Chi legge i numeri ricchi ed esaltanti delle prossime due stagioni presentate dal sovrintendente Chiarot, dal direttore musicale Luisi e dal coordinatore artistico Conte, fatica ad immaginare che tanta attività balla su un baratro di debiti che si aggira intorno ai 62 milioni di Euro. Certo debiti pregressi, ma che non possono non incidere sulla vita presente e futura del teatro fiorentino che di recente ha smesso il suo nome freddo di 'Opera di Firenze' per tornare a quello storico che racconta i fasti del suo festival, ormai all' 82° anno di vita: e cioè Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
I numeri secchi della stagione d'opera, comprendendovi anche il Festival , sono i seguenti: 34 titoli in due stagioni, 15 dei quali nuovi allestimenti; ad essi vanno aggiunti gli spettacoli di balletto e i concerti sinfonici, per un totale di 170 serate ( nell'arco di 730 giorni del biennio, il che vuol dire uno spettacolo ogni 4 giorni) così distinte: 143 di lirica (una settantina per stagione) 6 di balletto e 30 concerti sinfonici. Dunque un teatro superattivo a prima vista, anche se poi di fatto non lo sarebbe, ma con le medie italiane è da considerarsi sufficientemente attivo.
Chiarot e Conte, provenienza Fenice, portano a Firenze le logiche di programmazione sperimentate con successo in laguna. E cioè una programmazione a mezza strada fra ' teatro di repertorio' e 'teatro di regia'; con la differenza che Venezia è un porto di mare con turismo internazionale di élite che frequenta solitamente La Fenice, un teatro che conta appena 1000 posti. Mentre a Firenze, il turismo numericamente rilevante - e dove rilevante è anche la popolazione locale - forse non è della stessa qualità ed esigenze di quello veneziano; dove il nuovo teatro ha quasi il doppio di posti della Fenice. E da quello che si è saputo, il livello medio di occupazione dei posti disponibile si attesta sul 70% , troppo basso, dovrebbe questa nuova programmazione portarlo al 90% e magari anche oltre.
La programmazione fiorentina del prossimo biennio punta sulla formazione di un repertorio che verrebbe ripreso ogni anno, con il medesimo allestimento che finora comprende due trilogie: quella verdiana ( Traviata,Rigoletto,Trovatore con Luisi direttore e Micheli regista) e quella di Mozart-Da Ponte, sbandierata per una particolarità registica: 'vista dagli occhi delle donne', perché le registe saranno tutte donne a cominciare da Sonia Bergamasco; e donne registe lavorano anche per altri titoli in cartellone.
Queste due trilogie ricorreranno regolarmente quasi ogni stagione, come del resto è accaduto a Venezia per la Traviata , con la regia di Carsen, che inaugurò la Fenice ricostruita e che da allora ha avuto un numero di repliche superiore a cento ed altre ne avrà.
Ma c'è anche molto altro: ci sono titoli poco frequentati, altri imposti da celebrazioni, chicche, fra cui i famosi 'intermedi' fiorentini della fine del Cinquecento, scritti da diversi musicisti per La Pellegrina, commedia di Bargagli, lo Spontini di Cortez, Lear di Reiman ( che aprirà il Festival 2019) ed anche alcune novità, due di Vittorio Montalti- Giuliano Compagno ( una delle quali rosssiniana, Ehi Giò riveduta, è stata presentata al Lirico sperimentale di Spoleto nel 2016) ed una di Riccardo Panfili, con libretto e regia di Elisa Fuksas, figlia del celebre architetto)
Ma la novità maggiore, anche ai nostri occhi, sta nella lunga lunghissima lista di direttori e registi invitati, tutti i italiani, per quanto quasi tutti debuttanti in un palcoscenico così importante, capeggiati dal direttore musicale Luisi che nella stagione sinfonica dirigerà tutto Mahler e tutto Schubert ( e Beethoven Brahms, Mendelssohn ed altri? Alla prossima), e che si pretende dia l'impronta all'orchestra.
Basti l'elenco :Francesco Lanzillotta, Giuseppe Grazioli, Valerio Galli, Michele Gamba, Enrico Calesso, Francesco Ivan Ciampa, Sesto Quatrini. E poi Fabio Maestri, Fabrizio Carminati, Renato Palumbo, Matteo Beltrami, ma anche Marco Angius, Daniele Gatti e Federico Maria Sardelli (specialista nel repertorio barocco). Tutto il melodramma a Firenze nelle prossime due stagioni in queste mani - tutte italiane,'non passa lo straniero! - entusiaste e volenterose certamente, ed anche poco costose, ma non sappiamo se all'altezza di un grande teatro dalla tradizione antica e superlativa.
Quanto poi alle agenzie di appartenenza degli artisti scritturati, fra le quali se ne nota qualcuna privilegiata rispetto a tutte le altre (nella quale forte è la presenza di bacchette e registi giovani) torneremo a parlare più avanti.
Adesso saremmo curiosi di sapere come è stato risolto il problema di qualche settimana fa, quando Chiarot dichiarava che gli servivano almeno 10 milioni di soldi freschi, per non chiudere. Chi è andato in aiuto del sovrintendente?
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