Ieri sera, abbiamo visto in tv, finalmente, un programma ben fatto e con una doppia logica di collocazione: sia nel palinsesto che temporale, alla vigilia cioè dell'inaugurazione della stagione che ha luogo, come si sa, il giorno 7 dicembre, festa di sant'Ambrogio. Chi segue le vicende della musica in Italia e soprattutto ama la musica e desidera approfondirne sempre più il significato e gli esiti, ieri sera avrà gioito vedendo su RAI 5, il programma 'Giovanna d'Arco all'Opera' , nel corso del quale da Franco Cardini, storico, ai registi ( già, sono due e con loro lavora sempre e dovunque una squadra ben affiatata: costumista, scenografo, luci, coreografo) ci hanno spiegato chi era la famosa eroina, nella visione storica, in quella verdiana ed anche nella registica, preparandoci a seguire sempre sulla stessa rete RAI, la prima del prossimo lunedì. Insomma una specie di 'Prima della Prima', la storica ma inutile trasmissione della Bronzetti, in onda su RAI TRE dalla creazione del mondo, senza mai domandarsi se la messa in onda di una puntata quando l'opera che illustra è andata in scena da mesi, abbia un minimo di senso. Ma Vianello, il direttore della rete, non si è mai posto simili domande, altrimenti non avrebbe fatto tante figuracce, e non continuerebbe a comandare forte della sola rendita delle trasmissioni che ha ereditato, tutte ben collaudate, molte delle quali - quelle di servizio e 'di dolore' - recano ancora la firma di Angelo Guglielmi, ormai ingiallita o del tutto sbiadita dal tempo.
Abbiamo visitato anche l'immenso laboratorio dove nasce, per le scene ed i costumi, un'opera, e seguito le prove di Riccardo Chailly (in verità le prove della sola orchestra e, se non andiamo errati, i pochi minuti, erano sempre gli stessi ripetuti - ma forse il sonno ci ha giocato un brutto tiro e non abbiamo seguito con la dovuta attenzione. Chiediamo scusa!) e l'introduzione che lo scorso 29 novembre egli ha fatto, precedendo la prova aperta agli studenti delle università milanesi alla Scala, che non ci hanno mostrato neanche per un minuto secondo, mentre avrebbero potuto farlo senza nulla togliere all'evento della prima di lunedì. Comunque, stando alla trasmissione di cui scriviamo, RAI 5 s'è rivelata una rete per specialisti od amatori.
La RAI, che non è l'emittente parrocchiale di un paese sgarrupato, potrebbe, anzi dovrebbe, segnarsi sul calendario alcuni importanti avvenimenti musicali e illustrarli con la stessa tempistica e qualità. Perchè, invece, solo la Scala, che è l'unico teatro con il quale la RAI ha un contratto da anni, sempre rinnovato e mai mutato, per la registrazione di due o tre titoli d'opera opera e qualche concerto?
Tutto bene quel che finisce bene, dunque, anche se bene non comincia? No, perchè la serata era cominciata maluccio con una puntata di Petruska, ideata e condotta ancora da Michele dall'Ongaro che da quasi un anno ormai è sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia e che continua a fare contemporaneamente il mestiere precedente in RAI, senza il quale non sarebbe mai arrivato dove è ora, ma sarebbe rimasto un 'compositoretto' - direbbe con il colorito suo eloquio, il governatore campano De Luca.
RAI5, diretta da Pasquale D'Alessandro, e RAI Cultura, la struttura affidata alla Calandrelli, in tutta Italia non sono riusciti ancora, nel giro di un anno, a trovare un sostituto di Michele dall'Ongaro. Che sarà mai? Oltre tutto il programma che ha seguito il suo Petruska era mille volte meglio del suo che non lo dimentichiamo, fa su per giù intorno ai 20.000 -25.000 telespettatori di media - allo stadio ce ne vanno il doppio se non il triplo!- perciò cambiarlo radicalmente o cancellarlo dal palinsesto dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
Ma ci sono anche una ragioni di opportunità e di stile, per le quali dall'Ongaro non dimostra un briciolo di sensibilità. Il Sovrintendente della istituzione romana fra le più antiche e gloriose, può fare a giorni ed ore alterne l'intervistatore tv ed il capo istituzione? E che farebbe quando dovesse parlare anche della Accademia che dirige? Comunque la si consideri la sua posizione è equivoca ed andrebbe risolta, costringendolo, visto che non lo fa lui in prima persona, a togliere il piede da una delle due scarpe. Dall'Ongaro non lo farà mai, perchè teme - e teme giustamente - che, mollato prima il potere esagerato che aveva in RAI come responsabile della musica, per salire al vertice dell'Accademia, e poi oscurato sugli schermi televisivi, la sua faccia non la riconosca più nessuno, e, quando lascerà l'Accademia, nessuno più la ricordi.
Santa Cecilia è Antonio Pappano e non dall'Ongaro o Cagli, per quanti sforzi sia dall'Ongaro che il suo padre putativo, Cagli, abbiano fatto nel tempo per dare un segno della loro esistenza di organizzatori musicali.
Dati Auditel di ieri: Petruska, 0,22 di share con 62.000 telespettatori ( in crescita per l'ora e la durata); 'Giovanna d'Arco al'opera': 0,28 di share e 41.000 telespettatori - penalizzata dall'ora e dalla lunga durata che , nelle reti generaliste gioca sempre a favore di una trasmissione.. Dunque, si dovrebbe dedurre che con RAI 5 non si sintonizzano gli amatori i quali non si fanno spaventare dall'ora e dalla durata? Ma allora che rete è RAI 5? Naturalmente parliamo sempre di share ininfluenti.
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