alla Scala di Milano, con i complessi del teatro milanese - noto,  secondo la vulgata chic di Chailly, come Verdi Requiem - rivelava allo stesso tempo  che il maestro ha deciso che non dirigerà, per i prossimi anni, la Messa di Verdi, per SOTTRARLA al MECCANISMO del PREVEDIBILE.
Che voleva dire Chailly, anzi cosa ha voluto dire? Che un'opera, specie se di grande impatto, ogni tanto va smessa per qualche tempo, onde evitare incrostazioni, cattiva tradizione, banalizzazioni, usura? Forse voleva dire questo,  traducendolo  nel suo gergo dotto: 'meccanismo del prevedibile'?
  Quand'era all'Orchestra Verdi, e poi naturalmente a Lipsia, ma immaginiamo dirà la stessa cosa  ora che è a alla Scala, è cioè  che una Passione di Bach, quella secondo Matteo sarebbe da preferire, deve essere eseguita ogni anno( e alla 'Verdi' l'hanno preso in parola), deve diventare un punto fermo e ricorrente di ogni stagione musicale che si rispetti. Bach sì e Verdi no, con particolare riferimento alle due opere citate? E perchè? Che differenza c'è? E se si applicasse questa stessa regola alle Traviate, alle Bohème, ai Barbieri, ma anche ai Flauti magici e ai Don Giovanni, che accadrebbe? Che dopo aver presentato nel corso di una stagione un capolavoro assoluto come sono i titoli citati, si dovrebbe poi, nelle  successive,  evitarli accuratamente per non  correre il rischio del  cosiddetto 'meccanismo del prevedibile'?
 Diversamente sarebbe se un  direttore od un interprete dicesse che per un periodo non vuole più eseguire un certa opera, perché quello che aveva da idre - 'da far dire', siamo precisi - a quell'opera lo aveva detto,  e altro non saprebbe aggiungere o cambiare, per cui  meglio  tenersi alla larga per un periodo prima di affrontarlo nuovamente, dopo attenta riflessione. Questo è un discorso sensato; e forse Chailly, che sensato è certamente, voleva dire solo questo. Ogni interprete è libero di scegliere cosa eseguire e quando. Ma non di dettare leggi o lanciare avvertimenti.
 Perchè se, invece nella sua testa gli frullava altro, basterebbe fargli notare che  un  capolavoro, può essere eseguito regolarmente in una stagione, magari affidandolo ogni volta ad interpreti differenti. Perchè no?  Non è possibile pensare che, alla Scala, finchè c'è lui come direttore, la Messa da requiem di Verdi  non si possa più ascoltare. Ricade nello stesso tragico errore dei suoi predecessori, ed anche del suo amico e maestro  Claudio Abbado, il quale  non ha mai voluto dirigere Puccini, cosa che hanno fatto alla Scala Lissner-Barenboim, e lui  ora giustamente rimedia con una robusta iniezione di opere pucciniane, con una delle quali (Butterfly) quest'anno inaugura addirittura la stagione, dopo aver presentato nel corso della primavera anche La fanciulla del West.
 E se si applicasse lo stesso criterio alle Sinfonie di Beethoven? O ci sono autori ed opere per i quali il teorema chaillyano non  vale?
 La prossima volta Chailly pensi bene prima di parlare. E se lui non vuol dirigere nei prossimi anni il capolavoro verdiano,  Pereira lo affidi ad altri, perché è impensabile che  non lo si possa più eseguire alla Scala finchè c'è Chailly,  semplicemente perché lui ha deciso di non dirigerlo.

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