L’Unione Europea non si fida di Putin e probabilmente nemmeno di Trump. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ritiene che debbano essere esercitate nuove pressioni sulla Russia, e non è la sola. "Ho appena parlato al telefono con Zelensky – ha scritto su X –. Stiamo coordinando attentamente le prossime mosse. È in preparazione un 18esimo pacchetto con ulteriori sanzioni incisive. È ora di intensificare la pressione sulla Russia per ottenere il cessate il fuoco". Ieri, intanto, la Ue ha varato il 17esimo pacchetto di sanzioni coordinandosi con il Regno Unito. Sulle sanzioni gli Usa la pensano diversamente, come ha detto ieri il segretario di stato Marco Rubio: Trump "crede che se si inizia a minacciare sanzioni i russi smetteranno" di dialogare.
"Notiamo con disillusione – ha spiegato il ministro degli Esteri, Wadephul – che la Russia non ha ancora compiuto questo passo decisivo. Dovremo reagire. Finché Putin non reagirà e non sarà disposto a negoziare seriamente, ci sarà una grande disponibilità da parte dell’Europa a varare ulteriori pacchetti di sanzioni e ad adottare misure che limitino il suo spazio di manovra economico e politico".
"Sono lieta di annunciare che 5mila soldati europei, parte della forza di intervento rapido dell’Ue, sono ora operativi e ciò consentirà all’Europa di agire più rapidamente in caso di crisi", fa sapere intanto l’Alta rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Kaja Kallas. Oltre al colloquio con il Santo Padre, la premier Giorgia Meloni si è confrontata telefonicamente con Zelensky, Macron, Stubb, Starmer, Merz e von der Leyen. È stato concordato di mantenere uno stretto coordinamentoin vista di un nuovo round di negoziati. Il colloquio tra Donald Trump e Vladimir Putin non ha portato alla "tregua immediata" evocata dal tycoon, ma a uno stallo dal quale Mosca sembra uscire ancora in vantaggio, indicando che "ora tocca a Kiev" fare la sua parte. E ha aperto una nuova crepa nell’asse transatlantico, con i leader europei che – stando ad Axios che cita fonti informate – si sono detti "sorpresi o scioccati" dalla "deferenza" del presidente Usa verso il leader del Cremlino.
La portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha detto che la Russia è pronta a parlare con Kiev e che adesso la mossa spetta all’Ucraina. Che, però, almeno a sentire l’ex presidente Medvedev, non sembra avere molte alternative. L’unica alternativa ai negoziati per Kiev sarebbe la resa incondizionata.
Secondo la stampa americana, Mosca sta rafforzando le basi di fronte alla Finlandia. Particolare non irrilevante, se si considera che Helsinki è stata uno dei primi interlocutori chiamati da Trump dopo il colloquio con Putin. Kiev non ci sta. Il ministro degli Esteri, Andrii Sybiha, ha lanciato un appello affinché si avvii una mobilitazione diplomatica. "Nelle ultime settimane – ha detto Sybiha – l’Ucraina ha dimostrato che non siamo noi l’ostacolo alla pace. È Putin a voler proseguire la guerra. Per questo dobbiamo fare pressione sui russi".
Il presidente Zelensky continua, incessante, il suo tour per consolidare alleanze. Ieri era in Norvegia, Paese che ha tensioni con la Russia a causa delle isole Svalbard. Il numero uno di Kiev si è assicurato aiuti per otto miliardi di dollari. Con Oslo, Zelensky ha condiviso i dettagli della conversazione di due giorni fa tra il presidente Trump e i leader europei. "È importante – ha detto – che tutti i partner abbiano le informazioni necessarie per una piena comprensione della situazione". Nel frattempo, ha proposto a Trump un accordo di libero scambio. Più di altri, Zelensky ha capito quali leve possono convincere il presidente, che ha accolto con favore la possibilità di ospitare il negoziato in Vaticano, perché "il fratello del Pontefice è un sostenitore del movimento Maga".
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