domenica 30 giugno 2024

Immaginare un mondo con Trump e Le Pen al comando ( da Huffpost Italy)

 


Immaginando un mondo con Trump e Le Pen al comando

Che mondo sarà quello che vedrà Donald Trump maramaldeggiare alla casa Bianca e la destra francese di Marine Le Pen assediare l’Eliseo dopo aver conquistato il Parlamento? Sarà un mondo sicuramente in cui lo Stato dovrà ripensarsi. 

Paradossalmente proprio l’avvento delle forze più rigidamente autoritarie rischia di produrre il massimo disordine sulla scena mondiale.

I delicati equilibri del federalismo statunitense saranno definitivamente scompaginati dall’arrivo sul Mall di Washington delle armate trumpiane. Lo stato è il problema, non la soluzione, lo slogan dell’anarco conservatorismo diventerà la bandiera degli stati del sud che chiederanno al loro campione diventato presidente di praticare la nuova strategia di privatizzazioni galoppanti. Ma questo innesterà uno scontro frontale su temi nodali, quali ambiente, energia, immigrazione e soprattutto sulle relazioni internazionali, con lo sganciamento della superpotenza statunitense dalla piattaforma atlantica e un nuovo gentlement’s agreement con Mosca. 

I legami fra le diverse aree del paese potrebbero entrare in sofferenza, con il potere centrale che troverebbe un’inedita convergenza con le forze più autonomistiche, come i vertici di stati quali il Texas o l’Alabama. La strategia americana si sdoppierebbe in una politica autonomistica dei ceti medio bassi degli stati trumpiani, e invece la bussola del cosidetto deep state che manterrebbe la sintonia con le forze finanziarie del nord. Una nuova guerra di secessione che vedrebbe questa volta le componenti più reazionarie all’attacco, con l’obiettivo di liberare in tutto l’occidente le componenti più affini per dare un colpo irreversibile alle conquiste sociali dell’ultimo secolo.

La Francia sarebbe un naturale interlocutore, insieme all’Italia di Giorgia Meloni, attendendo lo spostamento a destra del gigante tedesco. Uno scenario da rabbrividire che farebbe ricordare con tenera nostalgia le proteste contro l’imperialismo a stelle e strisce di qualche decennio fa. La sinistra si troverebbe del tutto avulsa in questa dinamica. La base popolare di queste svolte reazionarie, dove sono proprio i ceti più legati alle produzioni materiali a richiedere protezione anti globalizzazione ma anche distanza da uno stato ingombrante, spiazza completamente il fronte dei partiti eredi del movimento operaio.

L’imbarazzo con cui è stata seguita la campagna elettorale americana, in cui ancora riecheggiavano nella cultura radicale la contrapposizione a una potenza americana vista come unitaria ed omogenea, in cui Donald Trump era solo il poliziotto cattivo rispetto a quello buono impersonato da Joe Biden, mostra l’incapacità di cogliere le mutazioni nella dinamica politica. 

La mancanza di massa critica a sinistra, nella transizione fra la vecchia area di consensi - il mondo del lavoro e l’intellettualità letteraria, traslocate a destra- del tutto dispersa e l’incapacità di trovare nuovi riferimenti nelle componenti professionali della sfera digitale, lascia la sinistra del tutto impotente. La difficoiltà di creare allenze e dare forma a piattaforme di governo, come vediamo in Italia, e in Francia, ma anche in Germania e nella stessa Spagna, dove si logora la ridotta maggioranza di Pedro Sanchez, ci annuncia un secolo dove sarà del tutto muto lo schieramento progressista dinanzi allo scontro fra due destre, quella radicale e quella liberal.

Un quadro in cui sembra del tutto inaridito il centro moderato, che la vecchia scolastica elettorale vedeva con il pendolo da conquistare. La geografia delle consultazioni di queste ultime tornate in tutto l’occidente vedono una mappa praticamente omogenea: le grandi città, con i centri storici gonfi di pensionati e di percettori di redditi pubblici, a sinistra, mentre le campagne e le periferie, dove si gioca la partita fra le dinamiche globalizzanti e le forze tecnologiche che protestano buttandosi a destra. Il buco nero che sbilancia la partita è l’assenza di un protagonismo politico ed elettorale di una vasta area di attività e professioni digitali che si assenta dalla scena elettorale. In quello scacchiere di nuove forze c’è l’unica risorsa che potrebbe ridare spazio a una sinistra del XXI° secolo, dove la forma partito sia sensibile alle ambizioni di partecipazione deliberativa a cui sono abituati oggi i millenials. 

In sostanza ci troviamo con una destra al governo e un cantiere aperto su stato e partiti da ridisegnare. Senza una sinistra che possa incidere. La situazione è davvero confusa, e a differenza di quanto sosteneva il presidente Mao la prospettiva non appare per niente positiva.

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