La notizia fa il giro del mondo in poco tempo in questo strano agosto 2013: lo storico marchio di pianoforti Steinway (New York-Amburgo) fondato nella prima metà dell'Ottocento da un certo Steinweg ( americanizzato poi in Steinway) è stato acquistato dal finanziare, ' re degli hedge found', John Paulson, per 503 milioni di dollari. Ha un animo gentile, un cuore tanto sensibile, colui che ha fatto la fortuna all'epoca dei grandi scandali finanziari che hanno messo sul lastrico nazioni intere, per comprarsi la storica casa costruttrice di pianoforti che rappresenta ancora oggi il 'suono' dell'Europa musicale? No, ha voluto fare un affare, perché quel marchio s'è ripreso molto presto dalla crisi degli anni passati ed è tornato a guadagnare. Allora perché è stato messo in vendita? semplicemente perchè arriva un momento in cui anche un grande marchio per rispondere alle sfide del mercato globale ha bisogno di fare un salto di qualità, per il quale ha bisogno di soldi che, evidentemente, non ha; ed allora si offre a compratori danarosi, poco importa se hanno distrutto intere nazioni per fra soldi. I soldi si sa, purtroppo non hanno odore o hanno lo stesso odore quale che sia la provenienza.
La storia della famosa casa costruttrice sarebbe stato interessante leggere, perchè è segnata da numerosi brevetti che hanno reso nel tempo, ogni strumento uscito dalle sue fabbriche il re dei pianoforti. ( Quella storia la facemmo raccontare da uno che se ne intende, tanti anni fa, per Piano Time: Piero Rattalino). Adesso dobbiamo accontentarci, anzi indignarci per le sciocchezze che abbiamo letto su giornali illustri . Innanzitutto non ci vuole un anno per costruire un pianoforte, altrimenti Paulson non l'avrebbe comprato, non trattandosi di un affare. E poi, cosa poteva interessare a John Lennon del pianoforte Steinway: per lui uno strumento qualunque bastava, anche per scrivere 'Imagine'. Certo giunto alla notorietà che sappiamo e ricco sfondato, è chiaro che lui voleva suonare su uno Steinway. Modestamente, possiamo rassicurare chiunque che anche un modestissimo pianoforte verticale coreano avrebbe avuto per lui lo stesso risultato. Analogo ragionamento ci viene da fare leggendo una breve intervista al musicista Gualazzi, autore di canzoni, ma non pianista di professione. Certo se i pianoforti Steinway dovessero cambiare, Pollini, Ashkenazy potrebbero risentirsi oggi, come in passato avrebbero potuto fare Rusbinstein, Rachmaninov - certamente non Gould, per quanto avesse un senso del colore spiccato - ed altri grandi P-I-A-N-I-S-T-I, primo fra tutti Benedetti Michelangeli con la cura maniacale del suono che esigeva. La gran parte di quelli interpellati dagli ignoranti giornalai, senza nulla togliere alle loro professionalità di musicisti, neppure se ne accorgerebbero. Senza dire che, nel caso dovesse accadere, ci si può rivolgere al marchio italiano in grandissima ascesa, FAZIOLI.
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