Il messaggio di Sergio Mattarella non deve essere arrivato alle orecchie di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, intervenuta alla Camera per le comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo, tira dritto nel suo scontro contro la magistratura parlando di “sentenze dal sapore ideologico” sul tema dei migranti, in riferimento al mancato trattenimento di quest’ultimi in Albania.
Si parte però dalla rivendicazione della “missine compiuta”, ovvero la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo della commissione europea. Una nomina “adeguata al peso della nostra nazione in Europa, un risultato che conferma la centralità dell’Italia”, rivendica Meloni.
L’assenza in Aula dei leghisti
Un intervento durato quasi un’ora in cui si è fatta notare in Aula l’assenza praticamente totale dei deputati della Lega: appena tre i rappresentati del Carroccio del vicepremier Matteo Salvini.
“Perché non c’erano i miei colleghi? Perché non gliene frega un c…!”, dice senza mezzi termini Stefano Candiani, uno dei tre leghisti presenti, che poi in una involontaria gaffe mostra ai cronisti il messaggio della collega deputata Simona Bordonari con su scritto “arrivo, ma il treno è in ritardo”.
Come noto il ministro dei Trasporti è proprio il segretario del Carroccio Matteo Salvini…
Ucraina, Medio Oriente e Trump
Ampio focus nel discorso della premier è dedicato alla posizione italiana sui principali dossier internazionali. Sull’Ucraina l’obiettivo del governo, dice Meloni è “la fine della guerra in Ucraina e la costruzione di una pace giusta, complessiva e duratura, fondata sui valori della carta Onu”, con l’esecutivo che dunque ribadisce “il sostegno alla legittima difesa dell’Ucraina”, sia “finanziariamente che politicamente”.
Quanto al Medio Oriente, con la crisi che si è spostata anche in Siria con la caduta del regime di Assad e l’arrivo al potere a Damasco dei ribelli jihadisti, Meloni ribadisce che “una giusta in Medio Oriente passa solo attraverso la soluzione dei due Stati”, dunque con un messaggio di apertura alle istanze palestinesi.
Quanto alla Siria, con l’Italia unico Paese del G7 con una ambasciata a Damasco, Meloni si dice “pronta a interloquire con la nuova leadership siriana” di Al-Jolani, “in un contesto di valutazioni e azioni condiviso con i partner europei e internazionali”.
Infine i rapporti con la prossima amministrazione statunitense, con l’arrivo alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio di Donald Trump. Meloni non ha problemi a saltare la barricata e, dopo l’atlantismo sfegatato a sostegno di Joe Biden, sottolinea nel suo discorso alla Camera che ora è “indispensabile mantenere un approccio pragmatico, costruttivo e aperto con la nuova amministrazione Trump, sfruttando le aree di potenziale e fruttuosa cooperazione Ue-Usa e cercando di prevenire diatribe commerciali che certamente non farebbero bene a nessuno”.
Migranti e magistrati
Le parole più dure sono ancora una volta quelle contro la magistratura e sui migranti. Come dal palco di Atreju, la premier difende il Patto Italia-Albania e sottolinea come il nostro Paese abbia un “ruolo decisivo nell’Unione europea per cercare nuove soluzioni al problema migratorio” e per questo, sapendo su questo punto di avere il placet della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, chiede una “improcrastinabile revisione della direttiva sui rimpatri e una accelerazione della revisione del concetto di paese terzo sicuro”, in sostanza una richiesta di allargare i cordoni per poter rispedire indietro i profughi che chiedono asilo in Italia.
Quindi l’attacco alla magistratura, quando parla di diritto d’asilo come “argomento che è stato oggetto di recenti provvedimenti giudiziari dal sapore ideologico, che se fossero confermati nella loro filosofia di fondo dalla Corte di giustizia Ue rischierebbero di compromettere almeno fino all’entrata in vigore delle nuove regole Ue, nel 2026, le politiche di rimpatrio di tutti gli Stati membri”. Per Meloni si tratta di “una prospettiva preoccupante e inaccettabile che occorre prevenire con determinazione”.
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