“Uno zero”, lo aveva apostrofato Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno. Mimmo Lucano sotto indagine con l’accusa infamante di aver costruito da sindaco di Riace non un modello di accoglienza ma un sistema criminale, impotente lo vedeva sgretolarsi sotto i suoi occhi. Da allora sono passati anni, una sentenza ha bollato come “totalmente insussistenti” quelle accuse. “Adesso gli zero da contare sono qualcuno in più”, risponde Lucano, che ieri ha vinto anche le elezioni comunali nella sua Riace, dopo l’amara sconfitta del 2019.
In mezza Italia raccoglie più di 188mila preferenze, lui che ha fatto impazzire i responsabili di Avs che tentavano di metter su una campagna elettorale perché di girare troppo non ha mai avuto intenzione, schivava i palchi “perché voglio guardare la gente negli occhi”, di staff e uffici stampa non ha voluto neanche sentir parlare. È il primo degli eletti in Europa dell’Alleanza, più di Ilaria Salis, candidata però in due collegi in meno.
Lo si festeggia sui social, Riace si riempie, lui per mezza giornata rimane cupo, teso. Cappellino con la visiera in testa, una maglietta nera con su scritto “Love music, hate fascism”, attorno gli amici e i collaboratori più stretti. “Non ho chiuso occhio da domenica”, racconta, adesso che finalmente sorride. E sì che i risultati già all’alba erano consolidati, lui quasi matematicamente eletto. Ma non era quella la partita che più gli stava a cuore, o meglio non solo. “Se non si aggiusta qua, non si aggiusta l’Europa”, ha ripetuto per tutta la campagna elettorale.
Qua, Riace, dove tutto è iniziato, dove tutto ha rischiato di finire. Dove adesso è pure tornato sindaco. Una vittoria che sa di riscatto. “È la più importante, la più sofferta, proviene da una storia di resistenza”. Cinque anni fa, l’inchiesta lo ha travolto a pochi mesi dalla scadenza naturale del mandato, ha intossicato la competizione elettorale subito dopo, Riace gli ha voltato le spalle, Lucano è finito all’opposizione. Poi è arrivato il processo, una condanna quasi da pericoloso rapinatore, mentre il paese dell’accoglienza si svuotava. “La luce è tornata a ottobre”, racconta. La Corte d’Appello ha fatto cadere tutte le accuse, è rimasto solo un abuso d’ufficio così irrilevante da meritare la sospensione della pena. Le motivazioni di quella sentenza qualche mese dopo hanno smantellato l’inchiesta pezzo per pezzo. “A Riace l’unica mission era aiutare gli ultimi”, hanno scritto i giudici.
“Piano piano le cose si sono messe in ordine”, ricorda lui, che ha detto no al Pd che per mesi l’ha corteggiato, ma con Avs la battaglia per Bruxelles ha deciso di farla. E adesso arriva una vittoria doppia, che lo porterà a Bruxelles dopo aver di nuovo messo radici salde a Riace. “Invito Salvini a tornare qui. Ci era venuto quando pensava che tutto fosse finito, si era sbagliato di grosso e glielo abbiamo dimostrato”. Un guanto di sfida. In Europa, promette, porterà “la storia di questa comunità che ha trasmesso un messaggio di umanità al mondo e ha trovato un modo per resistere, per non morire”. Come la sinistra in un’Europa sempre più nera? “Dalla periferia dell’Italia, dell’Europa arriva il messaggio che è possibile, in Ue e nel mondo”.
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