Davvero non riusciamo a capire l' illegalità che si riscontra nella ricerca effettuata da un giornalista del Sole 24 Ore il quale, per venire a capo della identità di Elena Ferrante, la scrittrice di successo che pubblica per la casa editrice e/o, sia andato a rovistare nelle dichiarazioni dei redditi, su una traduttrice molto nota italiana, sposata allo scrittore Starnone, il cui nome era qualche volta venuto fuori fra i più indiziati.
Il giornalista, armato di santa pazienza, è andato a spulciare le denunce dei redditi della traduttrice, scrittrice in incognito, rilevando che con il suo lavoro di traduttrice non avrebbe potuto ricevere dal suo editore le somme che compaiono, a partire da certi anni - da quando cioè data il suo successo editoriale - nelle sue dichiarazioni dei redditi. E neppure gli acquisti immobiliari che ne sono seguiti sempre a partire da quegli anni.
A noi il suo nome non ci interessa, perchè Lei è e resterà per noi Elena Ferrante. Come lo è anche per i suoi editori che non hanno nè confermato nè respinto i risultati delle ricerche reddituali del giornalista del Sole 24 Ore. Che hanno la stessa validità di quelli sul DNA, addotti in molti casi come incontrovertibili per l'assoluzione o la condanna di persone implicate in fatti delittuosi. Punto e basta. Inutile lanciarsi contro il giornalista che avrebbe violato la privacy della scrittrice. Per non farsela violare sarebbe bastato che lei non si fosse prestata al gioco dell'anonimato che ha fatto venire la voglia a quel giornalista, ma non a lui soltanto, di venire a capo del rebus.
Questa storia ce ne ha fatto venire in mente un'altra, riguardante la 'figlia' di Nino Rota, per la quale l'identità della donna che la partorì è rimasta, fino ad ora ufficialmente, sconosciuta , ma che secondo noi era una notissima signora dell'ambiente del cinema italiano con la quale Rota ebbe sempre un rapporto di grandissima familiarità, e con la quale l'avrebbe concepita, durante - verosimilmente - un lungo viaggio che i due fecero in Inghilterra.
A questa conclusione ed alla conseguente identificazione della possibile madre della figlia di Nino Rota, giungemmo anni fa, sia in considerazione dello strettissimo legame fra i due genitori, sia anche per il fatto che la 'signora del cinema italiano' si era presa cura, finchè era stata al mondo, di quella donna, cui non aveva mai fatto mancare nulla (forse per disposizione congiunta e con i soldi messi a disposizione dal musicista) fino a quando, dopo la morte del musicista, il suo nome è venuto alla luce come anche il suo diritto all'eredità.
Il nome della signora lo facemmo a suo tempo, in un articolo dettagliato che ci aveva portato a tale conclusione, e non c'è affatto bisogno che lo ripetiamo anche in questa circostanza. Quella donna se aveva un padre, Nino Rota, doveva aver anche una madre; e se questa non si è fatta mai spontaneamente avanti, che male c'è che qualcuno indaghi per identificarla?
E poi il duello televisivo ( La 7) Renzi-Zagrebelsky, arbitrato da Mentana, del quale abbiamo già scritto in questo nostro blog, concludendo che non c'è stata vittoria di nessuno e che la sfida è finita pari, con qualche decimale di vantaggio, se vogliamo spaccare in quattro il capello, per Renzi, che si è sottoposto alla sfida, dando prova di grande coraggio, con l'incarnazione stessa della dottrina costituzionale, nella persona di Zagrebelsky. Sulla cui partita persa contro Renzi s'è pronunciato perfino Scalfari, dichiarandosi preventivamente amico del costituzionalista, al quale però ha impartito dal pulpito domenicale di Repubblica, una lezione di storia della democrazia che, ha sottolineato Scalfari, non è mai stata 'diretta', né può esserla, bensì 'rappresentativa', affidata ad una 'oligarchia', illuminata o meno, ma sempre e comunque invisa al costituzionalista, dalla Grecia ai nostri giorni. Più duro di Scalfari su Zagrebelsky è stato oggi, sul nuovo 'Foglio' del lunedì, l'elefantino.
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