sabato 28 luglio 2018

La copertina di 'Famiglia Cristiana'. Da Salvini ( satana) a Venezi (direttrice d'orchestra)

 Perchè tanta attenzione ed altrettanto clamore per la copertina dell'ultimo numero di Famiglia Cristiana che accusa Salvini per il trattamento dell'emergenza migranti, se i vescovi italiani, di cui il settimanale cattolico è l' house organ, da tempo rimproverano molte cose al Ministro dell'Interno che sui migranti vuol fare la faccia feroce?

E' stata tale l'attenzione per quel 'vade retro satana' che alcuni giornalisti hanno sfogliato il vangelo per cercarvi in Matteo, Marco, il passo ove ricorre l'espressione, chi l'ha pronunciata ( Gesù) e chi ne è destinatario: l'apostolo Pietro, da non confondere nè assimilare per nessuna ragione al leghista forzuto. Il quale se l'è presa, come aveva azzardato a fare l'apostolo che di lì a poco avrebbe tradito Gesù, dicendo che non si meritava quell'attacco di Famiglia Cristiana. Come, non se lo meritava? si aspettava forse che il Papa non chiamasse in Vaticano per metterlo a capo della Congregazione deell'evangelizzazione e delle missioni?

 Ma non è di Salvini che vogliamo parlare, troppo impegnativa la questione e difficile la soluzione all'emergenza migranti, per trattarne in questo blog, anche se abbiamo la certezza che la soluzione non può essere  quella di Salvini.

 Vogliamo parlarvi dell'altro personaggio che ha diviso - indegnamente ed immeritatamente, ma per chi e con chi - con il capo leghista la copertina del settimanale cattolico, e cioè di Beatrice Venezi, 'l'affascinante direttrice d'orchestra secondo Forbes tra i 100 leader del futuro', come si legge accanto alla sua foto, in copertina
 A chi segue da vicino le vicende musicali il suo nome non è affatto sconosciuto per la semplice ragione che essendo 'carina' - 'affascinante' pensa Famiglia Cristiana -  e 'giovane' e svolgendo la professione di direttrice d'orchestra, se ne parla e scrive. Ma che sia anche tanto brava da meritare siffatta attenzione e per Forbes  essere una sicura  promessa di grande futuro, ce ne corre parecchio.

 Nell'intervista interna al settimanale, apprendiamo di lei due cose: che vuole essere chiamata 'direttore' e non direttrice', o maestro' e non 'maestra', e che  non vuole rinunciare alla sua femminilità neanche sul podio,  dove si presenta con sgargianti e ingombranti vestiti da sera.Esattamente le uniche due cose che sapevamo già perché le abbiamo lette in tutte le altre interviste rilasciate sempre e solo perché 'carina e giovane'. Ma sono le uniche due cose che lei va dicendo. Non c'è altro.  Perchè le orchestre che finora ha diretto sono, diciamolo in tutta sincerità, delle 'orchestrine' - senza offesa per nessuna - ed il fatto che sarà la prima donna a dirigere in Georgia è un fatto statistico. Essendo, cioè, le donne che dirigono, poche numericamente,  ciascuna di esse potrebbe  vantare un elenco lungo pagine e pagine per segnalare debutti in nazioni dove le donne non hanno ancora mai diretto.

Della Venezi abbiamo anche visto qualche video  in rete che, sulle sue capacità direttoriali ci hanno fatto venire serissimi dubbi.

Non sappiamo per il futuro, non avendo le capacità divinatorie di Forbes, e non giudicando secondo i  suoi  stessi criteri, ma fin d'ora  possiamo tranquillamente affermare che, per la direzione d'orchestra  Lei non è  compresa neanche fra  i primi 100.000 personaggi, sotto i trent'anni, che contano qualcosa nel mondo. Oggi.

I 100 leader futuri secondo Forbes.

Da finalista del TEDxYouth, tenutosi a Bologna lo scorso 17 febbraio, alla lista dei 100 Under30 «leader del futuro» stilata da Forbes Italia. È la storia di Emanuel Chirila, ventenne di San Giovanni Valdarno (Arezzo) che ha partecipato al TEDxYouth, il concorso/evento che premia le idee di valore delle giovani e dei giovani delle scuole secondarie di secondo grado italiane, frutto di un inedito accordo primo al mondo nel suo genere, fra Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e TED.

Tra tecnologie innovative e riflessioni sul presente e sulla società che stiamo costruendo, i ragazzi di TEDxYouth Bologna hanno disegnato la loro idea di futuro, raccogliendo le sfide del presente, e l'hanno proposta sul palco di Bologna in qualità di speaker. Emanuel Chirila ha partecipato al TEDxYouth durante l'ultimo anno di scuola superiore ed è arrivato in finale grazie al suo progetto «Blue Helmet», un casco per moto in grado di contattare autonomamente i soccorsi, in caso di incidente, fornendo tutti i dati necessari per la localizzazione, così da permettere un intervento più rapido possibile da parte dei soccorritori. Per l'innovatività del suo progetto, Forbes Italia lo ha inserito nella lista dei 100 Under30 «leader del futuro» nella categoria «Consumer technology».

Un importante riconoscimento delle giovani eccellenze che escono dalla scuola italiana e dell'importanza della valorizzazione del merito e delle idee innovative delle giovani generazioni. «Da ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca non posso che essere orgogliosa per il riconoscimento ottenuto da Emanuel Chirila, al quale vanno i miei più sentiti complimenti. Le giovani e i giovani che si formano nei nostri istituti scolastici sono la risorsa più importante che abbiamo per poter costruire un futuro di crescita sostenibile per il nostro Paese. Siamo convinti che l'investimento su di loro sia un investimento sul domani di tutte e tutti noi
»


«Per questo motivo, negli ultimi anni di governo, abbiamo portato avanti politiche e interventi che mirano a innalzare la qualità dell'istruzione e della formazione che destiniamo loro. Per renderla al passo con i tempi e adeguata a fornire a ogni giovane strumenti, conoscenze e competenze utili a governare i cambiamenti in atto nella nostra società e a realizzare i propri sogni e le proprie ambizioni. Vogliamo che le nostre studentesse e i nostri studenti guardino con fiducia al loro domani, che si sentano protagonisti della loro esistenza e della vita del Paese, che credano nelle loro idee e nel loro talento», ha dichiarato la Fedeli.

Alla Rai la paura fa novanta. Per questo si registrano le prime fughe: Greco, Romagnoli, Morgante?

 Che ad ogni cambio di forze di governo  in Rai perfino il cavallo di Viale Mazzini si faccia girare i c... è cosa nota. E che ad ogni piano, specie nelle stanze di quelli che contano,  ogni volta ci sia aria di smobilitamento ed in molti casi - come si teme ora - di vera e propria epurazione, anche questo è ben noto. Tant'è - dicono in tanti- che si vedono già alcuni fuggire a gambe levate. E portano gli esempi che però sembrerebbero tutti sbagliati. Perché la vera epurazione e le fughe conseguenti hanno ancora da venire con il Governo del cambiamento che metterà fine a' raccomandati e parassiti', facendo largo a deficienti o, nella migliore delle ipotesi, a incapaci ed amici di amici. Perché, sia chiaro, per sedere alle poltrone dei piani alti di Viale Mazzini, non occorre essere professionisti in grado di reggere gli impegni e le responsabilità degli incarichi, è sufficiente  essere amici degli amici dei capi o amici direttamente dei capi medesimi - e sarebbe meglio ancora - che in questo caso sarebbero i due scienziati Salvini e Di Maio.

Sia chiaro che Tria non c'entra, e non c'entra neppure Conte: il primo perché gli frega assai di certe nomine (lui tiene praticamente solo a quelle economiche e giustamente, perché non vuole fare per colpa di altri la figura dello scemo; come invece è accaduto, per sua colpa, alla sottosegretaria Grilli alla quale hanno riso in faccia perché non sapeva di che parlava alla Commissione Bilancio); il secondo perché attende per parlare che l'autorizzino i due, e dunque di ciò che dice non importa quasi a nessuno, se hanno già parlato i due, e di quello che pensa ugualmente non importa a nessuno, anche perchè nessuno lo sa.

 I dirigenti Rai che avrebbero guadagnato a volo l'uscita girevole sarebbero per ora tre: Greco, Romagnoli e Morgante . Ma nessuno dei tre fugge perchè inseguito dai due. Ci spieghiamo .

Greco, che si era fatto valere ad Agorà, poi sostituito al momento di andare a dirigere i canali radio Rai, è stato ulteriormente premiato e attirato con  i soldi e con un incarico di maggior prestigio - ammesso che gli lascino fare quel che certamente sa fare - da Mediaset, dove va a diriger il Tg4. E dalla Rai è andato via prima ancora che i due barbari manifestassero le loro volontà distruttrici e le mire occupazioniste, soprattutto le seconde, a guardare le ultime dichiarazioni relative alle spartizioni: fifty fifty

Romagnoli, chiamato da Repubblica - il giornale-partito dal quale Campo Dall'Orto ha attinto per molti incarichi, anche quando avrebbe potuto rivolgersi altrove, e tanti ancora ne mantiene in Rai, compresi alcuni di età da patriarchi biblici- per guidare Rai Sport, ha fatto evidentemente flop, non ha mai avuto un buon rapporto con la redazione che da tempo l'ha sfiduciato, e poi è quasi giunto al termine del suo mandato. Dunque nessuna fuga, ma un meritato ritiro in buon ordine, dopo aver diretto Rai sport senza infamia né lode.

 Morgante, l'eroe della TGR - la più grande redazione Rai che riunisce i giornalisti di tutte le sedi regionali, abbandona  senza aver lasciato nessun segno del suo passaggio, come invece avrebbe potuto dalla sua poltrona di direttore, abbandona un esercito di giornalisti, per andare a dirigere TV2000, la Tv del Vaticano, da dove è stato richiamato, direttamente in Vaticano, Ruffini ( ex Rai Tre, ex La 7), il figlio del cardinale  o del ministro Dc,  tanto fa lo stesso.
 Di Morgante nessuno potrà però dimenticare la grande innovazione, anzi rivoluzione che ha segnato il suo passaggio dalla direzione della TGR. State a sentire e   giudicate voi  se non si  meritava una promozione religiosa.
 Edizione delle 19.30 della TGR Lazio (ed immaginiamo che la rivoluzione abbia coinvolto tutte le sedi regionali). L'edizione più importante. Parte la sigla, indimenticabile, si ode subito la voce del giornalista  la cui sagoma si vede solo successivamente, quando si piazza  direttamente davanti alla telecamera che lo riprende a figura intera. La rivoluzione viene ora. A metà lettura dei titoli la telecamera, che lo inquadra non è più quella che gli sta davanti ma quella laterale, di destra; lo inquadra perciò di fianco priam ancor che  il giornalista si volga anche lui a destra, a favor di telecamera,  per proseguire nella lettura dei titoli, finiti i quali  parte il primo servizio. Alla fine del primo servizio  e per tutto il resto del TGR, vediamo il giornalista seduto alla scrivania come qualunque banale telegiotnalista.

