venerdì 20 dicembre 2024

Salvini è stato assolto, ma... il racconto di chi c'era sulla Open Arms ( da La Stampa)

 Di quei giorni dell’agosto 2019 a bordo di Open Arms, Valentina Brinis, advocacy officer dell’ong, ricorda lo stress ma soprattutto i volti dei migranti stremati, pronti anche a gettarsi a mare pur di uscire da una situazione di stallo che gravava su tutti. «Quell’episodio ci ha segnati tutti - dice oggi -. Vogliamo solo che emerga la verità. Ognuno deve prendersi la responsabilità di ciò che fa e dice».

Brinis, cosa vi aspettate dal processo?

«Nulla di più di quanto abbiamo già avuto. Per arrivare a questo punto, sulla vicenda si sono già espressi il Tar del Lazio; la Procura della Repubblica di Agrigento; il Tribunale dei ministri di Palermo, che ha svolto le indagini sulle ipotesi di reato e ha chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini; il Senato della Repubblica che ha accolto la richiesta; il giudice delle indagini preliminari che ha rinviato al dibattimento l’imputato e la Procura della Repubblica di Palermo che ha concluso per la condanna per entrambi i capi di imputazione».

Lei era a bordo in quei giorni, che situazione c’era sulla nave?

«Da anni sono in contatto con persone che vivono momenti di fragilità forte e proprio per questo il team è preparato ad affrontarle. Ma in questo caso era molto complesso gestire la situazione perché neanche noi avevamo contezza di quello che stava accadendo. Potevamo solo cercare di creare un clima positivo in modo da ridurre i momenti di stress. È stato sicuramente fondamentale l’intervento del supporto psicologico di Emergency».

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Come stavano le persone?

«Erano stanche e non ne potevano più. Dopo qualche giorno, oltre alla loro vulnerabilità fisica dovuta al viaggio lungo e pericoloso, sono emerse le loro difficoltà psicologiche. Ogni giorno che passava la loro condizione si aggravava fino a diventare insostenibile per alcuni e far loro decidere di gettarsi in acqua per raggiungere a nuoto la costa. Sono stati giorni infiniti in cui eravamo stremati poiché la situazione poteva precipitare da un momento all’altro. Lo stress che abbiamo vissuto a bordo ci ha segnati per sempre».

Che fine hanno fatto i migranti che erano a bordo?

«Alcuni sono parte civile, come per esempio Nije Musa che al tempo aveva 15 anni e viaggiava da solo senza familiari. Ha trascorso diciassette giorni a bordo. Come è stato ricordato al termine della requisitoria, però, anche per essere persone offese bisogna essere privilegiate. Sappiamo che alcune di loro sono in altri Stati europei e, anche quando contattate, non hanno voluto tornare su quella vicenda così traumatica».

Il ministro Salvini parla di un processo solo politico e dice di aver solo difeso i confini.

«Noi riteniamo che ognuno sia responsabile di ciò che dice e fa. Noi, operatori umanitari, abbiamo solo portato avanti la missione su cui si fonda la nostra organizzazione, ovvero trarre in salvo chi è in difficoltà».

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