- Viene aggiornata la disciplina delle fondazioni lirico-sinfoniche, che godranno di un fondo specifico governato da nuovi criteri di erogazione dei contributi statali, parametrati in base alle risorse ricevute da privati, Regioni e Enti Locali e alle capacità gestionali dimostrate.
Sinteticamente, in attesa di leggere nel dettaglio la nuova disciplina generale, e per le Fondazioni liriche, in base a quali criteri verrà assegnata la ripartizione del fondo 'speciale' FUS , dà intanto da pensare il criterio principale. Chi si saprà procurare fondi altrove, da altri enti oltre che dai privati, ed avrà dimostrato proprie capacità gestionali, sarà premiato anche dal FUS statale.
Intanto la quota del FUS destinata alle Fondazioni liriche diventa un 'fondo specifico', finora valutato intorno al 50% circa del FUS, per la semplice ragione che le Fondazioni liriche, se si vogliono far esistere, devono necessariamente avere almeno orchestra e coro, oltre a tecnici ed impiegati, il che li pone in una situazione molto diversa da tutti gli altri enti finanziati dal FUS. Inutile perciò prendersela con le 'Fondazioni liriche che si mangiano buona parte del FUS', anche perchè le idee balzane paventate da alcuni, anche dallo stesso ex direttore generale dello spettacolo, Nastasi - che, in un convegno non molto lontano, a Firenze, espose la sua idea pazza di trasformare le Fondazioni liriche in istituzioni non più produttive - come anche dal geniale sovrintendente attuale dell'Opera di Roma, Carlo Fuortes, quando si mise in testa che per risolvere la crisi del teatro della Capitale, occorreva ESTERNALIZZARE ORCHESTRA E CORO, sarebbero una catastrofe procurata proprio da chi dovrebbe avere a cuore le sorti delle nostre Fondazioni liriche.
Ad ora non si riesce a capire che si fa con quelle Fondazioni che non riescono a procurarsi consistenti entrate proprie, oltre quelle delle istituzioni del territorio, da sommare a quelle statali. Perchè non bisogna dimenticare che non tutte le Fondazioni liriche hanno lo stesso appeal della Scala, ad esempio, o di Santa Cecilia - le quali comunque appartengono , sole solette, ad un comparto a parte, esterno al FUS, avendo ricevuto dallo Stato la cosiddetta 'autonomia'.
Insomma se, mettiamo, una Fondazione è ben amministrata, e con i fondi che riceve dalle istituzioni locali e dallo Stato riesce ad avere i conti in ordine, ed a proporre una programmazione che richiama pubblico, che fa lo Stato? La punisce? Consigliando indirettamente alle istituzioni locali di diminuire i loro finanziamenti, ad imitazione dello Stato che i finanziamenti non glieli aumenta?
Le incognite ci sembrano ancora molte, e per scioglierle attendiamo di leggere nel dettaglio la legge. Ma sappiamo fin d'ora che le Fondazioni liriche che beneficiano già dell'Art Bonus non hanno trovato sufficienti benefattori amanti del melodramma disposti ad affiancare lo Stato nel tenere in vita dette Istituzioni; sappiamo anche che la gran parte di esse ha fatto ricorso alla cosiddetta 'Legge Bray' per chiudere il conto con un passato in rosso per i conti; e sappiamo anche, notizia fresca fresca, fonte Federculture, che i concerti classici e le rappresentazioni liriche solo gli unici settori dello spettacolo dal vivo che nella passata stagione hanno registrato un calo notevole: - 15%, riguardante ovviamente il pubblico e relativi introiti da botteghino. E, da tempo, sappiamo anche che il giorno del giudizio per dette fondazioni sarà il 31 dicembre del 2018: chi ha i bilanci in ordine resta, chi no, esce dal club. Ma non sappiamo ancora dove finirà, che farà, se potrà rientrare, a quale condizioni? Insomma sappiamo che il Ministero sta montando una sorta di 'porta girevole' per il melodramma italiano, senza dirci perciò dove immette e quando si ferma, dove si ferma.
Gli unici a gioire sono i protagonisti della cosiddetta musica popolare - dove anche l'interpretazione dell'aggettivo genera equivoci - cui viene riconosciuta dignità artistica ed è quindi ammessa al finanziamento pubblico. Il quale registra un massiccio ( !) aumento, dopo le decurtazioni catastrofiche degli ultimi anni: il FUS aumenta di una decina di milioni di Euro nei prossimi due anni, e di una ventina fra tre, quando arriverà alla stratosferica cifra di 350 milioni di Euro, che si avvicina a quanto alcuni Stati europei danno al proprio teatro d'opera nazionale, insomma all'equivalente della nostra Scala, che di fondi statali ne riceve molti meno.
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