Una fine d’anno davvero mesta per la Rai. Bassi ascolti, nessun programma nuovo che abbia lasciato traccia, vertici paralizzati senza un presidente eletto e, infine, ciliegina sulla torta, il rischio di perdere l’evento clou, il Festival di Sanremo. E pure un possibile taglio del canone. Insomma son tempi duri per Tele Meloni.
Due soli programmi hanno brillato: Ballando con le stelle e Affari tuoi
Partiamo dagli ascolti, dove in media la tivù pubblica viene quasi sempre battuta da Mediaset che vince, anche se di poco, nello share medio giornaliero (36,8 per cento contro il 36,7). Due soli sono stati i programmi di successo di questo inizio di stagione: Ballando con le stelle e Affari tuoi. Il primo, realizzato da Ballandi Arts, è una certezza consolidata nel tempo. Quest’anno, però, con tutte le polemiche connesse, ha fatto registrare bei picchi d’ascolto. Dopo l’addio di Amadeus, invece, a Viale Mazzini c’era grande paura di crollare nel pre-serale. Invece la scommessa su Stefano De Martino s’è rivelata vincente: record di ascolti e dominio assoluto nella fascia, anche a fronte della crisi di Striscia la notizia, che infatti Pier Silvio Berlusconi vorrebbe alternare con un altro programma. E lo stesso patron di Mediaset, nel corso di una conferenza stampa qualche giorno fa, ha espresso parole di apprezzamento per De Martino, svelando che Mediaset era a un passo dal prenderlo, ma poi Rai ha offerto di più e il passaggio è saltato. E un certo godimento, al settimo piano di Viale Mazzini, l’hanno provato per il flop di Chissà chi è di Amadeus sul Nove, segno che non tutti i conduttori e gli anchorman riescono nel miracolo di trascinarsi dietro il loro pubblico.
Il flop di Binario 2 e il ritorno in Rai di Giletti sotto le aspettative
Non che in Rai siano tutti ricchi premi e cotillon, anzi. Si registrano i flop sia di L’altra Italia, condotto dall’ex Iena Antonino Monteleone, sia di Se mi lasci non vale di Luca Barbareschi. Altro tonfo è stato quello di Binario 2, il morning show che su Rai2 ha sostituito Fiorello, chiuso prima della pausa natalizia. «È stato un esperimento», si sono giustificati in Viale Mazzni, ma il programma avrebbe dovuto occupare il palinsesto fino alla primavera. Per il resto, gli altri prodotti di successo, vedi Belve o Report, sono tutti programmi storici o realizzati da dirigenze precedenti. Sulla soglia di sopravvivenza stanno invece Massimo Giletti e Salvo Sottile con Lo stato delle cose e Far West, tra il 4 e il 5 per cento. Non si può parlare strettamente di flop, ma nemmeno di successo: sul ritorno in Rai di Giletti, per esempio, le aspettative erano assai più alte, si puntava all’8 per cento. Vedremo nel proseguimento della stagione.
Mellone e Corsini nell’occhio del ciclone: le nomine in ballo nel cda del 19 dicembre
Per i bassi ascolti due sono i dirigenti finiti nella bufera: Angelo Mellone, direttore del Day time, e Paolo Corsini, direttore dell’Approfondimento, entrambi meloniani doc. Il secondo è più nell’occhio del ciclone, perché l’informazione è fisiologicamente sotto i riflettori della politica, come dimostrato anche dall’ultima polemica su Report, con la messa in onda della registrazione tra Gennaro Sangiuliano e la moglie, Federica Corsini, giornalista del Tg2, in merito a Maria Rosaria Boccia. Gli attacchi soprattutto da destra si sono scagliati contro Sigrifido Ranucci ma pure, di rimando, contro Corsini, reo di aver visionato la puntata senza bloccare la telefonata. Attacchi che, secondo alcune fonti, sono finalizzati a mettere le mani proprio sulla poltrona dell’Approfondimento, su cui ha messo gli occhi soprattutto la Lega di Matteo Salvini, che in quella direzione vorrebbe piazzare un suo uomo. Mellone, anche se fa meno notizia, se la passa pure peggio, visto che persino certe trasmissioni storiche come Domenica in non brillano. Ora Lega e Fi vorrebbero la sua testa. Giovedì 19 dicembre è in programma un cda in cui verranno discusse alcune nomine, a partire dalla direzione “vacante” del Tg3, dove potrebbe venir confermato l’attuale Pierluca Terzulli (area Pd). Ma anche le direzioni della Tgr, dove alcuni giorni fa si è dimesso Alessandro Casarin (Lega), di RaiNews ora guidata da Paolo Petrecca (Fdi), di Raisport e della Radio, dove Jacopo Volpi (Fi) e Francesco Pionati (Lega) sono prossimi alla pensione. Difficile si decida tutto ora, anche perché il cda è ancora orfano di un presidente nel pieno delle sue funzioni, ma qualcosa si toccherà.