 Per questa evidente rivoluzione che ha segnato la storia dei Tg Rai, Morgante, prima ancora di finire a Tv 2000, promosso, ha ricevuto il 'Premio Agnes per il giornalismo' , con la seguente motivazione: 'per aver fatto girare di 90° il giornalista, e di 360° le balle dei telespettatori'.

Comunque nei suoi TG sono state introdotte altre recenti novità: da mesi non si parla più nè di monnezza a Roma, nè di buche, eccetto il caso, trattato comunque per rispetto della privacy (della sindaca) con grande parsimonia' e  'rapidi tratti', di gravi incidenti.

Vacanze degli italiani alle Baleari. Paghi uno, prendi due. Paga la vacanza a Maiorca e non vedrai Salvini ( & Eloise). Peccato per Eloise

La notizia, arrivata da poco in Italia, non deve sorprendere chi crede al motto: rendere pan per focaccia.

 E' accaduto che Podemos, Mes e Partito Popolare dell'isola di Maiorca abbiano votato all'unanimità una mozione che sanziona il Ministro Salvini (& Eloise)  come persona non grata ( come ha scritto Il Fatto Quotidiano, che avrebbe dovuto scrivere non GRADITA). Cche vuol dire non gradita? Crediamo, speriamo anzi vogliamo sperarlo con tutte le nostre forze che  Maiorca abbia reso a Salvini lo stesso trattamento che egli ha riservato ai rom, perchè tali.


Salvini viene accusato di 'terribili e vergognose dichiarazioni' (a proposito del censimento dei rom, ndr); ' di grave e preoccupante xenofobia'; e 'di disprezzo evidente della vita e della dignità umana'.
Tutto questo varrà a non farlo entrare nella Baleari? Perchè no, ce n'è a sufficienza.
 E così chi acquista, per quest'estate, una  vacanza alle Baleari riceverà in premio la certezza di non imbattersi con 'Salvini & Eloise' - ci dispiace per Eloise.

Prima Comunicazione. Nuovo numero. Indice degli argomenti

Storia di copertina – Crimi in trasparenza
Incassata la delega per i media, Vito Crimi detta l’agenda: verifica sui finanziamenti pubblici al settore, antico pallino dei Cinquestelle, chiarezza sugli inserzionisti pubblicitari da parte degli editori, tutela della professione giornalistica contro la precarietà, riduzione del costo del lavoro, sostegno alle startup.Tra i primi dossier le agenzie di stampa e su digitale e Ott regole sovranazionali.
Mibact – Bonisoli al varco
Il mondo del cinema e dell’audiovisivo aspetta le prime mosse del neo ministro pentastellato. Arriva dal Naba il neo ministro pentastellato entrato in punta di piedi promettendo ascolto e verifica del lavoro del suo predecessore Dario Franceschini.
Politica e comunicazione – L’armata di Salvini
Migranti, rom, la scorta di Saviano: ogni giorno un bersaglio e un titolo per la comunicazione del ministro dell’Interno che oscura gli alleati grillini. A supportarlo il neo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il campione social Luca Morisi e la sua portavoce, Iva Garibaldi.
Gruppi editoriali – La nuova era
A un passo dalla cessione all’European Network, Confidenze e Tustyle restano in Mondadori. L’accordo, che costa ai giornalisti una sensibile riduzione degli stipendi, è il prologo di una trattativa sul costo del lavoro in tutti i periodici della casa editrice guidata da Ernesto Mauri. Mentre si infittiscono le voci della vendita di Panorama agli Angelucci.
Giornalisti – Quanto pesa il lavoro
Un precedente o una situazione a sé stante? L’intesa in Mondadori divide editori e sindacato: i primi a ribadire che è ora  di ritoccare un sistema di costi rigidi partendo dalle retribuzioni, i secondi a sottolineare che il contratto consente già flessibilità e che bisogna discutere di occupazione e progetti.
Politica e media – Braccio di ferro al Foglio
Da una parte l’editore Valter Mainetti, che vorrebbe un’apertura di credito al nuovo governo e un giornale palestra di idee, dall’altra i Foglianti (Cerasa e Ferrara in testa) , a rivendicare la propria identità corsara e una linea politica assai aggressiva contro Conte e soci. E dopo un puntuto botta e risposta sul giornale, nessuno sembra disposto a cedere: “Disamorato, ma deciso a fare la mia parte”, dice Valter Mainetti.
Politica e media – Barbano, senza sconti
Silurato dalla sera alla mattina e proprio mentre vedeva la luce il nuovo governo, l’ex direttore del Mattino
non vuole passare per vittima ma, come peraltro fa in ‘Troppi diritti’, non le manda a dire: questo esecutivo nasce dal divorzio con i saperi ed è il risultato di 20 anni di demagogia . “Il danno peggiore”, afferma, “si è prodotto in tv e in Rete. Nei talk i giornalisti rischiano di fare i polli da salotto. Rimedio? La competenza al posto degli slogan.
Agenzie – La mia estate? Economia e YouReporter
Marco Durante potenzia LaPresse con Awe (Agency World Economy) e con la community di citizen journalism di Rcs che gli ha dato in gestione Urbano Cairo. Due novità che lo mettono sempre più al centro della scena mediatica.
Editori/Big Tech – Mio nemico amatissimo
A Bagnaia l’incontro-scontro tra i principali editori americani di carta stampata e i grandi player del web: dietro i sorrisi e gli annunci di collaborazione i nodo dei profitti e lo strapotere dei giganti tech.
Audiovisivo – Sky non è un business per timidi
Ne è convinto il ceo Andrea Zappia che ha trasformato il gruppo italiano nel big player del nostro scenario televisivo. Firmato l’accordo con Mediaset e sconfitti dli spagnoli di Mediapro, Sky è pronta a partire con un’offerta sportiva senza precendenti. Un modello con aspetti cosi originali che nemmeno la casa madre inglese può vantare.
Sky Uk – Londra tifa per Disney
Nella corsa americana all’acquisto di Fox, che vuole il 100% di Sky in Gran Bretagna, il governo inglese preferisce Disney a Comcast ma pone le sue condizioni per salvaguardare il pluralismo dei media.
Media sportivi – Vincitori e vinti
Finita la guerra per i diritti tv della Serie A, a guadagnarci è il tele tifoso. Vedrà i match con il solo abbonamento Sky, che con Perform si è presa il campionato. Di ogni giornata, la prima ha sette partite, la seconda tre, concesse però alla rete di Murdoch grazie ai diritti di ritrasmissione
Media sportivi 2 – Ovunque in ogni momento
James Rushton, ad di Dazn, spiega la nuova offerta sportiva che sta per essere lanciata in Italia da Perform e che funziona come un Ott. dal quale gli abbonati pescano
il contenuto preferito. L’obiettivo, almeno un milione di clienti puntando
al pubblico giovane. Grimaldello, il prezzo molto basso: 9,99 euro al mese
Tlc – Le voglie di TIM sulla Rete
Mentre tra gli operatori continua la guerra dei prezzi e Netco ottiene il via libera da Agcom, la partita tra Open Fiber e TIM si fa sempre più accesa e l’ipotesi di un soggetto unico che piace al governo preoccupa i provider
Formazione – Speciali e più grandi
Erickson, casa editrice e centro studi di esperienza sulla disabilità e sui bisogni di apprendimento con sede a Trento, apre una libreria a Roma per meglio dialogare con il Centro e il Sud e promuove un progetto che divulga le esperienze dal basso. I numeri premiano questa scommessa editoriale
Formazione 2 – A scuola di impresa
Biz Factory promossa da Junior Achievement Italia premia i progetti imprenditoriali che arrivano dalle scuole superiori e Disney (che ne è partner) punta sulla creatività dei giovani italiani.
Energia – Una nuova aria
La missione di Snam è decarbonizzare, e vogliono farlo da protagonisti, promuovendo il gas naturale per la produzione di elettricità e come carburante grazie anche alla novità del biometano. Sul futuro del gruppo pesa però l’incognita delle decisioni del governo sul Tap, il gasdotto che arriva in Puglia dall’Azerbaigian.
Industria e cultura – Il segno dei Lavazza
Con un palazzo progettato da Cino Zucchi e voluto da Giuseppe Lavazza, il marchio leader mondiale del caffè fa sentire la sua presenza a Torino e rivitalizza il quartiere Aurora. Nella Nuvola Lavazza hanno sede il quartier generale dell’azienda e il Museo che ne racconta la storia. Perché le sfide, è la convinzione della famiglia di industriali, si affrontano con le “radici nel futuro”.
Comunicazione – I Signori del mare
L’evento per il varo della Seaview rivela la nuova strategia di Msc che promuove con forza i valori della famiglia Aponte proprietaria del gruppo. Al centro del messaggio gli eredi di un’antica vocazione marittima che sono oggi protagonisti di peso economico e politico nel mondo dello shipping
Comunicazione – Intelligenza in azione
Tecnologia e innovazione non hanno valore se non sono al servizio degli individui, dell’impresa e della società. Questo il significato della nuova campagna pubblicitaria di Ibm, partita a fine maggio su Internet e sui cartelloni digitali. L’obiettivo: coinvolgere le persone puntando sull’interazione e su un linguaggio semplice e immediato.
Pubblicità – La consulenza vale
Lo stato di salute dell’advertising, il periodo dell’invenzione delle centrali media e il ritorno d’attualità delle agenzie a servizio completo. Mario Mele, protagonista del nostro mercato negli ultimi decenni, racconta i recenti sviluppi della industry. Per lui le gare vinte a zero fee sono il vero vulnus del sistema
Editori Hearst Magazines Italia – Design senza confini
L’arredo è in forte ripresa e Milano è la capitale mondiale. Ecco perché Hearst Magazines Italia, l’editore di Elle Decor e Marie Claire Maison, ha creato un’unità di business globale per la vendita della pubblicità e i progetti speciali in tutto il mondo.
Editoria e Moda – L’Uomo è tornato
Uomo Vogue ritorna in edicola allegato a Vogue Italia con due numeri nel 2018,  scritto in inglese e con un forte carattere internazionale.
Comunicazione – Dentsu Aegis Network compra The Big Now
Stucchi e Nenna commentano: “Quelli bravi si scelgono”. E insieme vincono la gara della pay tv in streaming Dazn che si è appena aggiudicata una quota dei diritti del calcio.
Generali Italia – Parlare chiaro
È la parola d’ordine della compagnia assicurativa per stabilire con il cliente un rapporto immediato e semplice.
Radio Rai – Verticali e personalizzabili
La sferzata che il direttore Roberto Sergio ha impresso alla radio pubblica mette al centro l’offerta di canali e servizi specializzati, fruibili su ogni piattaforma. Come Radio 1 Sport e YouRadio.
Fiction – Il debutto di Maite
Maite Bulgari insieme a Maurizio Tini crea la Garbo Produzioni per lanciarsi nella fiction: primo banco di prova due tv movie per la Rai.
Fiction – Rinasce la serialità Mediaset
Mediaset ha annunciato un pacchetto di sette serie pronte a battere il primo ciak. Segno del nuovo corso della direzione di Daniele Cesarano l’apertura a una pluralità di nuove voci.

venerdì 27 luglio 2018

Mattarella in difesa della bambina rom colpita da un deficiente. Salvini e la Raggi tacciono. Perché la bambina è rom?

