Giorgia Meloni
Quando Giorgia Meloni divenne premier il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il premier uscente Mario Draghi gliel’avevano raccomandato in tutti i modi: “Giorgia, se vuoi contare in Europa cerca sempre un buon rapporto con Francia e Germania“. All’inizio la Meloni era parsa ascoltarli, ma poi il richiamo della foresta della destra ha finito per prevalere e per farla deragliare. Statista e premier d’Italia o leader dell’estrema destra? Meloni è “ambidestra” ha commentato qualche giorno fa Romano Prodi ma in Europa il gioco delle tre carte non funziona e l’Italia ha pagato l’ambiguità della premier con l’autoisolamento sulle nomine al vertice della Ue. Giocando di sponda con il leader di Forza Italia e suo vice nel Governo, Antonio Tajani, che conosce bene le trame interne ai Popolari europei, Meloni medita la rivincita il 18 luglio quando la candidatura di Ursula Von der Leyen per il bis alla Presidenza della commissione Ue verrà sottoposta al voto a scrutinio segreto (!) del Parlamento europeo. Ma rivincita in che senso? O nel senso di portare in dote a Ursula i voti dei Conservatori per compensare i prevedibili franchi tiratori o, all’opposto, trasformando l’iniziale astensione in voto contrario a Von der Leyen contribuendo così alla sua sconfitta e riaprendo i giochi, sperando che un’eventuale vittoria dell’estrema destra della Le Pen in Francia indebolisca ancora di più il Presidente Macron e cambi la musica anche in Europa. Tutto può succedere, ma l’insostenibile ambiguità di Meloni (premier o leader della destra?) ha il fiato corto in Europa e umilia il ruolo dell’Italia. No, Giorgia, così non va.
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