Ad irritare Leiser, a sua volta, nella preparazione della Giovanna d'Arco alla Scala deve essere stata anche la presenza costante, non muta, di Gabriella, moglie di Chailly. Se il giorno si vede dal mattino, gli scaligeri debbono attendersi una altra decina d'anni di direttore musicale con direttrice consorte al seguito, come ai tempi di Riccardo Muti? Di Muti e di sua moglie Cristina si è saputo soltanto ora, alla fine del rapporto di amicizia fra il noto direttore ed il critico Isotta. La signora Cristina interveniva su tutto, ha accusato il critico. Troppo. Voleva mettere bocca anche sulla scelta dei cantanti, ha insistito Isotta, e i cast della Scala, nelle opere affidate a Muti, non sono mai stati irreprensibili.
Saperlo alla fine di una gestione non giova. Queste cose vanno dette quando ancora si ha il tempo per intervenire e porvi rimedio, ammesso che sia possibile. Diversamente non servono.
Nel caso di Berio, se ricordiamo bene, qualcosa venne fuori, quando il noto musicista preparava un' opera a Firenze ed un'altra a Salisburgo - non chiedeteci i titoli, a quest'ora non ci vengono. In ambedue quei casi, la signora Berio figurava come 'autrice della drammaturgia', e in ambedue i casi le cose non filarono lisce: ci furono liti furibonde fra dirigenza dei rispettivi teatri ed il musicista, il quale mai se la prese con la consorte, la cui presenza in quelle lavorazioni era la vera causa dei problemi, a detta di molti. Berio accusò quei dirigenti di non avergli concesso un numero di prove sufficienti. Ma i dirigenti - a Salisburgo lo fece Mortier attraverso i giornali - replicarono che per nessun'altra opera era stato concesso lo stesso numero di prove, dunque Berio non aveva ragione per lamentarsi, semmai doveva andare a cercare la vera causa di tali disguidi ed eliminarla. Ma tale causa, sebbene l'avesse a portata di mano, non poteva eliminarla. All'epoca ne scrivemmo su 'Suono' - mensile di musica ed alta fedeltà ; ma le accuse dell'allora responsabile di Salisburgo si lessero anche su quotidiani nazionali.
Che le mogli vogliano sempre mettere bocca negli affari dei propri mariti è storia vecchia, ed è anche storia vecchia che, nella maggioranza dei casi, degli affari dei mariti s'intendano poco, il che dovrebbe convincerle a star zitte, se non lo fanno i mariti che, specie se freschi di matrimonio o di relazione, vivono nell'idillio che li rende ciechi e, nel caso specifico, anche sordi - visto che di musica si tratta.
La situazione non cambia con l'avvicendarsi delle generazioni. A noi sembra, infatti, che anche nel caso di Dudamel, la sua giovane moglie, si dia molto da fare. Eppure ce la ricordiamo, ai primi incontri, gentile, carina, sempre al suo posto. Da compagna del giovane direttore, ha vestito i panni della manager, e finirà come in tutti gli altri casi.
La situazione era molto diversa nel caso di Stockhausen, il quale di mogli ne ha avute sempre più di una, due o tre contemporaneamente, e perciò, dovendo tener nascoste tutte le sue numerose relazioni, nessuna di esse si faceva notare in pubblico. Ma forse le istruzioni gliele davano in privato.
Del peso esercitato dalla giovane fascinosa moglie (compagna?) di Pereira su di lui, non abbiamo notizia. Per ora.
Mentre nei rari casi in cui non ci sono mogli od amanti o compagne ufficiali, tale ruolo viene assunto da figli troppo intraprendenti. Come nel caso di Abbado, a fianco del quale, la figlia Alessandra, ha fatto tutto, e non solo negli anni della malattia del direttore.
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