C'è voluto Mattarella. Nè Salvini, quello che si dichiara sempre 'padre' nè la sindaca Raggi, 'amore di mamma' che porta suo figlio  in Campidoglio,  hanno detto una sola parola pubblica a favore e per solidarietà alla povera bambina, di poco più di un anno di età, ferita in maniera grave da un deficiente che dal balcone di casa , all'ottavo piano, ha sparato con un fucile  ad aria compressa, al quale aveva apportato alcune modifiche ed anche messo un cannocchiale di precisione.

Eppure Salvini e Raggi, e non solo loro ma Salvini più di tutti in assoluto, ogni giorno ed anche più volte al giorno sparano comunicati e tweet imdecenti a più non posso. Ora che per una volta potevano riscattare questa loro vita politica inutile di incapaci, hanno perso l'occasione.

Per l'appartenenza alla etnia rom della bambina? Se fosse questa la ragione sarebbero due  delinquenti e razzisti. Da chi ha responsabilità di governo nazionale o cittadino non ci si attendono comportamenti tanto squallidi, a soli fini elettorali.

Comunque nessuno, come loro due, ha detto qualcosa a favore della bambina, nè si è recato all'Ospedale Bambino Gesù per informarsi - almeno per finta! - delle condizioni della bambina che potrebbe perdere l'uso delle gambe, a causa del gesto dell'imbecille.

Il quale si è giustificato dicendo che stava provando il fucile 8(che però aveva comprato molti mesi prima). Perché  puntare verso il basso? e perché ha beccato la bambina? non poteva sparare in alto, o magari - perché no? - puntarselo in bocca lui stesso e premere il grilletto?

Qualcuno ha cercato la causa nelle vicinanza di un insediamento rom che non ha rapporti civili con gli abitanti della zona. C'entrano qualcosa in questo Salvini o la Raggi?

 Permetteteci ora  di soffermarci su un aspetto particolare dell'imbecille. del quale i giornali hanno rivelato identità, età anagrafica ( quella mentale non è risultata calcolabile), impiego precedente e  la sua attuale condizione di pensionato. Il suddetto - hanno scritto i giornali  - ha 59 anni, è un ex dipendente del Senato della Repubblica, settore amministrativo, ed è in pensione.
 Per tutti questi fattori ci rivolgiamo al governo del cambiamento ed in particolare alla presidente Casellati così ligia alle leggi che per la revisione dei vitalizi attende un parere legale che non comporti ingiustizie nei confronti dei poveri ex senatori.
 Dunque il nostro imbecille era dipendente del Senato- dove i lauti stipendi si giustificano con le qualità delle persone assunte - ed è già in pensione nonostante abbia appena 59 anni.
 Che aspettano a cancellare questi assurdi privilegi? E poi un consiglio a Salvini. Apra un ufficio al Senato e lì faccia sfilare i candidati alle varie mansioni, ogni volta che c'è un nuovo concorso, esattamente come sta facendo con i candidati Rai. Sicuramente  al suo esame, non sappiamo alla Rai ma al Senato non passeranno altri imbecilli. O no?

Gianni Letta: ancora lui? Impone ed ottiene un suo uomo per la presidenza Rai

Ieri i giornali raccontavano di un Ganni Letta, il cardinale degli affari e della politica, in daffaratissimo alla vigilia delle nomine Rai. Come se i risultati già ottenuti  tramite l'ex socio Salvini non fossero bastati a saziare gli appetiti del suo padrone, il Cavaliere.  Non è bastata la nomina della Casellati alla presidenza del Senato - solo a leggere il suo curriculum e le sue dichiarazione pro Cav. e contro i nemici del Cav, specie nella magistratura, avrebbe dovuto far desistere chiunque dal candidarla e poi farla eleggere; e non è bastata neanche la nomina di Barachini - giornalista, dipendente Mediaset, che negli ultimi anni in Forza Italia si occupava delle 'presenze' televisive del Cav - alla presidenza della Commissione di Vigilanza sulla Rai; il Cav ha preteso altro dal suo ex alleato ed ho intimato al cardinale degli affari: muoviti!
 E Letta prontamente si è dato da fare ed, in cambio dei voti in Commissione per la ratifica della nomina dei vertici Rai, ha ottenuto quel che voleva, profittando della nomina a chiunque indigesta della Bianchi Clerici, la ben nota 'soldatessa della Lega'. Puazzando alla presidneza un giornalista di valore che proviene dalla redazione del Giornale, Marcello Foa.
 Un simile risultato ci ha fatto venite in mente che già in passato, ma durante un governo Berlusconi,  a Letta era uscito una altro colpo, anche allora quello della nomina del presidente Rai, candidando e facendo eleggere Paolo Garimberti, vice direttore di Repubblica, certamente non dello schieramento politico di Letta, ma come Letta frequentatore del medesimo salotto di via Condotti, quello di Battistoni, in seno al quale nacque quella candidatura. Che passò senza infamia e senza lode da Viale Mazzini. certo sempre meglio della Bianchi Clerici ed anche di altri nomi circolati, non c'è paragone, Marcello Foa è un signor giornalista.
 Ma sconvolge il fatto che fra i due litiganti del governo, anche sulle nomine, debba averla vinta un terzo 'incomodo', ancora lui, il cardinale della politica e degli affari, Gianni Letta. 

I vertici Rai del Governo del cambiamento

Di Maio: al via la rivoluzione culturale "Abbiamo appena nominato i vertici della Rai. Oggi inizia una nuova rivoluzione culturale con i due nomi - Marcello Foa presidente e Fabrizio Salini Ad - che su proposta del ministro Tria, il presidente del consiglio e il Cdm hanno ritenuto all'altezza di questa grande sfida per liberarci dei raccomandati e dei parassiti". Così al termine del Cdm il vicepremier e ministro del Lavoro e dello sviluppo economico Luigi Di Maio ai cronisti a proposito delle nomine in Rai. - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Rai-Tria-indica-Salini-come-ad-Marcello-Foa-in-consiglio-di-amministrazione

martedì 24 luglio 2018

Il nuovo vertice Rai se lo spartiscono a metà Lega e Cinquestelle, ma i candidati dell'una non piacciono agli altri; e tutti e due hanno pesanti problemi di incompatibilità

I nomi già noti, espressi da Lega e Cinquestelle, e cioè la Binachi Clerici per la presidenza, e Salini per la direzione generale, quasi ceratmente- scommettiamo? - ce la faranno, perchè i veti incrociati saranno superati dalle reciproche convenienze.
La Bianchi Clerici, nel Cda Rai ai tempi di Berlusconi, è nota per il caso Meocci e per l'irrealizzato film sul Barbarossa, fortemente voluto da Bossi, altro intellettuale nordista ora in disgrazia assoluta ma in Palamento per premettergli una  vecchiaia decorosa. La soldatessa della lega fu condannata per  la nomina di Meocci e dovette risarcire lo Stato, dopo la sentenza della Corte dei Conti. Ora Salvini la vuole alla presidenza della Rai, una presidente di garanzia, come del resto , l'ha voluta anche lui, la Casellati alla presidenza del Senato come, presidente di garanzia per Berlusconi.

 La Bianchi  Clerici non piace ai Cinquestelle, i quali però, volendo rendere pan per focaccia a Salvini, vogliono alla direzione generale Salini, il quale ha il suo bel guaio. E' direttore della società di produzione della Ercolani,  che ha tuttora in piedi alcuni contratti con la Rai: che si fa? Niente paura passeranno tutti e due, dovremo tenerceli anche se saranno ancora un altro schifo del nuovo governo.

Paladini della libertà di opinione e di stampa, attenti ai nuovi fascismi

Crimi, parlamentare Cinquestelle - parlamentare anche la moglie - per sua, di Crimi volontà e decisione - che ha ricevuto per competenza e meriti professionali la delega alla stampa ha avvertito che basta soldi ai giornali. E a chi gli ha replicato che è da tempo che i giornali non beccano un soldo dallo Stato, lui acuto come una volpe, ha risposto che le varie provvidenze ed agevolazioni come le vogliamo chiamare se non finanziamento occulto dello Stato alla stampa?
 Ed ha aggiunto che sta sentendo le parti per avere un  quadro completo e chiaro della situazione, concludendo che  con lui  il Governo darà soldi solo alla stampa locale, quella che fa informazione sul territorio e che è davvero utile ai cittadini? E tutti gli altri organi di stampa? No, avrebbe suggerito, spiegando che, per sua decisione avallata dal governo democratico giallo-verde, i giornali-partito, quelli che fanno opinione non potranno più contare su soldi pubblici.

 Poi , un pò per scherzo e un pò per ammonimento, un altro grillino ha detto a Claudio Cerasa di cercarsi un altro lavoro, perchè la chiusura del Foglio è dietro l'angolo. Naturalemnte ha detto che scherzava. Scherzava?

Il carico  ' da dieci 'su tali preoccupanti imbecillità l'ha messo il capo in testa del governo democratico giallo-verde, Matteo Salvini, il quale a proposito della Rai, alla vigilia delle nomine dei vertici, ha detto senza mezzi termini che lui  i candidati per le figure apicali le vuole conoscere e valutare. Insomma un analfabeta che vuol fare l'esaminatore ed anche il censore di professionisti. Questo è l'ennesimo cambiamento del Governo Conte, anzi del Governo Di Maio -Salvini.

