Un dubbio ci ha assaliti alla lettura di una dichiarazione del protagonista di una serie televisiva che va forte in America: Genius, dedicata allo scienziato più grande del secolo scorso, forse uno dei più grandi di tutti i tempi: Albert Einstein. Lo interpreta Geoffrey Rush, premiato con l'Oscar per una sua precedente interpretazione, nel film Shine, quella del pianista pazzo (disturbato, meglio, finito in manicomio) David Helfgot - che disgraziatamente avemmo l'opportunità di conoscere ed ascoltare in carne ed ossa, nel corso dei Concerti Italcable, organizzati da Stefano Mazzonis, del quale in questi ultimi giorni abbiamo scritto ormai troppe volte.
Geoffrey Rush, intervistato dal Corriere, ha ricordato che Einstein "sapeva suonare benissimo il violino". E, più avanti, che proprio con un concerto di violino festeggiò con amici l'assegnazione del Nobel nel 1921, quando aveva poco più di cinquant'anni.
Il dubbio riguardava proprio l'Einstein violinista. Perchè dubitare della sua bravura? Una ragione c'era e ci è affiorata subito nella memoria. Ve la raccontiamo anche perché ancora non ci siamo decisi sulla bravura o meno del grande scienziato nel suonare il violino. La testimonianza contraria a quella di Rush ci viene da un libro discutibilissimo, dal titolo Genii - dunque lo stesso della serie televisiva americana - scritto molti anni fa da Franco Mannino.
Mannino racconta in quel libro dei genii che ha avuto l'opportunità di conoscere nel corso della sua vita di musicista; meglio : dei genii che, nel corso della sua lunga carriera di musicista, lo hanno voluto conoscere. Perché fu questa l'impressione che avemmo leggendo quel libro. che avrebbe dovuto accreditarlo genio fra genii. E, del resto, chi conosceva Mannino sapeva bene quanto egli soleva porsi sempre al centro dell'attenzione.
Per farla breve, rimandando un succulento capitolo su Mannino ad altra occasione, in quel libro egli racconta che incontrò a New York, durante la seconda guerra mondiale, il celebre scienziato che aveva più di sessant'anni, mentre il giovane pianista poco più di venti. Mannino precisa che Einstein volle incontrarlo; intermediario un comune conoscente, altro genio che si muoveva fra genii.
Poi capi la ragione di tale interesse. Einstein sapeva del giovane talentuoso pianista italiano e volle incontrarlo per suonare con lui ( il racconto dettagliato lo si potrà leggere nel post successivo che abbiamo ricavato da una dichiarazione di molti anni fa di Mannino al quotidiano La repubblica; nella nostra biblioteca personale non siamo riusciti in queste ore a trovare il volume di Mannino )
Lo scienziato si presentò con le parti ( violino, pianoforte) della celebre Primavera, op.24, una delle più note sonate di Beethoven per violino e pianoforte. Cominciano a suonare; quasi subito Mannino s'interrompe e con l'ardire e la sfrontatezza del giovane musicista dice allo scienziato: "ora ho trovato la ragione della sua scoperta della teoria della relatività". Il resto ve lo lasciamo intendere. Einstein non suonava bene e Mannino lo richiamava all'ordine, facendogli notare che suonando e per giunta insieme non esisteva relatività, ma precisione e fedeltà al dettato musicale ecc... ecc...
A ben riflettere potrebbe anche darsi che da giovane Einstein il violino lo suonasse meglio e forse anche bene, mentre con la vecchiaia non più; ma non può essere che andasse per conto suo, come se ciò che Beethoven aveva scritto non era esatto ma 'relativo' - secondo l'ironico Mannino.
Ora il dubbio resta. Ma, siccome Mannino non ci sente anche se potrebbe da dove sta ora, nell'aldilà, noi siamo più propensi a non credergli sulle capacità violinistiche di Einstein, anche se, dobbiamo d'altra parte ammettere che chi non sa cosa sia uno strumento, facilmente possa dire come uno lo suona: bene o benissimo. Ma quel concerto dato nel 1921, in occasione del suo Nobel ci fa pensare che egli non amasse esporsi al ridicolo seppure dei suoi amici e conoscenti, suonando uno strumento che non sapeva suonare. Dunque ha forse ragione Rush.
Nessun commento:
Posta un commento