Perchè noi , proprio noi, difensori, ma non d'ufficio, del direttore d'orchestra stabile di Santa Cecilia, nel momento in cui con la Passione secondo Giovanni di Bach, conclude il suo trittico bachiano , dopo la Passione secondo Matteo e la Messa in si minore delle passate stagioni? Perchè proprio noi che, dopo averlo biografato, esattamente dieci anni fa, ci siamo da lui allontanati, per necessità contingenti?
Perchè leggendo ciò che ci capita di leggere di lui, abbiamo fatto un salto 'di indignazione' dalla poltrona.
Il Corriere di oggi, a firma Enrico Girardi che, come tanti altri è stato in questi anni un cantore puntuale e indefesso delle sue gesta, ci propone la recensione appunto della Passione secondo Giovanni di Bach da lui diretta la passata settimana, con il titolo :" La rara bellezza della Passione secondo Giovanni". Dal quale titolo, anche il lettore più distratto dovrebbe essere messo sull'avviso che l'illustre recensore abbia ad esaltare nel suo compitino settimanale la lettura che ne ha dato Pappano. E invece no. Gira alla larga ma poi gli dà il colpo di grazia. Insomma quella 'bellezza' che il lettore sprovveduto avrebbe attribuito, stante il titolo, alla lettura di Pappano è stata proprio da Pappano 'sacrificata'.
A firma Enrico Girardi, del quale andrebbe letto in sinossi quel che scriveva, nelle passate stagioni, per i primi due pannelli bachiani del trittico a cura di Pappano, per capire se ha cambiato radicalmente idea o no ( a noi sembra di sì), non ricordiamo di aver letto qualcosa di simile a ciò che ha scritto ora sulla Passione secondo Giovanni. Pappano nulla ha cambiato, di recente, nel suo approccio stilistico a Bach; ha dovuto scegliere una via di mezzo fra le letture del passato (romantiche, anche per le orchestrone) e quelle presenti ( cosiddette filologiche, smilze, frettolose, con organici ridotti in nome di una recuperata agogica più aderente a i tempi, ma sempre con strumenti 'originali': il grande equivoco dei nostri tempi!). Nulla ha cambiato, nè poteva cambiare, una volta accettato che l'orchestra è la sua, e lo stile di canto è quello che è e non potrebbe essere altro, e del quale tutti danno atto a Pappano di conoscerlo e coltivarlo.
E allora perchè rimproverare ora a Pappano di non aver risolto il rebus della filologia?
Noi, tanto per far sapere (se interessa) come la pensiamo, confessiamo che, pur apprezzando le conquiste della moderna filologia esecutiva, e premesso che a noi, in qualunque modo lo si faccia Bach piace sempre, nel paragone fra uno qualunque degli interprete cosiddetti 'filologici' che oggi vanno per la maggiore, della Messa in si minore, e Carlo Maria Giulini, del quale abbiamo ancora nelle orecchie una delle sue ultime registrazioni, non esitiamo a preferire quella di Giulini. Rapinosa, profonda, meditativa pur con con una orchestrona e fottendosene della cosiddetta filologia esecutiva.
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