Ancora stallo sulla presidenza e il fallimento della Vigilanza
E poi, appunto, c’è lo stallo sulla presidenza. La scorsa settimana i capi delegazione in Vigilanza delle opposizioni hanno scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato per sbloccare l’impasse. Le ultime sedute della commissione sono andate semi-deserte: la maggioranza non si presenta onde evitare l’Aventino dell’opposizione in caso di voto per eleggere il presidente, così da non far raggiungere il quorum alla candidata del centrodestra, Simona Agnes, sostenuta da Forza Italia. Le opposizioni chiedono di rinunciare ad Agnes in favore di un nome condiviso, la maggioranza punta i piedi e la situazione s’è incancrenita con un braccio di ferro da cui non si sa come uscire. Le funzioni da presidente continuano a essere svolte dal consigliere di amministrazione più anziano, il leghista Antonio Marano. Molti sostengono che alla fine Giuseppe Conte darà il suo sostegno ad Agnes in cambio della direzione del Tg3 per un giornalista pentastellato (Senio Bonini), ma l’ex premier sul no alla Agnes si è molto sbilanciato, così come anche la presidente della Vigilanza Barbara Floridia. È vero che la politica è l’arte dell’impossibile, e che forse la trattativa riguarda più caselle – comprese quelle dei giudici della Consulta – ma, se così fosse, i 5 stelle si giocherebbero faccia e credibilità. D’altra parte è difficile che la maggioranza possa dare il via libera alla candidatura del consigliere di sinistra Roberto Natale. L’unica cosa certa è che la Vigilanza è ormai diventato un organo vuoto e inutile, per la soddisfazione di chi, e non sono pochi, la vorrebbe abolire.
Il nodo Sanremo e lo spauracchio del taglio del canone
Infine il nodo Sanremo. Viale Mazzini si sta preparando a una battaglia legale non da poco per il ricorso del Comune al Consiglio di Stato dopo la sentenza del Tar della Liguria che ha ordinato la messa a bando dell’organizzazione della kermesse dal 2026. La tivù pubblica punterà sulla tesi dell’usucapione, ossia il fatto che Rai abbia sempre utilizzato il brand del Comune di Sanremo (Festival della canzone italiana) e l’abbia storicamente organizzato, esercitando un diritto di proprietà. Ma gli altri broadcaster stanno lì in attesa, soprattutto Mediaset e Discovery. È possibile che tutto finisca a tarallucci e vino, ma per Viale Mazzini è un’ulteriore grana che, sommata alle altre, proprio non ci voleva. Anche perché Sanremo assicura oltre 60 milioni l’anno in pubblicità. Denaro santo, benedetto e veloce, specie se a Salvini riuscirà il colpaccio del taglio del canone a 70 euro anche quest’anno (battaglia tutta politica tra la Lega e Forza Italia), rendendo instabili le risorse per la televisione pubblica, che poi dovrà affidarsi ai finanziamenti elargiti dal governo dalla fiscalità generale. E «la sicurezza sulle risorse è indispensabile a una grande azienda come la Rai per pianificare prodotti e strategie anche solo per i prossimi mesi», ha sottolineato ancora una volta l’ad Giampaolo Rossi dal palco di Atreju. Tempi duri per Tele Meloni.
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