Senonché, per quest'ultima categoria, da tempo si facevano non uno ma due nomi, due nomi notissimi: Abbado e Muti. E, in favore di Muti, in una delle ultime recite di 'Nabucco' all'Opera di Roma, al momento del celebre 'Va pensiero', erano stati fatti piovere dal loggione e dai palchi più alti, volantini con la scritta 'Riccardo Muti senatore a vita'. Il dilemma di chi nominare dei due è stato il vero problema di Napolitano per queste nomine. Egli è legato forse da più tempo ad Abbado, anche per affinità ideologica; a Muti lo lega la comune origine napoletana ( anche se il direttore è molfettese, pugliese dunque, d'origine) e una grande simpatia, che ha radici nella comune 'napoletanità', tante volte di recente manifestata. Se li avesse nominati ambedue avremmo avuto anche al Senato la diatriba su chi dei due è meglio - come senatore, s'intende- perchè per la rispettiva carriera di direttore gli estimatori dell'uno non hanno nessun punto di contatto e condivisione con quelli dell'altro. O forse il Senato non avrebbe riattizzato le polemiche perchè nessuno dei due si sarebbe distinto per quantità e qualità di presenze? Per quantità perchè ancora impegnatissimi nella professione; per qualità perchè del loro comune settore di appartenenza in questo paese e nelle aule parlamentari, ben poco si parla.
Napolitano ha fatto semplicemente e saggiamente una scelta anagrafica. Se avesse scelto Muti, qualcuno avrebbe potuto risentirsi. Abbado, che festeggia ottant'anni, se non altro per ragioni anagrafiche, ha cinque punti in più di Muti, per il quale c'è ancora tempo, alla prossima tornata di nomine a vita. Oltre tutto lui è già direttore 'a vita' seppure 'onorario' dell'Opera di Roma.
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