In carcere i malfattori, non i giornalisti che li scovan. di Marina Castellaneta ( ripreso dal blog di Franco Abruzzo)

La richiesta di osservatori elettorali all'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) prima delle elezioni politiche italiane del 4 marzo 2018, presentata in particolare dal Movimento 5 Stelle, aveva provocato molto clamore. Ma gli esiti di quella visita compiuta dalla missione di valutazione elettorale dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell'uomo (Odihr) sono stati del tutto trascurati. Eppure, proprio quel rapporto, diffuso a giugno, contiene raccomandazioni all'Italia da attuare al più presto non solo in materia elettorale, ma anche nel campo della libertà di stampa, essenziale per un Paese realmente democratico. Gli osservatori, infatti, hanno dedicato un intero capitolo ai media e hanno evidenziato che «le disposizioni penali in materia di diffamazione, calunnia e vilipendio dovrebbero essere abrogate a favore di azioni civili volte a riabilitare la reputazione danneggiata», aggiungendo che «le sanzioni dovrebbero essere strettamente proporzionate al danno effettivamente arrecato». 

Interventi da un lato semplici e, dall'altro lato, fondamentali. Da abrogare immediatamente sarebbero le norme penali sulla diffamazione che in sé hanno un chilling effect sui giornalisti e procurano, così, un danno sicuro per la collettività, che ha il diritto di essere informata, e per la democrazia. Già nel 2013, la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva condannato l'Italia per violazione dell'articolo 10 della Convenzione che assicura la libertà di espressione (sentenza Belpietro contro Italia), in particolare perché la previsione del carcere per i giornalisti è una misura incompatibile con la Convenzione, salvo nei casi di incitamento all'odio o alla violenza. Nel 2015 – osserva la missione dell'Osce – 475 giornalisti, in Italia, sono stati condannati per diffamazione e ben 155 a pene detentive.

Ma non solo. L'Italia non ha posto alcun argine alle querele temerarie, con richieste astronomiche, che si moltiplicano e che, soprattutto a causa della crisi economica che affligge il settore editoriale, costituiscono una spada di Damocle sui giornalisti e sugli stessi editori. Anche qui basterebbe poco: una misura che nel caso di azioni temerarie imponga a colui che le promuove la denuncia il pagamento di un risarcimento al giornalista pari alla cifra richiesta o anche solo alla metà. 

La missione ha anche evidenziato che ben 195 giornalisti sono costretti ad avere una forma di protezione della polizia a causa delle indagini su questioni relative alla criminalità organizzata. Sul punto va ricordato che la Corte europea dei diritti dell'uomo, con riferimento ad altri Stati (ma affermando un principio applicabile in via generale nell'interpretazione dell'articolo 10) ha stabilito che gli Stati sono tenuti a indagare e punire gli autori di crimini contro i giornalisti per non incorrere in violazioni dell'articolo 2. Si tratta di un obbligo che deriva dalla Convenzione e che è difficilmente conciliabile con indagini lunghe che portano alla prescrizione dei reati contro i giornalisti: una situazione che non reggerebbe il vaglio di Strasburgo.

Per il settore televisivo, la missione ha sottolineato che il sistema di nomina dei componenti dell'Autorità nazionale di regolamentazione del settore delle comunicazioni (Agcom) rende detto organo «vulnerabile a una potenziale influenza politica, contrariamente alle buone pratiche». Così, è stata richiesta all'Italia una revisione del sistema di nomina.

Adesso la parola passa al Governo e al Parlamento. Considerando che proprio il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio aveva chiesto l'intervento degli osservatori Osce, mostrando fiducia nell'operato di questo meccanismo, il Governo dovrebbe attuare le raccomandazioni presentate dagli osservatori internazionali. Tanto più che già altri organismi internazionali come l'Onu hanno chiesto all'Italia la depenalizzazione della diffamazione e un argine al fenomeno dello judicial harrassment nei confronti dei giornalisti con la diffusione di azioni temerarie e pretestuose, senza reale fondamento. 

*Marina Castellaneta è professoressa ordinaria di diritto internazionale

Nuovi studiosi: sveltisti e inaffidabili

L'altro ieri ci siamo presi la briga di ricopiare e pubblicare su questo blog, alcuni dei contributi scritti da Carlo Majer per il mensile Applausi ( rubrica 'Ouverture) nel 1994, da noi ideato e diretto per un triennio, tanto quanto durò la sua uscita in edicola. E lo abbiamo fatto per una semplice ragione. evitare che un giorno, volendosi ripubblicare tutti gli scritti di Carlo Majer, quelli sfuggano a raccoglitori improvvisati e sveltisti.

 Lo stesso proposito ci ha spinti anche a recensire il nuovo volume che raccoglie scritti di Mario Bortolotto, curato per Adelphi da Pellegrini-Colajanni, perché in esso abbiamo notato la vistosissima assenza di almeno due dei tanti scritti di Bortolotto per Piano Time; due scritti che avevano il peso e le dimensioni di saggi critici, dedicati rispettivamente a Boulez interprete ed a Richard Strauss compositore, a seguito della uscita di una monografia sul musicista a firma Quirino Principe.
All'indomani della morte di Bortolotto, su questo stesso blog, scrivemmo di lui, ricordando anche la sua collaborazione a Piano Time; paventando una pubblicazione postuma di suoi scritti, facemmo sapere che noi conserviamo gelosamente ancora i manoscritti di molti dei suoi contributi.  E citammo espressamente l'editore Adelphi come possibile destinatario anche di raccolte postume di Bortolotto, Ma come si è visto poi, parole al vento.

Restando a Piano Time, ci fece  grande impressione leggere in un pamphlet, un paio di anni fa, dedicato a Sylvano Bussotti, di cui non ricordiamo l'autore - ma forse per la ragione che stiamo per dirvi non meriterebbe comunque di essere citato - che il musicista aveva scritto 'qualche pezzetto, negli anni Ottanta anche per Piano Time, ma aveva esteso nello stesso periodo la sua collaborazione a numerose altre riviste'.
Basterebbe sfogliare i numeri di Piano Time di quegli anni per constatare che Bussotti vi ha scritto ogni mese, e in alcuni numeri anche più pezzi - come quando pubblicò una sua autointervista, di cui conserviamo ancora il manoscritto bicolore.
 In quegli anni Bussotti ebbe con Piano Time l'unica  sua collaborazione giornalistica continuativa, al punto che con i pezzi ivi comparsi si potrebbe  allestire un volumetto.
Perché allora quella inesattezza? Per stupidità.

 Infine un altro caso che ha a che fare con Alberto Savinio e la sua raccolta Scatola sonora,  recentemente riedita, per il Saggiatore,  in una silloge allargata, a cura di Francesco Lombardi, nipote di secondo grado di Nino Rota, a lungo curatore dell'archivio del maestro presso la Fondazione Cini che, a ben guardare, ha procurato più danni che guadagni alla giusta conoscenza del suo parente. Anche lui improvvisatosi nel caso in questione, ricercatore, si è rivelato sveltista ed inattendibile.
Di quella importante raccolta e del suo autore, noi ci siamo occupati per molto tempo, facendo confluire i risultati dei nostri studi in un saggio apparso su 'Nuova storia contemporanea', relativamente alla collaborazione di Savinio al mensile Documento. A quel nostro studio allegammo  anche alcuni inediti, ritrovati (alcuni anche ricostruiti) che il Lombardi ha incluso, giustamente, nella nuova edizione.
Ora il Lombardi non avrebbe potuto altrimenti avere accesso a tali nuovi testi, inediti,  se non attraverso il nostro studio, citatissimo nella bibliografia saviniana, ma  volontariamente omessa in quella del Lombardi. Perchè, verrebbe da chiedersi' E l'unica risposta possibile è: stupidità!

 Un ultimo caso, infine, che riguarda la buonanima di Daniele Lombardi, eclettico  pianista/compositore fiorentino. Al quale, sempre per Piano Time chiedemmo di formulare ed articolare in più puntate un metodo'per lo studio del pianoforte', che lui compilò giovandosi anche della sua bravura grafica e che usci per un intero anno sul mensile.
 Molti anni dopo, ma non postumo, Daniele Lombardi pubblicò in volume quell'originale metodo per lo studio del pianoforte. Nella prefazione, necessaria, annotò che lo aveva immaginato per Piano Time, (il cui direttore glielo aveva richiesto). Ma lui non lo scrisse. sembrò una sua iniziativa proposta al direttore della rivista. Il direttore eravamo naturalmente noi. Gli chiedemmo conto della dimenticanza e la sua risposta fu: "chi non sa che Piano Time eri tu?".
 Ma allora perchè non dirlo? Specie per i più giovani dopo trent'anni dalla sua uscita sulla rivista?

 In tutti questi casi  si è trattato di complotto, congiura un pò ai nostri danni? No, in tutti i casi semplice stupidità. Solo? No, forse mista a una piccola dose di invidia: medicina efficace per lenire ferite anche passate.

Complotto, congiura? No, stupidità ed inattendibilità. A proposito di 'Il viandante musicale' (Adelphi), raccolta postuma di scritti di Mario Bortolotto a cura di Jacopo Pellegrini e Roberto Colajanni

Non c'è studioso o lettore degli scritti di Mario Bortolotto che non si sia soffermato su un breve articolo pubblicato dal critico sul mensile Piano Time, negli ultimi mesi del 1990, dal titolo 'Quell'elefante leggerissimo', presente nella raccolta di scritti bortolottiani appena uscita presso Adelphi, a cura di Jacopo pellegrini e Roberto Colajanni.

Di quel pezzo  conosciamo tutta la storia per filo e per segno sia perchè all'epoca dirigevamo noi Piano Time, sia perché era stato dettato da una breve dichiarazione riguardante Bruno Maderna che noi personalmente, muniti di registratore, avevamo raccolto a margine di una conferenza stampa di Boulez, a Villa Medici.

Gli chiedemmo di Maderna, che lui aveva conosciuto e frequentato e lui ci rispose seccamente: poco o nulla da dire sul Maderna compositore, che andrebbe ridimensionato, - perchè  quel poco che c'è , è impossibile da decifrare,- meritoria invece la sua attività di maestro e operatore.
 Noi, virgolettandola, riproducemmo su Piano Time, senza firma, quella dichiarazione lapidaria in tutti i sensi.

Quando la lesse, Bortolotto ci chiamò al telefono per essere rassicurato che le parole riportate erano proprio e solo quelle di Boulez. Quando gli demmo conferma, ci manifestò la sua meraviglia, facendoci notare che in poche parole Boulez aveva fatto un ritratto del musicista Maderna preciso anche se impietoso, e ci informò di voler dedicare a quel trafiletto la sua rubrica mensile sulla rivista. Cosa che poi fece.

Naturalmente non piacque a tutti coloro che avevano messo Maderna sull'altare dei grandi compositori ( No, aveva detto Boulez, il compositore Maderna non esiste). L'articolo di Bortolotto, scritto con grande convinzione al punto che anni dopo lo ripubblicò sul Foglio quotidiano, risultò indigesto per i troppo numerosi maderniani, che negli studi successivi mai lo citarono ( si vedano i volumi curati da Baroni: di quell'articolo non v 'è traccia neanche nella bibliografia. Quando si dice la moralità dello studioso!). Fine.

