Lo Sferisterio di Macerata, dove s'è fatto le ossa il giovane Claudio Orazi ( sovrintendente e direttore artistico, così dice il suo curriculum, ma con quali competenze nella direzione artistica non lo spiega) dal 1992 al 2002), è un trampolino di lancio per sovrintendenti. Eccezion fatta per due casi: per Pizzi, che non deve essere lanciato da nessuna altra parte, facendo meglio il lavoro per il quale è noto, e per Katia Ricciarelli che ora s'è ridotta a fare la giurata nei programmi della 'Maria nazionale' ed a a cantare per qualche matrimonio; mentre sembra far bene nel ruolo di attrice, sebbene nuovissimo per lei.
E' stato così per Orazi, e sarà certamente così anche per Micheli, il regista, che con qualche escamotage - come quello di dedicare tutta una stagione estiva alle donne, facendole salire perfino in palcoscenico, ad esempio per Traviata e Tosca - fa parlare di sé, richiama la critica (che, detto sottovoce, sbarca a Macerata, presenta un'opera, prende il suo gettone di presenza, e poi di corsa al computer a tessere le lodi del sovrintendente) ed intanto le sue azioni salgono in un paese di ciechi, lui che di occhi ne ha tre - il terzo è quello lungo che gli fa organizzare il futuro - e gli incarichi fioccano. Anche Micheli, negli ultimi mesi, è stato dato per candidato a molte sovrintendenze.
Lo Sferisterio somiglia all'Accademia Filarmonica Romana, trampolino di lancio per sovrintendenze in teatri del nord, di alcuni aitanti e noti massoncelli.
Per tornare a Orazi, dopo Macerata, egli vola all'Arena: gli spazi all'aperto si somigliano - hanno pensato gli acuti governanti veronesi - e chi più di lui li conosce, lui che per dieci anni s'è fatto ogni volta centinaia di vasche dell'oblungo Sferisterio? Perciò facciamolo venire qui. E Orazi, prende baracca e burattini e si trasferisce a Verona, dove resta per un settennato circa. A Verona si fa suggeritore di un progetto avveniristico: ricoprire l'Arena; e, a Roma, nella sede della Stampa estera, arriva a mostrare ai giornalisti il modellino della copertura (zona palcoscenico; certamente folle, ma non quanto quello di voler coprire l'intera arena per non perdere le entrate nella serate di pioggia. Chissà che la copertura generale non avrebbe costituito la seconda tappa della copertura parziale minacciata e mai attuata, nelle intenzioni di Orazi; mentre ora di quell'insano progetto torna a parlare quell'aquila veronese di Tosi, il sindaco).
Sette anni dopo. Orazi lascia o gli fanno lasciare - non ricordiamo. Ricordiamo solo che anche a Verona andò in scena il solito copione: grosso buco di bilancio e, perciò, addio Orazi.
Un paio d'anni a spasso, ma consulente del Ministero degli esteri per i grandi festivals internazionali che Orazi ha naturalmente frequentato, ma non creato - dio sa se ce n'è bisogno di altri in Italia e nel mondo, dove sono già tanti ! ma di un consulente invece sì, non si sa mai - come era specificato nell'incarico agli Esteri; e poi chiamato come commissario al disastrato Teatro Verdi di Trieste. Evidentemente, al Ministero pensano che chi ha lasciato e creato buchi di bilancio sappia anche come risanarli i buchi di bilancio e perciò si toglie da un teatro dove ha procurato guai e si spedisce a risanare i guai che altri hanno creato altrove.
Dopo neppure due anni da commissario viene nominato sovrintendente, sempre al Verdi di Trieste, dove si trasferisce con la famiglia, contando di restarci per un quinquennio circa. Sennonché quando ai Consigli di amministrazione subentrano i Consigli di indirizzo - chi non comprende la differenza, non potrà mai apprezzare la rivoluzione copernicana introdotta da 'mezzodisastro' Franceschini e 'grande&grosso' Nastasi - si dimette. Una pura formalità - come gli hanno fatto credere - mentre alle sue spalle trama il sindaco di Trieste, Consolino pare si chiami, che sceglie come nuovo sovrintendente Pace. E Orazi, non potendo far nulla, si deve dare pace. Ironia della sorte, ma è così.
Daranno la colpa di tale avvicendamento alla scarsa efficienza del marketing e della comunicazione del teatro triestino, alla dott.ssa Cavalieri, da un trentennio al teatro, e che ora, da quel che si legge sul sito ufficiale del Verdi, hanno mandato a casa; o forse è andata in pensione, meritata.
Ma Orazi diceva mesi fa, dopo l'uscita d Trieste, che gli avevano promesso Napoli, cioè il San Carlo, dove invece la Purchia, tenuta in piedi da Nastasi resiste, e miete un successo dopo l'altro, come il ritorno del grande ( grande di che? ) Daniel Oren - secondo i proclami che quotidianamente giungono dal teatro.
Ora nel disastratissimo Teatro Lirico di Cagliari sbarca Orazi, dopo un periodo travagliato - perciò disastratissimo - che ha visto avvicendarsi, con alterne fortune, più numerose quelle negative: Crivellenti, poi Meli, poi Spocci ed ora Orazi.
Orazi avrà da lavorare giorno e notte a Cagliari, per dare un pò di pace ed anche una lucidatina al teatro; anche lì dovrà dare una sistemata ai conti che certamente brillano, ma di rosso.
Perchè quel teatro se un periodo luccicante ha avuto senz'altro è stato quello del 'primo' regno Meli, il sovrintendente di manica e borsa larga - lui ha minacciato denuncia contro chi gli addebita, come noi abbiamo fatto tante volte, buchi nel bilancio - distintosi per aver dato una mano al povero agente monegasco della 'Old and New Montecarlo', Valentin Proczinski che di soldi dal Lirico di Cagliari troppi ne ha 'presi' - diciamo così - per portarvi le vedettes che poi ripartivano con le tasche piene, da svuotare nel Principato. Anche queste sono calunnie, caro Meli, che, anche nell'ultimo suo passaggio dal Lirico, prima della Spocci, per una messinscena della Turandot, se non andiamo errati, si è letto che abbia speso una cifra spropositata, fuori di ogni grazia di dio?
Meli, purtroppo è stato scavalcato prima dalla Spocci ed ora da Orazi, e nulla potrà per tornare in corsa, mancandogli la protezione e spinta dell'ex sottosegretaria Barracciu, ed avendo ieri, come oggi e sempre, contro il sindaco di Cagliari.
Non ci resta perciò che augurare ad Orazi buon lavoro e lunga permanenza fra i Sardazi, per riportare un teatro della provincia isolana agli antichi splendori, per anni finti, ma che nulla gli impedisce di trasformare, d'ora in avanti, in splendori veri.
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