Chi negli anni Ottanta seguiva già le cronache musicali ricorderà certamente la messinscena del Ritorno di Ulisse in patria, di Monteverdi, nel rinnovato Teatro della Pergola di Firenze, con la regia di Luca Ronconi. Il quale per quella sua messinscena-regia, con sole quattro o cinque repliche, volle ed ottenne dal sovrintendente dell'epoca del Maggio Fiorentino, che il teatro - la sua platea- fresca di restauro venisse sigillata con zinco ed interamente inondata, un mare in miniatura, relegando gli spettatori nei soli palchi che ne potevano contenere non più di duecento. Complessivamente intorno al migliaio in tutte le repliche. A chi protestò per tale scempio, considerando che tutta la platea venne smontata per far luogo al mare ronconiano, venne risposto che quella messinscena era fatta a 'favor di telecamere' che avrebbero ripreso e venduto l'opera ( confessiamo che noi non l'abbiamo mai vista in televisione, né ricordiamo di aver avuto notizia della vendita del relativo video).
Un teatro, prima di Ronconi, non era mai stato allagato per richiesta registica. E forse, fino a quando i sovrintendenti avranno un pò di senno in zucca, non accadrà mai più.
Ma il pericolo che ci fosse il bis, l'ha corso seriamente La Fenice di Venezia che proprio in questio giorni inaugura la sua stagione con un'opera di fresca scrittura, per la quale - anche in ragione del soggetto - il regista Michieletto avrebbe voluto allagare il teatro, spettatori compresi (anche se nulla di nuovo per Venezia, dove spesso si giunge in teatro con abito da sera e stivali, a causa dell'acqua alta). Il soggetto, tratto da un libro inchiesta del giornalista Roberto Bianchin, per anni in forze alla Repubblica, fa riferimento all'alluvione, causa marea altissima - ' aqua granda', come recita il titolo dell'opera - di cinquant'anni fa, è stato affidato per la musica al veneziano Filippo Perocco e per la regia all'altro veneziano, Michieletto, il regista del momento, il più richiesto ed anche il più occupato di tutti. Direttore Marco Angius. Le numerose repliche previste vanno giustificate con il segno lasciato nella carne viva dei veneziani da quella terribile e drammatica inondazione.
Michieletto ha spiegato che in scena si vedrà un grande vetro (contenitore) nel quale l'acqua sale lentamente, fino al momento in cui, al termine dell'opera, quella vetro finirà in mille pezzi e l'acqua inonderà palcoscenico , cantanti ed orchestrali ( avranno già pensato se le cose stanno così a come asciugare immediatamente tutto per dar corso alle altre repliche ed a provvedersi di tanti contenitori quante sono le repliche.
Ed ha aggiunto che i nostri teatri devono certamente dar spazio al grande repertorio - per il quale i registi non si fanno scrupolo di inventare regie anche improbabili e bislacche - ma poi devono spingere a raccontare storie recenti con il linguaggio di oggi, devono cioè promuovere ed ospitare opere nuove.
Ma non per dar modo ai registi come Michieletto di inventarsi spettacoli che attirano il pubblico molto più delle storie narratevi e della musica.
Nessun commento:
Posta un commento