Nella prima raccolta postuma di scritti di Mario Bortolotto, appena uscita presso Adelphi, quell'articolo si fa leggere ancora per acutezza e brillantezza.  Ma... i curatori della raccolta  non brillano per l'accuratezza che si richiede ai ricercatori e perciò neanche per  la professionalità degli studiosi. Ci riferiamo in special modo a Jacoppo Pellegrini che, come curatore e raccoglitore di scritti altrui è diventato, con altri diversi sodali, uno specialista.  A Pellegrini, anche perchè ha frequentato Bortolotto, assieme ad un gruppetto di  altri ex giovani fedelissimi  ferequentatori del critico,  sia nelle sale da concerto o nei teatri, che altrove: ci viene in mente il nome di Guido Zaccagnini.

Pellegrini, da Piano Time, negli anni della nostra direzione (1983, aprile -1990,marzo) ha ripreso solo quel pezzo maderniano e nient'altro, mentre qualche altro pezzetto ('etto', per dimensioni) evidentemente suggeritogli dallo Zaccagnini, ha preso dalla stessa rivista negli anni, pochissimi, in cui prestamente rovinò, dopo che ne abbandonammo la direzione.

Ora noi a mente non ricordiamo tutti gli scritti di Bortolotto per il 'nostro' Piano Time,  e non possiamo compiere opera di ricerca (come andrebbe fatta e avrebbero dovuto fare Pellegrini e Colajanni, e non l'hanno  fatta) perché non disponiamo più della collezione completa della rivista,  essendoci volontariamente privati, negli ultimi mesi, di alcuni introvabili numeri, per completare la collezione presso la Bibliomediateca del'Accademia di Santa Cecilia, dove speriamo sia ancora al suo posto per la consultazione, e dove i valenti curatori avrebbero potuto sfogliare.

(Non ne siamo certi per la ragione che alcune copie della nostra ultima rivista Music@, che abbiamo ugualmente e per la medesima ragione regalato alla biblioteca dell'Accademia non sono mai stati catalogati e messi negli appositi scaffali, perché in essi si leggeva qualcosa contro l'attuale sovrintendente Dall'Ongaro, e la fedelissima bibliotecaria, Annalisa Bini, studiosa di rango - ma più 'amica' di Dall'Ongaro' che della corretta ricerca - ha pensato bene di non esporre per non disturbare il suo padrone). Perdonate la digressione!

 Tornando agli scritti di Bortolotto, con nostra somma sorpresa ci siamo accorti che nella raccolta ne mancano  molti altri apparsi su Piano Time, dei quali però al momento non abbiamo memoria. Mentre di due su tutti abbiamo memoria chiarissima, anche perchè veri e propri saggi. Il primo su Pierre Boulez interprete (lo ricordiamo anche perché facemmo arrivare a  Bortolotto l'intera raccolta discografia di Boulez) ed un secondo su Richard Strauss: una recensione allargata della monografia  sul musicista scritta da Quirino Principe il quale, si risentì per quella recensione troppo cattiva, inutilmente cattiva ed ebbe a dircelo, manifestando il suo fastidio (Quirino Principe era uno degli altri illustri e più assidui collaboratori di Piano Time).

Noi possiamo parlare solo di Piano Time, ma se tanto ci dà tanto ( come si usa dire), in chissà quali e quante altre vistose, colpevoli omissioni  sono incorsi i due inaffidabili curatori. E non vogliamo neppure prendere in considerazione anche altre raccolte curate da Pellegrini, una in particolare dedicata alla Callas, in coppia con Aversano. Anche lì i due hanno omesso i molti articoli e saggi, tutti autorevoli, pubblicati sulla grande interprete  negli anni della nostra direzione di Piano Time?

lunedì 23 luglio 2018

La piattaforma Rousseau e il parlamentare grillino velista

Il nuovo organo informativo di partito e di governo - 'La verità' di Maurizio Belpietro - ha dato voce al filosofo Davide Casaleggio ed alla sua rivoluzione democratica, tempo qualche lustro ancora, e perciò non così lontana.
Il neo filosofo, addottorato presso l'università paterna, con srl annessa, ha fatto mettere nero su bianco a  Belpietro la rivoluzione che la piattaforma Rousseau sta compiendo e che porterà a compimento in breve tempo. il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia diretta. E per questo che tutti gli eletti pentastellati sono tenuti a finanziare mensilmente detta piattaforma che renderà non solo il nostro paese ma tutto il mondo più democratico, e a misura di cittadino.
 Il quale, come già Rousseau sta sperimentando,  decide senza intermediari e rappresentanti ciò che vuole per sè, per il suo bene (per ora , intanto, per il bene di Rousseau e della Casaleggio Associati).
 A quel punto le due Camere italiane di rappresentanti non serviranno più, con un enorme risparmio non solo sui vitalizi ma anche sui compensi degli eletti nel corso della loro attività parlamentare. Di conseguenza  elezioni, campagne elettorali, con tutte le spese che le une e le altre comportano, addio.

Dicevamo che Rousseau ha già sperimentato tale forma di democrazia diretta più efficace, più veloce, più chiara.  Lo ha fatto ad esempio nel caso della elezione dei membri del CDA Rai. Rousseau ha presentato la lista dei probabili candidati - tale lista aveva già superato l'esame impietoso del filosofo Casaleggio - e i cittadini abilitati all'uso della piattafoma (anche questo problema è stato risolto dal filosofo. quello cioè di esaminare e autorizzare i cittadini idonei a votare sulla piattaforma)si sono espressi. In totale  4-5000 votanti hanno dato il loro parere vincolante e la candidata prescelta è stata votata in Parlamento. Ecco il ruolo futuro del Parlamento, un parlamento ristrettissimo:dar corpo e forma a leggi e disposizioni che la piattaforma  avrà votato. Basta per questo un ristretto consesso di tecnici, salvo che i futuri governanti, anch'essi eletti dalla piattaforma, non abbiano per ragioni profonde, a ricusare le loro conclusioni. In democrazia uno vale uno, ma non tutti i numeri sono attendibili.

Dall'interno degli eletti pentastellati  si è già levata una voce e non per attaccamento alla poltrona, bensì per dar corpo alla futura riforma. Perchè allora non abbiamo votato l'abolizione - o il ridimensionamento numerico e giuridico - del Senato voluto dalla riforma Renzi? Perchè quella riforma era incompiuta: ambedue i rami del Parlamento vanno aboliti - ha risposto subitamente il filosofo, raccogliendo la voce di Rousseau.

Qualcuno si è rivolto a Fico, presidente pentastellato della Camera dei Deputati, perchè difenda l'istituzione; e lo stesso Di Maio, nella sua veste di vice premier - facente funzione di premier - ha detto alla truppa: spetta a noi dimostrate che il Parlamento serve.

Un altro parlamentare pentastellato, cogliendo al volo ed alla lettera il suggerimento di Rousseau, non si è ancora mai presentato in Parlamento e continua nel suo lavoro professionale di velista. Io svolgo - ha spiegato - il mio lavoro di parlamentare in mare.

Il governo del cambiamento culturale. Comincia Bonisoli sostenuto dall'inutile, inadeguata e non autonoma Commissione consultiva musica. Lettera di protesta

On. Alberto Bonisoli,
la rassegna Traiettorie, da ventisette anni una delle più importanti iniziative europee nell’ambito della musica contemporanea, che nel 2010 ha ricevuto il premio “Franco Abbiati”, non avrà alcun sostegno da parte dello Stato.
Neanche l’avvicinarsi dell’appuntamento di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020 è riuscito a evitare il danneggiamento di uno dei più antichi e significativi festival di musica contemporanea europei.
Sappiamo tutti quanto la sperimentazione contemporanea sia vitale per l’innovazione culturale e quanto sia fondamentale per permettere una maggiore consapevolezza del patrimonio culturale del nostro paese, dacché permette di rinnovare l’arte con l’arte, riattivando nel presente valori analoghi codificati nel passato. E anche per questo ci saremmo aspettati un supporto, tanto più che la nostra rassegna si svolge nei luoghi storicamente e culturalmente più significativi di Parma.
Nata con il sostegno di Luigi Nono e Claudio Abbado, già Presidente Onorario della Fondazione Prometeo, con più di duecentottanta concerti all’attivo, Traiettorie si è caratterizzata per la sua dimensione europea, in virtù della partecipazione dei più importanti solisti ed ensemble internazionali. Il progetto artistico di questa iniziativa si è concentrato sulla promozione della musica del nostro tempo di matrice europea, includendo quella di tipo elettroacustico e la musica elettronica, favorendone infine la produzione artistica attraverso la commissione a compositori di nuove opere e la realizzazione di numerose prime esecuzioni italiane e assolute.
Il programma musicale di quest’anno, nel centenario di Claude Debussy, vede la partecipazione di alcuni fra i più rinomati interpreti ed ensemble musicali europei: Ensemble Linea (Francia), Ensemble Prometeo (Italia), Ensemble Recherche (Germania), L’arsenale Ensemble (Italia), L’Instant Donné (Francia), Accroche Note (Francia), Quatuor Diotima (Francia), Maroussia Gentet – vincitrice del Concours international de piano d’Orléans –, oltre che i solisti Wilhem Latchoumia, Michele Marelli e Christophe Desjardins.
Il programma prevede inoltre la realizzazione di un concerto di musica elettronica a cura di nonoLab, oltre che due concerti con i giovani studenti del Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma e del Conservatorio di Parigi.
Nonostante un programma musicale di tale ricchezza e di altissimo livello degli interpreti, fra le celebrità più note in ambito internazionale, abbiamo appreso con grande tristezza l’esclusione – per la seconda volta consecutiva – della rassegna Traiettorie dagli organismi sovvenzionati dal Suo Ministero.
Il progetto triennale del festival, realizzato con il sostegno del Comune di Parma e del Complesso Monumentale della Pilotta (è parte del Suo Ministero), che quest’anno raggiunge il traguardo straordinario dei ventotto anni, «in conformità con le valutazioni espresse dalla Commissione Consultiva per la Musica, tenuto conto dei punteggi da essa stessa attributi, non ha raggiunto la soglia minima di ammissibilità qualitativa di dieci punti».
L’infausta decisione della Commissione Consultiva testimonia della consapevolezza che a essere colpita è la cultura e la parte più fragile del sistema musicale dell’Italia.
L’esclusione assume un significato ancora più grave in relazione al fatto che quest’anno inizia il percorso di avvicinamento a Parma Capitale Italiana della Cultura 2020, evento al quale la Fondazione Prometeo partecipa in modo significativo attraverso il progetto triennale “Parma Città delle Muse”, un’iniziativa strategica per la rilettura dello spazio urbano contemporaneo realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università degli Studi di Parma. Una ricorrenza straordinaria per le istituzioni cittadine, le forze imprenditoriali, sociali e l’intera comunità di Parma, che una Commissione competente e obiettiva non avrebbe potuto e dovuto trascurare.
Nella speranza che questa lettera possa servire a farLe comprendere la gravità della situazione che si è venuta a creare, auspichiamo un Suo intervento diretto nei riguardi della Commissione Consultiva affinché le ingiustizie possano finalmente cessare e, con esse, la mia più profonda delusione per questa triste vicenda. 21/07/2018
Con i più cordiali saluti,
Martino Traversa
Direttore Artistico

