Pochi giorni fa, a proposito della sottolineatura che da almeno trent'anni fanno quasi tutti i giornalisti che non sanno che dire, e cioè del silenzio di Sokolov - il pianista muto, che non concede interviste - abbiamo accennato anche ad altri che forse sul silenzio, anche sul silenzio, hanno costruito la loro fama, senza naturalmente nulla togliere alla loro qualità di artisti. Accennavamo anche ad artisti che anche con la sparizione quasi totale, in alcuni casi per ragioni non futili, hanno accresciuto l'alone intorno al loro mito - e facevamo il caso sia di Horowitz che di Benedetti Michelangeli; e di Radu Lupu prima maniera, ma che comunque è rimasto abbastanza silenzioso, ma non più come prima.
Poi accennavamo anche al caso di Pollini che un tempo era abbastanza restio alle interviste, tranne quando la richiesta veniva da critici amici dei giornali milanesi (del Corriere, per essere precisi o dell''Unità), e che ora , invece, parla spesso. E noi staremmo a sentirlo se...
Malignamente osservavamo che se l'intervista veniva richiesta - imposta - dalla casa discografica, allora anche i più renitenti abbassavano la testa ed acconsentivano. "I soldi son soldi e con i soldi non si scherza": un ragionamento semplice semplice che le case discografiche facevano ai loro pupilli decisi a non uscire dalla torre d'avorio nella quale s'erano rinchiusi, alla viglia di un importante lancio discografico - quando l'uscita di un nuovo disco dei più famosi pianisti/direttori/cantanti era un avvenimento, ora non più.
Se possiamo esprimere una opinione, noi preferiamo quelli che parlano poco e che parlano solo quando hanno qualcosa che val la pena dire e, per noi, leggere. Se all'ennesima intervista si dicono sempre le stesse cose, a che servono?
Proprio questa impressione ci ha fatto - dispiace dirlo - il celebre pianista per il quale noi nutriamo una ammirazione senza limiti, cioè Pollini, che ha concesso all'Espresso, a Riccardo Lenzi, che è diventato una specie di ufficio stampa delle case discografiche, una nuova intervista. L'occasione non era il bisogno di dire qualcosa di nuovo, semplicemente l'annuncio di una nuova uscita discografica dedicata a Chopin, ad alcune sue ultime opere.
Maestro, lei ha conosciuto molti grandi pianisti: cosa può dirci di loro? Ad esempio di Horowitz, Rubinstein, Arrau, Benedetti Michelangeli, Serkin. Quelli li ha tutti ascoltati ed incontrati; per ciascuno una razione di elogi - di Rubinstein dice che il suo Chopin gli piace più di quello di Horowitz, del quale racconta che durante un incontro privato gli ascoltò suonare - sapete chi? - Muzio Clementi; e che Benedetti Michelangeli gli risolse alcuni problemi 'tecnici'( diteggiatura!!! suvvia); che Arrau era fra questi il più 'cerebrale'. Insomma nulla di nuovo e di tanto interessante al punto da riempire quattro pagine fitte fitte del giornale e, per noi di leggere una nuova intervista sua, senza sbadigliare. Richter e Gilels sono la ' scuola russa'? E basta, di fronte a quei giganti?
Poi l'acuto intervistatore gli chiede dei pianisti della giovane generazione, a cominciare da Lang. Beh, quelli della giovane generazione, sui quali forse valeva la pensa sentire la sua opinione - tanto su quelli morti l'abbiamo sentita e risentita la sua opinione, come quella di altri, già tante volte - quelli non li ha mai sentiti - si ripromette di farlo? e quando? - e su di loro non si esprime.
All'improvviso il pianista che aveva tracciato con poche pennellate tanti ritratti, seppure di maniera, fa cadere il pennello e non riesce più a ritrarli. Ridiventa silenzioso, anzi muto. Perché? verrebbe da chiedergli, e noi glielo avremmo chiesto. L'intervistatore curiosissimo, rìpiega su una domanda che tante volte gli è stata rivolta: se quelle sue dichiarazioni politiche, contro la guerra 'americana' in Vietnam, le rifarebbe. Non abbiamo capito la risposta. Sappiamo solo che oggi il pianista Pollini è deluso e desolato per la situazione politica attuale della sinistra, e che l'Europeismo resta importante.
Ah, ha poi aggiunto qualcosa sull'importanza di alcuni compositori del Novecento, soprattutto Stockhausen o Boulez, che lui suona regolarmente e che, per la ragione della loro complessità,quasi impossibile, riferendosi particolarmente a Boulez, seconda sonata, Pollini faceva addirittura 'PAURA' a suo zio, il grande scultore Fausto Melotti - come ebbe simpaticamente a dichiararci tanti anni fa, nel corso di una intervista per 'Piano Time' di cui eravamo il direttore, e che oseremmo invitare qualche giovane intervistatore ad andare a rileggersi, tanto per imparare un pò di 'tecnica' ( se ricordiamo bene, l'abbiamo ripubblicata su Music@, negli anni scorsi).
Sinceramente troppo tempo e spazio sprecati per farci sapere che è uscito un nuovo disco chopiniano di Pollini e che presto un altro ancora uscirà. Grazie comunque.
IN rete c'è anche un post ' Maurizio Pollini concerti 2017, dove si legge che il 15 maggio suona a Lugano ed il 16 a Washington, Kennedy Center. Siamo matti?
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