Da Salisburgo, dove c'è stato un autentico trionfo di Muti 'sulle note di Verdi'- come titolava 'La repubblica' con formula azzeccatissima sulla romana, dove ha trovato lo spazio per parlare del successo del Nabucco, con i complessi dell'Opera di Roma - arriva il commento 'amaro ' del celebre direttore all'indomani della nomina di Abbado a senatore a vita. Napolitano, con il quale lui intrattiene un rapporto di grande confidenza ha nominato Abbado e non lui, per semplici ed ovvie ragioni anagrafiche, ma questo Muti lo comprende chiaramente e giustifica il Presidente. Ovvio che a questa nomina non fa alcun cenno. Apertamente, invece, se la prende con le autorità nazionali e cittadine che non si sono fatte vive con chi porta fuori dei confini nazionali le eccellenze del nostro paese e della capitale.
Sorprendono, e non poco, tali lamentale sull'assenza dei rappresentanti delle istituzioni,; al punto che verrebbe da domandargli perchè non le fece quando , ad esempio, il notissimo Mollicone avversò, per squallide ragioni di correnti all'interno della destra romana, la sua nomina all'Opera di Roma. Allora non disse nulla, quando avrebbe invece dovuto mandare all'aria tutto. Non poteva farlo, e per molte ragioni? Forse sì. Innanzitutto perchè - la cosa è ormai abbastanza chiara - dopo aver promesso agli ambasciatori Vespa-Alemanno , andati da lui in pellegrinaggio proprio a Salisburgo - la sua disponibilità a diventare 'direttore musicale' dell'Opera di Roma, s'era tirato indietro. Forse perchè ci fu un patto segreto fra lui e Alemanno, testimone Vespa, sulla sua permanenza a Roma, ma senza un incarico simile a quello che aveva alla Scala e che lui, inizialmente, aveva promesso. Non si è lamentato mai con Alemanno, almeno non lo ha fatto con la voce grossa che sappiamo egli ha, nella diatriba Alemanno-Ernani sui bilanci dell'Opera, quando era a tutti chiaro che Alemanno voleva, senza sentire ragione, mandare a casa Ernani, colpevole anche di aver criticato pubblicamente il ministro di allora (Bondi) e più ancora il suo direttore generale Nastasi, strenuo sostenitore di Muti nella stanze del Collegio romano, per il generoso, ma giusto e sacrosanto, sostegno del Ministero, via Arcus, alla sua Orchestra Cherubini e al festival di sua moglie Cristina. Muti allora si lamentò, ma avrebbe potuto lamentarsi di più.
Dell'assenza degli amministratori locali e nazionali dalla vita musicale, e della loro totale estraneità a tale ambiente, Muti dovrebbe sapere; non è pecca esclusiva degli attuali amministratori - aspettiamo un pò per giudicare Marino che si è appena insediato - o del Ministro, occupatissimo, e che, contrariamente alle aspettative, pare si stia muovendo abbastanza bene. Anche Alemanno non ha mai frequentato assiduamente il suo teatro; l'ha fatto quando c'era il Presidente della Repubblica o magari dirigeva Muti - ma non sappiamo se era presente tutte le volte. Come poi riempiva il palco 'reale' meglio tacere. Noi lo ricordiamo fuggire - dopo esser arrivato in ritardo - dalle conferenze stampa di presentazione della stagione all'Opera. Eppure non gli mancava una vena 'artistica', a giudicare dal fatto che più d'una volta s'era speso con i vertici della RAI, a favore della grande attrice Eleonora Daniele.
Vogliamo parlare dei ministri che hanno preceduto Bray? Meglio stendere un velo pietosissimo su Bondi, Galan, Ornaghi, gli ultimi due passati dal Collegio romano senza lasciare considerevole traccia, se non quella,vergognosa, della nomina di quel ladrone che ha depauperato la Biblioteca dei Girolaimni a Napoli. Se poi vogliamo salire ancora più su, nella scala gerarchica del governo nazionale, ha mai visto il maestro Muti il presidente Berlusconi mettere piede in teatro? O una volta che sia una, entrare all'Auditorium di Roma, dal giorno della sua inaugurazione, or sono dieci anni?
Perciò il maestro Muti non se ne lamenti solo ora; lui conosce bene da sempre quest'Italia, matrigna della musica e della cultura. Se.invece, ha deciso da oggi in avanti, di non tacere più, noi saremo il suo megafono.
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