domenica 22 luglio 2018

Per Carlo Majer

Abbiamo appreso della morte prematura di Carlo Majer, ieri. Noi lo abbiamo incontrato sulla nostra strada, senza mai incontralo di persona. All'epoca in cui egli dirigeva il Teatro Regio di Torino - gli anni Novanta - chiamato dalla sovrintendente Tessore. Gli chiedemmo di collaborare ad una delle riviste che negli anni abbiamo progettato e diretto, Applausi, edito dalla Darpro srl di Udine. Una rivista patinata, con collaboratori tutti illustri - come è sempre stato per le riviste che abbiamo diretto (da Piano Time a Music@ ad Applausi) ma rivolta al grande pubblico. La rivista uscì per un triennio e Carlo Majer vi collaborò per il primo periodo
Non riusciamo a ricordare  come avvenne quell'incontro, puramente telefonico; al quale mai seguì un incontro di persona.  Per lui confezionammo  un' apposita rubrica, dal titolo Ouverture, in apertura di giornale.

 Avendo appreso della sua morte siamo andati a sfogliare la collezione, purtroppo incompleta, che abbiamo della rivista MENSILE,  e siamo rimasti colpiti dal linguaggio chiaro, conciso ma acuto  con cui affrontava ogni mese questa o quella questione, che, autonomamente decideva di trattare. Majer è sempre stato un osservatore attento della vita  musicale, nella quale ha anche operato da protagonista per diversi anni, e poteva da solo scegliere l'argomento da trattare.
 Majer cominciò a collaborarvi nel 1994, succedendo a Giorgio Vidusso, impegnato anch'egli nell'attività di direttore artistico,
 Fra i testi delle sue 'Ouverture'  - per i quali Majer indicava sempre anche il titolo - ne abbiamo scelti alcuni che vogliamo, in suo ricordo, proporvi.

Ouverture n.1

Caro Pubblico, ti scrivo...
Ebbene sì, lo confesso: una quindicina di anni fa ho svolto per qualche tempo il lavoro del critico musicale. Ero ( secondo un'espressione in voga all'epoca) un critico molto 'sperimentale'. Nel senso che sperimentava qualsiasi mezzo per riuscire antipatico. In genere ci riuscivo.
 Uno dei miei esperimenti più fruttuosi fu quello di recensire, da un certo punto in poi, anche il pubblico degli spettacoli a cui assistevo.
Ciò mi valse una piccola valanga di lettere - il che fa sempre piacere - ed anche qualche anonimo messaggio di morte sulla segreteria telefonica (meno gradevole).
Tuttavia, ancora oggi trovo che recensire il pubblico sia stata forse l'idea meno ripudiabile di quella lontana esperienza. Anche se sono passato dall'altra parte della barricata, e sono diventato direttore artistico di un teatro,continuo a pensare che il pubblico sia, assolutamente, e debba essere considerato a tutti gli effetti, parte integrante di uno spettacolo.
 Ne sono così convinto che con gli anni ho sviluppato una leggera forma di nevrosi: potrei definirmi un voyer dell'ascolto. Infatti faccio molta fatica ad ascoltare musica da solo. Ho bisogno che ad ascoltare accanto a me ci sia perlomeno un'altra persona. Non mi importa nemmeno il suo livello di competenza: l'importante è che sia lì, e che io possa percepire accanto alle mie le sue sensazioni, metterle a confronto, intrecciarle oppure avvertirle distanti. Insomma, ho bisogno di sentirmi anch'io parte del pubblico. Mi sembra tutto sommato una perversione innocente.
Il pubblico che amo di più, lo dico subito, è quello delle grandi metropoli . Londra, New York - già meno Parigi. E' un pubblico vero. C'è la segretaria che arriva direttamente dall'ufficio, cambiandosi le scarpe in gabinetto, e la giovane dall'Alaska o dalla Nuova Zelanda che sogna un giorno di poter cantare lì. C'è la vecchia coppia di ebrei fuggiti dalla Slovacchia che, a casa, suonano ancora musica da camera seconda una tradizione ormai perduta, e il gruppo di ragazzini francesi dark, dai 16 ai 18 anni, che ascoltano gli U2 ma adorano anche Marilyn Horne ( non è una storia inventata, esistono davvero).
 Del mio pubblico, quello di Torino, posso dire che in genere è un pubblico leale. E' un pò freddino, ma questa freddezza si inserisce nel contesto di una città che ha scelto un profilo bassissimo in ogni manifestazione della propria vita. E sa essere affettuoso: quando gli feci conoscere Esclarmonde di Massenet, fu così contento che mi inviò a casa alcuni mazzi di fiori con biglietti firmati: 'Una spettatrice', o 'Uno spettatore'.
 Ma c'è anche il pubblico che detesto: e non c'è solo a Torino! E' quello che arriva distratto e impreparato alle prime, senza nemmeno degnarsi di leggere la trama ( la trama! non dico la partitura!) dell'opera.
Quello che viene con un disco ben preciso fissato a memoria in testa e misura l'esito della serata dalla maggiore o minore somiglianza con il disco stesso.
Quello che parte prevenuto perché nel cartellone 'non ci sono i Nomi!'
Quello che non applaude nemmeno, proteso com'è nel correre al guardaroba sgomitando.
Quello che non capendone niente, si sente  in dovere di esprimere comunque un giudizio, in genere esordendo con un ' io non ne capisco niente, ma...' e facendolo seguire da una serie di bestialità raccapriccianti.
 Quel pubblico iolo detesto più ancora da spettatore che da direttore artistico. e trovandomelo seduto accanto mi chiedo sempre: ' Ma io e loro siamo qui per la stessa cosa?'.
                                                                                                                    Carlo Majer

 Ouverture n.2

Brioches indigeste dalla Critica
Il mese scorso segnalavo che esiste un settore di pubblico musicale bramoso di ascoltare solo quanto conosce già: e lo paragonavo a quegli italiani in vacanza che mangiano sempre e soltanto spaghetti, anche quando vanno a Reykjavik o Kuala Lumpur.
Quando una forma di pensiero è molto diffusa, va considerata alla stregua di una vera e propria costante antropologica. A me viene da metterla in relazione con il radicato senso italiano della famiglia: perché ad esempio in Gran Bretagna, dove è raro rimanere in famiglia dopo i 18 anni, o negli USA, dove la mobilità su un territorio vastissimo è struttura profonda dell'anima nazionale, la paura pantofolaia del nuovo è assai meno diffusa. Ma non si sono tentati neanche molti correttivi.
Ad esempio, la critica musicale italiana non ha mai compiuto un'opera di autentico proselitismo, invitando i propri lettori ad aprirsi alle bellezze del molteplice. Il problema è che, per farlo, avrebbe dovuto essere seducente, brillante, appassionata, e anche - vogliamo dirlo? - intellettualmente onesta. A leggere il 97%  della critica musicale italiana, invece ci si imbatte in una prosa che può avere solo scopi intimidatori o autocelebrativi. Il poco proselitismo fatto, è stato fatto in maniera maria-antoniettesca, non di rado raccomandando brioches indigeste e pernici sospette. Ciò è stato fatto, perdipiù, basandosi sul gusto individuale del critico, non sul probabile gusto dello spettatore: e non invocando mai il Divertimento o la Gradevolezza, bensì unicamente la Cultura. Che è una bellissima cosa: ma è uno strumento non uno scopo.
                                                                                                            Carlo Majer

 Ouverture n.3

Il signor regista
Si riaprono i teatri d'opera, e puntuali ricominciano sui giornali gli attacchi alla figura del regista d'opera. Di solito questi attacchi vengono da settori culturalmente non brillantissimi, e quindi gli argomenti su cui si basano sono esposti alla buona, senza stare tanto a ragionare.
 Si incomincia parlando di cifre fuori contesto e prospettiva, si denunciano sprechi titanici, si segnalano inauditi stupri, e poi di norma si conclude l'attacco con una domanda retorica: 'Perchè sprecare soldi per un regista, quando basterebbe realizzare le didascalie del libretto e dello spartito?'.
Di solito le domande retoriche non hanno risposta. Ma in questo caso invece una risposta c'è, e - volendosi tenere al livello del dibattito - è molto semplice:' Cari nemici del regista, provate a usare una scatola di supposte basandovi unicamente sul foglietto di istruzioni!'.
Infatti le didascalie vanno comunque interpretate: l'interprete serve proprio a questo. Perfino nel caso di autentici maniaci della didascalia come Illica ( che scriveva pagine e pagine di istruzioni sceniche), le didascalie rimangono equivoche. Vanno ambientate, orientate, realizzate in base agli artisti a disposizione, al momento, al giusto del pubblico locale. Per fare tutto questo, ci vuole gusto, sensibilità, esperienza, auspicabilmente un pizzico di cultura  e certamente un gran senso del teatro. In altre parole, ci vuole il Regista.
 Dopodichè sono il primo a dire che alcuni registi fanno il loro mestiere malissimo. Sono anche il primo a dire che i teatri dovrebbero coprodurre sempre  di più, Ma chiedere l'abolizione del regista nell'opera, è come morire di influenza perché l'aspirina provoca l'ulcera.
                                                                                                                    Carlo Majer


Ouverture n.4

Un tenore come inquilino
Alcuni mesi fa  a Torino un tenore mio amico è andato  con la moglie a visitare un appartamento da affittare: che gli è piaciuto molto, per cui si è accordato sull'affitto e ha chiesto di firmare il contratto il prima possibile.
Qualche giorno dopo, la proprietaria dell'appartamento ha fatto però saper che non intendeva ( testuale) ' portarsi a casa un tenore', anche se di ottima famiglia, con moglie e figlio incantevoli, con le migliori referenza possibili.
Perchè? Perchè era un cantante. Fosse stato un impiegato di banca, nessun  problema: gente per bene! Tranquilla! Ma un cantante!
La signora oltre a ricordarci quell'immortale frasi di Ennio Flaiano secondo cui 'la madre dei cretini è sempre incinta', getta la luce su una diffusa attitudine piccolo-borghese  considerare ancora l'arte come una forma secondaria di dissolutezza e/o una fonte primaria di disturbo.
Su un piano pratico, però, l'episodio segnala quale problema autentico e urgente la casa rappresenti per molti musicisti. A noi piace immaginarla, la Signora, sveglia alle 3 di notte perché l'impiegato di banca sta picchiando la moglie con la padella antiaderente...Ma è una  magra consolazione.
                                                                                                                    Carlo Majer


