Prosegue la lunga interminabile serie di concerti natalizi trasmessi in diretta tv alla vigilia del Natale ( solitamente la domenica precedente) con l'inadeguata presentazione della 'prezzemolina', fuori luogo, Milly Carlucci.
Questi concerti costosi più del solito sono emblema di un paese dove chiunque ha un po' di potere ritiene di poter fare e disfare ogni consuetudine, ignorare ogni tradizione di decoro e qualità.
Un tempo, durante il nostro impegno professionale attivo nella critica musicale, ne abbiamo seguiti alcuni di questi concerti; e una volta anche partecipandovi nell'Aula del Senato: mai gremitissima, occupata da invitati che forse avrebbero amato essere altrove anche per quella brevissima ora di musica.
Domenica torna a dirigervi Riccardo Muti con la sua 'Cherubini' che proprio quest'anno compie 20 anni di attività, sempre sotto l'amorevole ed utilitaristica guida di Muti. Utilitaristica perchè non volendo il direttore dirigere orchestra italiane, dalla Scala all'Opera di Roma, l'esistenza delle Cherubini mette a tacere coloro che glielo rimproverano e lo salva dell'evidente imbarazzo.
Il ritorno di Muti e della 'Cherubini', nell'anniversario ventennale ha perciò una bella giustificazione.
Quella volta che vi partecipammo fisicamente, fu quando il concerto venne diretto sempre da Muti (nel 2009?). Presidente del Senato era Schifani, suo consulente per le attività musicali dell'istituzione ( quante ve ne sono oltre questo concerto?) Canessa, ex sovrintendente del San Carlo nonché ex critico musicale, immaginiamo profumatamente pagato.
Muti dirigeva a Vienna le Nozze mozartiane. Il Senato pagò al direttore un volo privato che lo prelevò da Vienna, la sera stessa di una recita, lo portò a Roma e poi nella medesima giornata lo riportò a Vienna, in tempo per dirigere la recita successiva. Si disse che quel concerto era costato intorno ai 300.000 Euro, tutto compreso. Troppo. Forse è stato successivamente compensato da certi concerti natalizi al Senato, per i quali si pagavano solo le spese vive di trasferimento ed alloggio dei musicisti. Anche perchè altro non meritavano.
Premesso che comunque i soldi spesi per la musica sono sempre meglio spesi che per altre incombenze non tutte di alto profilo, ci preme segnalare come la serie di quei concreti nasconda ancora punti oscuri, che ancora oggi non sono stati chiariti, e scivoloni inammissibili.
Un punto oscuro, anzi oscurissimo. Il concerto diretto da Valery Gergiev con l'Orchestra da camera di Santa Cecilia (per il quale forse non fecero neanche una prova intera) all'epoca della presidenza della Casellati. All'allora presidente del Senato premeva mettere in atto qualunque azione, anche non nobilissima (come quella di scambi non proprio culturali) per sostenere la carriera di direttore d'orchestra di suo figlio. Gergiev non diresse certamente gratis, e non v'era ragione perchè lo facesse. Ma la Casellati mirava ad attirare l'attenzione e guadagnarsi la benevolenza del noto direttore per suo figlio, che l'anno seguente - cioè pochi mesi dopo Gergiev al Senato - riuscì a mettere piede al Teatro di San Pietroburgo di cui Gergiev, putiniano di ferro, era ed è padrone assoluto. Ne parlammo su questo blog.
Quanto agli scivoloni, uno su tutti per il quale l'istituzione direttamente interessata, l'Accademia di Santa Cecilia, retta da dall'Ongaro, non protestò neanche timidamente.
Fu l'anno in cui si decise di far eseguire la Petite Messe solennelle di Rossini nella versione originale ( pianoforte, organo, solisti e coro) diretta da Michele Campanella nella doppia veste di direttore e pianista. Né Santa Cecilia né la Rai calcolarono che la Messa durava più del tempo previsto dalla trasmissione tv, per cui ad un certo punto la Messa venne bruscamente interrotta in tv.
E poi la serie di concerti dei quali non se ne è mai compresa la ragione. Pensiamo al concerto di Giovanni Allevi ( ci sono e c'erano anche all'epoca musicisti giovani degni di altrettanta attenzione, ma si sa la politica ama solleticare la pancia e gli istinti della gente) Ci dispiace ricordare questo episodio ora che a Giovanni Allevi è piombato addosso il macigno della grave malattia. Noi non lo avremmo mai invitato, e comunque di lui musicista abbiamo sempre detto con chiarezza cosa pensavamo.
E pensiamo anche al concerto diretto da da Gianna Fratta, della quale ora abbiamo appreso essere musicista 'cara' alla destra di Meloni, come lo è altrettanto Beatrice Venezi che la premier è riuscita a piazzare a Buenos Aires, a casa Milei, con nostra grande gioia perchè forse non se ne parlerà per qualche temo, visto il suo non rilucente talento. Non ricordiamo quale orchestra la Fratta dirigeva, ma non conta.
Ciò che ci preme rilevare è che qui come anche al Quirinale per i Concerti cosiddetti istituzionali ( vedi: concerto per la Festa della Repubblica, o concerti offerti in occasione di visite ufficiali) non si riesce a comprendere secondo quale logica si fanno gli inviti e naturalmente qual è la mente che li organizza e propone.
Per anni ad esempio, in concerti particolari, al Quirinale si invitavano i Solisti Veneti, complesso glorioso - come del resto ora si fa con l'inflazionato Bocelli; meglio i Solisti Veneti - ma che poteva essere sostituito da giovani leve di altissimi meriti: Nonostante la loro la verde età, avrebbero fatto molto meglio figurare l'Italia, come paese dove la grande tradizione musicale è tuttora viva, non si è estinta.
Tanto per autoelogiarci, nel 2004, dirigendo il 'Festival delle Nazioni' di Città di Castello, invitammo a parteciparvi, la 'meglio gioventù' musicale italiana, la crema della crema dell'Italia musicale giovane. Fu un grande successo.
Potremmo aggiungere qualche riflessione anche sui 'Concerti del Quirinale', trasmessi da Radio Tre ogni domenica ed affidati alle 'cure' di Stefano Catucci, filosofo. Ma di essi parlammo diffusamente all'epoca in cui accusammo dall'Ongaro - dalla cui scuola, non filosofica, proviene anche Catucci - di aver brigato quando aveva la responsabilità della musica di Radio Tre, per scalare il potere che ha poi ottenuto oltre che in Rai all'Accademia di Santa Cecilia. Dall'Ongaro, allora responsabile, li utilizzò per compensare solisti, piccoli gruppi e istituzioni musicali, che lo avevano, o lo avrebbero 'gratificato' con commissioni di nuovi pezzi o esecuzioni. Un elenco dettagliato lo fornimmo al tribunale dell'Aquila quando dovemmo difenderci dall'accusa di calunnia rivoltaci da dall'Ongaro.
Adesso, secondo quali logiche venga organizzato il cartellone di quei concerti domenicali non sappiamo dirvi, perchè non li seguiamo con il medesimo interesse di allora, dovendoci difendere dall'accusa di calunnia e per evitare la esorbitante richiesta di danni (stratagemma usato per mettere a tacere una volta per tutte, in ogni campo, le voci critiche).
Da quella accusa, è bene ripeterlo a scanso di equivoci, fummo assolti perchè 'il fatto non sussiste': il giudice del tribunale aquilano ritenne che avevamo esercitato nei modi consentiti il diritto di critica.
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