Ouverture n.5

Karaoke!
Io che non vedo mai la televisione ho scoperto l'esistenza di Fiorello - il popolare presentatore di karaoke - esattamente come quell'astronomo che scoprì l'esistenza del pianeta Plutone non già perché l'avesse visto, ma perché alcune anomalie gravitazionali gli avevano fatto supporre che lì doveva esserci un pianeta. Infatti, io ho scoperto l'esistenza di Fiorello perché una sera sono entrato in una tabaccheria di Torino e ho notato che tutti gli uomini presenti ( tranne me) portavano la coda di cavallo.
Questo succedeva perlomeno diciotto mesi fa. Dopodichè Fiorello è diventato ancora più celebre, si è messo ad occupare le piazze di importanti città, in un paio di occasioni c'è scappato il morto. Sulle pagine dei quotidiani gli intellettuali italiani, turbati, hanno incominciato a porsi e porci (= a porre a noi) una domanda quanto mai profonda e stimolante: 'ma Fiorello è di destra o di sinistra?'.
 Il segreto, o uno dei segreti, del successo di Fiorello probabilmente sta proprio nel fatto che gli intellettuali italiani continuano a farsi domande del genere.
Da parte mia trovo che il karaoke sia, considerate tutte le forme di cretinismo patenti o striscianti nostra civiltà, un fenomeno non preoccupante: che la gente abbia ancore voglia di cantare mi sembra in fondo positivo. Purtroppo, il karaoke nega l'antico principio del fare musica insieme: nel senso che una  cosa è fare musica guardandosi negli occhi, provando e riprovando, è un'altra è cantare improvvisando su una base registrata, guardando una pallina che salta sulle parole.
L'effetto più deleterio del karaoke l'ho comunque rilevato a un concerto di Bruno Campanella al Teatro Regio, dove arrivato il momento del bis il pubblico gridava: 'La marcia del'Aida!', ' Il mattino del Peer Gynt', ' Ritorna vincitor', ' Va pensiero!', come se il coro e l'orchestra del Regio fossero un juke-box.
 Ma non mi sembra un comportamento molto più incivile di quello di tanti 'intenditori' che giudicano un'esecuzione sulla base del disco che conoscono a memoria.
                                                                                                                  Carlo Majer

Ouverture n.6

Il colpo di rasoio
Probabilmente gli spettatori di un teatro d'opera hanno in testa, rispetto alla vita di cantanti, registi, direttori d'orchestra di successo, un'immagine romantica o romanzesca di arte, lusso e libertà: trionfi e fiori, jet privati e regali d'antiquariato, teste coronate e presidenti della repubblica in camerino.
Ma in realtà,salvo pochissime eccezioni, la vita di questi artisti è di grande solitudine. I rapporti autentici, saldi, veri, in questo ambiente sono forse più rari che altrove. Anzi, è già tanto riuscire  a mantenere rapporti di superficie brillanti e non opachi. Soprattutto quando ci si rende conto che il primo metro per misurare il proprio successo (specialmente in Italia) non sono i complimenti, quasi sempre troppo generici per essere credibili: ma l'invidia, che è invece di precisione chirurgica.
Per il resto, la vita è fatta di spostamenti in camere d'albergo o residence, della fatica tremenda di riconoscere le proprie abitudini nella varietà delle esperienze; di pranzi di cene dove si parla solo del proprio lavoro, o dei pettegolezzi relativi; di giornalisti che ti fanno domande cretine; di piccole umiliazioni che speso non bilanciano una marea di applausi. Il momento più alto, quello della recita, sparice nel momento stesso in cui si compie, come una  tela di Penelope... E subito subentra lo spleen, la nostalgia di quanto fatto, se riuscito; oppure la voglia di dimenticare.
In fondo all'animo di qualunque artista d'opera, sospesa fra conscio e inconscio, si annida probabilmente la memoria del grande sacrificio richiesto un tempo ai Primi Uomini, come venivano chiamati nel '700 i castrati: quel colpo di rasoio necessario 'a monte' per  diventare Giulio Cesare o Tmerlano davanti a platee adoranti... Importa molto, o toglie peso al sacrificio, se il rasoio ha preso poi a infierire su altre parti del corpo? Sul cuore, ad esempio? O qualche volta ( duole dirlo) sul cervello?
                                                                                                                 Carlo Majer

Ouverture n.7

Coppie spaiate
In inglese le chiamano odd pairs, in italiano si potrebbero chiamare coppie spaiate. Sono le coppie che coabitano faticosamente all'interno di un medesimo edificio. Che può essere fisico, ma che può anche essere solo concettuale, tipologico, merceologico: Uomo & Donna, Servo & Padrone, Cani & Gatti, Capuleti & Montecchi, Coppi & Bartali, Romanisti & Laziali. Ma forse la coppia più spaiata di tutte è quella formata da direttori artistici e critici musicali: Per descrivere l'andamento serpentino, talvolta viperino dei loro rapporti sarebbe necessario un romanziere che riunisse le virtù di Proust, Musil e Guareschi. In assenza...
In assenza e fuori da qualsiasi polemica: un dato colpisce invariabilmente me direttore artistico, nel mio rapporto ora difficile ora semplicemente delizioso con la critica. Ed è la conoscenza soltanto parziale - nel migliore dei casi - da parte dei critici dei reali meccanismi ideativi e produttivi di un teatro d'opera ( o complesso sinfonico o simile).
Lasciamo stare i casi limite, in cui il giovane critico si stupisce perché a Monselice non è stato invitato Karajan a dirigere l'orchestra. Anche nei critici più attenti e sensibili,a volte, avverto incantevoli ingenuità.
'Perché non avete celebrato il centenario di XY?'.  Risposta: perchè non avevamo i soldi, il teatro disposto a coprodurre, i cantanti, il direttore.
'Perchè non fate una stagione con tutte le Clemenze di Tito  composte da Leo, Hasse, Jommelli, Gluck, Mozart, Mercadante?'. Risposta: perchè il pubblico sarebbe formato da quattro spettatori, cinque se Lei viene con la su Signora.
Gli esempi sono infiniti e si riassumono con difficoltà. Taglierei la testa al toro con una modesta proposta. La creazione dell'istituto a rotazione del critic in residence: ogni critico trascorra - non dico tanto - una settimana in una Direzione artistica (metto a disposizione quella di Torino) e si renda conto dei problemi autentici e contingenti che dobbiamo affrontare noi direttori artistici. Non dico affatto che la nostra categoria sia al di sopra di qualsiasi critica. Dico che spesso non veniamo criticati per  i giusti motivi
Con questo, mi pare proprio di aver creato le premesse per uan nuova età dell'oro: restano da regolare i rapporti fra il Lupo & l'Agnello, la Volpe & l'Uva, e fra i Cigni & le Aquile: che ( stando alla Naturalis Historia di Plinio) pare si trovino reciprocamente detestabili.
                                                                                                                   Carlo Majer

Ouverture n.8

Assenza di modello
Uno dei problemi che hanno turbato più la logica - intesa come disciplina filosofica - di questo secolo è la cosiddetta Produzione in Assenza di Modello. Mi sembra un concetto chiaro: di solito per produrre un qualsiasi oggetto, se ne disegna previamente il modello; per fare un discorso, ci si annota la 'scaletta'; per fare un viaggio si stabilisce un itinerario di massima. Produrre in assenza di modello significa prescindere da tutto ciò.
Negli enti lirici italiani i sovrintendenti e i direttori artistici seguono (sono costretti a seguire) tale prassi. Poco importa che, chi più chi meno, ognuno di loro abbia in testa un modello personale spesso plausibile; e che, in qualche caso, il modello di uno coincida con quello dell'altro.
Neanche molto importa che tali modelli individuali siano riconosciuti internazionalmente, come è successo  ( se è permessa una nota personale) a Torino. Ciò che importa è che non esiste un modello nazionale capace di ridare respiro, dignità e trasparenza a quello che è sicuramente uno dei patrimoni dello spettacolo e dell cultura italiani.
Come si può delineare la crescita di un teatro d'opera se non si a nemmeno di quante risorse si disporrà nel 1996? Come si può credere che il lavoro coscienzioso venga premiato, quando le più importanti decisioni in materia di enti lirici del nuovo governo ( cioè la cosa più vicina ad un modello) sono state quella di sanare lo scandalo dell'Opera di Roma e parare preventivamente un probabile deficit del Teatro alla Scala?
Come si può lavorare giorno dopo giorno in piena coscienza se il quadro è quello di una partita le cui regole vengono cambiate mentre si gioca ( e ove si ha l'impressione che qualcuno bari?). Tutte domande retoriche.
La risposta è: si può procedendo in assenza di modello. Ma tra un pò si smetterà di produrre: in assenza di teatri.
                                                                                                             Carlo Majer

Ouverture n.9

Conservatorio: circolo vizioso
Molti amici mi chiedono che studi far compiere ai loro figli che vogliono diventare compositori, direttori d'orchestra, strumentisti o cantanti. La mia risposta, salvo rarissime eccezioni, è: 'qualunque tipo di studio, ma preferibilmente non in Italia, e sicuramente NON in un Conservatorio'. E a seconda dell'epoca dell'anno e dell'umore,passo a spiegare perchè. Ad esempio...
Quest'estate, il Teatro Regio di Torino ha bandito un'audizione per clarinetto: hanno risposto CENTONOVANTOTTO clarinettisti, ognuno di loro ovviamente munito di regolare diploma. Alcuni erano bravi, ma la maggior parte no.
Cosa triste ma vera: questa maggior parte non troverà, né in Italia né - tantomeno - all'estero, se non forse nelle orchestre di liscio. L'unico alto sbocco lavorativo è la speranza, un giorno, di insegnare in Conservatorio, secondo un disegno didattico che gli esperti chiamano: 'circolo vizioso'.
Altro esempio: porte ad ascoltare, in un'audizione per artisti del coro, i cantanti che escono (anche loro regolarmente diplomati) dai Conservatori italiani. La stragrandissima maggioranza non solo non ha (o non ha più) voce, ma per una interessante deroga al buon senso, non è nemmeno seriamente capace di leggere uno spartito o di accompagnarsi al pianoforte: quanto alle conoscenze di storia della musica, per la maggior parte di loro Gluck era un cantautore che lavorava con Celentano.
Altro esempio, e per ora finisco: fate un giro per le grandi associazioni musicali straniere, e guardate quali e quanti sono i musicisti  o cantanti italiani che vi lavorano. Una volta fatta una lista, telefonate loro e chiedete loro il curriculum: vedrete che la maggior parte o semplicemente non ha fatto il Conservatorio, o ha fatto seguire al Conservatorio una ricca mese di studi aggiuntivi e/o riparatori.
La domanda inevitabile è: a cosa servono i Conservatori? E la risposta altrettanto inevitabile è: come molte istituzioni in Italia servono principalmente a mantenere e riprodurre se stesse. Non sono più al servizio della realtà. Pretendono che la realtà s metta al loro servizio.
                                                                                                                        Carlo Majer

Ouverture n.10

Glyndebourne chiama Roma
Lo scorso maggio ho visitato, prima che venisse inaugurato, il nuovo teatro di Glyndebourne. Come è noto questo microscopico villaggio del Sussex ospita da oltre mezzo secolo un festival prestigioso. Era nato, il festival, come passatempo di un ricco industriale sposato ad un soprano mozartiano: oggi è un'impresa finanziaria dal budget equivalente a quello di un ente lirico italiano.
Il nuovo teatro ospita 1200 posti, ha un palcoscenico d'avanguardia e una serie di spazi secondari di livello mondiale. Il tutto è incorniciato in un progetto architettonico che si sposa mirabilmente con le costruzioni vicine e on il paesaggio. E' stato costruito a tempo di record, ed è costato l'equivalente di circa 80 miliardi. Buone notizie, certo, ma non avete ancora sentito la migliore: lo Stato e gli enti locali non hanno erogato un solo penny. Tutto l'intervento è stato finanziato con capitali privati e donazioni da par
Primo, che possibile finanziare la cultura in maniera agile ed efficace. Secondo, però, che questo equivale a un onere maggiore sullo spettatore: il costo dei biglietti in queste condizioni non può essere 'politico'. Terzo, che lo Stato deve agevolare gli investimenti e le donazioni dei privati nel settore della cultura. E quarto, d'altra parte, che la grande borghesia deve assumersi con pienezza di responsabilità il ruolo di promotrice di cultura.
Questo in Italia, diciamolo non si è visto quasi mai - per non dire proprio mai. A riprova, offro un abbonamento gratis a teatro a chi mi segnali un mecenate disposto a investire ( probabilmente a fondo perso) o donare 200 milioni per mettere in scena La volpe astuta di Janacek. Questo a Glyndeborune è già capitato e continua a succedere.
                                                                                                                Carlo Majer

P.s. 
Questi testi si offrono ai nostri attenti lettori e a chi, in futuro, eventualmente, volesse raccogliere per qualche editore lungimirante, gli scritti di Carlo Majer.
                                                                                                                   








Alla politica affaristica il nuovo Governo ha messo la parola fine - attesta l'intervista a Conte di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

Che in Italia le cose stanno cambiando davvero l'ha certificato qualche giorno fa anche la lunga intervista di Travaglio a Giuseppe Conte. Un giornalista che di feroce aveva solo la faccia, in ginocchio ai piedi del premier   Conte che è, di fatto, il vice di Di Maio e Salvini. le domande sembravano tutte cattive, anzi una più cattiva dell'altra, però quando il presidente Conte rispondeva con una boutade, il giornalista cambiava argomento, per non far ridere anche tutti gli italiani che avrebbero letto quella intervista.
 Come va con il governo e con le forze politiche che lo sorreggono - chiedeva Travaglio, e c'è unità di intenti fra i ministri? Certo - rispondeva  Conte. Io non li faccio parlare fra di loro perchè non sono d'accordo quasi su nulla. Io sento i  miei due premier e poi, in base a quello che mi ordinano di fare, chiamo Tria e riferisco, e così potremo andare avanti per anni.  Farli parlare direttamente fra loro è impossibile, che vuole direttore, appartengono a  generazioni differenti.

 Come è andata la storia dell'attracco della nave, mentre Lei era  al G7 o G8 , fa lo stesso? E' dovuto intervenire Mattarella che le ha ordinato - pure lui ordina al povero premier - di far attraccare la nave. No, corregge Conte. Le cose sono andate diversamente: sarei intervenuto anche prima, senza Mattarella, ma noi capi di Stato che partecipavamo a quella riunione,  eravamo di fatto isolati dal mondo, tutti i nostri telefoni erano isolati. Travaglio crede alla congiura della tecnologia. Insomma Conte ci ha fatto sapere che in quelle ore sarebbe potuta scoppiare la terza guerra mondiale e loro stavano tranquilli a discutere del 'trattato di Dublino' ... e potremmo continuare ancora a illustrare l'intervista 'del secolo'. Ma ci fermiamo qui per non togliervi il piacere della scoperta. Leggetela.

 Intanto per annotare i tanti cambiamenti arrivati con il nuovo governo, val la pena ricordare che nel mese di maggio, alcuni grandi investitori esteri hanno mollato  una trentina di miliardi di 'azioni' del nostro governo - che poi sarebbero le azioni del debito pubblico; e ancora che nel nominare i  quattro membri del Cda Rai i due partiti della maggioranza, da buoni fratellini, hanno fatto: due a me e due a te; che per le cariche apicali dell Rai, presidenza e direzione generale, una ciascuna; che nelle nomine relative al Ministero retto da Tria (che avrebbe minacciato le dimissioni), Salvini ha ceduto su CDP e segreteria generale del ministero, ma ha preteso per se Ferrovie ed altro , da decidersi al prossimo Consiglio dei ministri.
 Sono definitivamente finiti i continui litigi per le nomine: questa a me e questa a te e all'Italia? il gesto dell'ombrello.
Mentre tiene duro ancora Boeri che non ha per ora intenzione di dimettersi e che a Di Maio ha detto apertamente che vive in un altro mondo, dove i numeri possono essere letti a discrezione di chi li legge, mentre i due premier, ff di vice , gridano :dimissioni!

sabato 21 luglio 2018

Governo e Parlamento dei cambiamenti...

...ma in peggio. L'altro ieri, venerdì, il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio - quello con una sola segretaria che serve ambedue in ministeri accorpati in una sola persona, facendo risparmiare alle casse pubbliche - rispondeva ad una di quelle interpellanze urgenti e, per giunta, fra le più spinose per l'attuale governo:  la situazione dell'Ilva di Taranto, che Beppe Grillo con la sua ben nota  ed acuta intelligenza politica, vorrebbe trasformata in un immenso parco verde con i 10.000 lavoratori giardinieri stipendiati.

Luigi Di Maio, come un bravo scolaro, è andato a farsi sbranare  dai parlamentari che, per la maggior parte, non la pensa come Grillo e vorrebbe avviata a soluzione la questione, salvando i posti di lavoro e mettendo, in tempi ragionevoli, in sicurezza il mastodontico impianto.La questione, dicevamo, è molto seria e va risolta quanto prima, non più tardi di settembre.

 In Parlamento, ad ascoltare il ministro, c'erano sette parlamentari sette, e non tutti della maggioranza. Gli altri che avevano già preso la strada di casa, dopo la vacanza settimanale a Roma, s'erano detti: ma come gli è venuto a Giggino di parlare dell'Ilva di venerdì? Non sa che noi il giovedì sera, con il primo treno o aereo utile, lasciamo Roma e torniamo in famiglia, accada quel che accada a Roma e nel Paese? Anche il banco del governo era vuoto.

 E' andata proprio così nel governo e parlamento dei cambiamenti.

La faccia tosta della sindaca di Roma, Virginia Raggi, e della società comunale AMA

L'Ama, la stessa società del Comune di Roma preposta alla catastrofica e disastrosa raccolta dei rifiuti- una emergenza che dura ormai da mesi;  lontana dall'essere risolta a breve; in alcune zone anche non periferiche la raccolta viene effettuata una volta a settimana. Uno schifo di sporcizia e cattivi odori! - ha lanciato una nuova campagna 'Vesti di nuovo l'ambiente', per la quale viene spontaneo dire che società e comune hanno davvero la faccia tosta e sono senza vergogna.

 La società preposta 'alla sporcizia'- monnezza per i Romani - invita ad una campagna per il decoro della città, che non riguarda la raccolta dei rifiuti, bensì la raccolta di abiti ed accessori di abbigliamento usati nei nuovi contenitori gialli. Il cui contenuto viene trattato dall'Ama e rimesso in  circolazione, nel caso dei capi in buone condizioni. Insomma ora che può lucrare anche sugli abiti usati, l'Ama si muove; mentre sta ferma, immobile di fronte ai cassonetti di rifiuti - alcuni dei quali sembrano bombardati: non ci era stato detto che li stavano cambiando con nuovi cassonetti? - stracolmi e puzzolenti.

 I sito sul quale informarsi della dislocazione dei cassonetti - AMAROMA.IT - suona davvero come un insulto  per i cittadini ed un ulteriore atto di accusa per la sindaca del cambiamento che ha cotribuito notevolmente a ridurre la città di Roma in una periferia da terzo mondo.

E intanto i cittadini pagano la tassa rifiuti, che quest'anno è di 500 Euro circa ad abitazione di normale metratura (un centinaio di metri quadrati circa).

mercoledì 18 luglio 2018

'Il Fatto Quotidiano' difende il listino prezzi del locale milanese di Cracco in Galleria. Che faccia tosta!

Insomma se vai a sederti al bar milanese , in Galleria, di Cracco, devi immaginarti che quello ti spelli vivo,  e perciò non puoi lamentarti e domandare solidarietà.
 Insomma il Fatto ad un lettore, Giacomo Casali, che gli inviava lo scontrino del bar che dimostrava come avesse pagato la bellezza di 41 Euro per tre spremute di arancia (9 Euro cadauna) e due bottigliette di acqua, (7 Euro cadauna) rispondeva che avrebbe dovuto immaginarselo - dunque quasi quasi se lo è cercato - altrimenti poteva andare a sedersi al 'baretto' sotto casa, avrebbe speso molto molto meno.
 Perchè non ha letto la lista - rimprovera il giornalista 'proletario' del Fatto, Luca Sommi, al lettore? Pensava forse che Cracco stava lì a regalare il suo lavoro ed il suo nome a tutti, anche al lettore del Fatto?

 Insomma se uno viene spennato in qualunque posto, non ha mai diritto di lamentarsi e denunciare lo spennatore - parola del 'Fatto quotidiano'. Si sente che Travaglio è in vacanza, lontano dalla redazione, altrimenti...