sabato 28 dicembre 2024

Russia-Ucraina: il prezzo per la pace ( da La Stampa)

 

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Manca poco all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, e il primo ministro slovacco Robert Fico si reca a sorpresa a Mosca mentre Vladimir Putin non esclude un negoziato di pace proprio a Bratislava. Ma di che pace parliamo, e a quale costo?

Si delineano quattro scenari diversi tra loro. Altrettanto diversi sono i rispettivi costi.

Partiamo dalla «pace» di Putin. Il presidente russo si dichiara contrario ad un congelamento del conflitto. Questo non significa che lo sia davvero, ma la propaganda russa vuole farci credere che, dato che Mosca sta vincendo, il Cremlino non vuole un semplice cessate il fuoco, ma una vera «pace». Potremmo definirla la pace di Vichy. Così come i nazisti, durante la seconda guerra mondiale, occuparono militarmente solo parte della Francia ma politicamente l’intero Paese attraverso il regime collaborazionista di Philippe Pétain, così la «pace» di Putin vedrebbe l’annessione delle cinque regioni ucraine e un regime fantoccio a Kyiv. Sarebbe ingenuo credere che questa «pace» si fermi qui. Così come Hitler non si arrestò dopo l’occupazione della Francia, le mire imperialiste di Putin non si sazierebbero con la resa dell’Ucraina. Il costo di questa «pace» sarebbe dunque esorbitante: una guerra estesa al resto dell’Europa orientale, che trascinerebbe nel conflitto l’intero continente.

Poi c’è la pace europea. Quella che vedrebbe un’Ucraina indipendente e democratica, integrata nell’Unione europea. Una pace che passa attraverso una sconfitta russa, che a sua volta obbligherebbe Mosca ad abbandonare illusioni d’impero e assestarsi, come altri Paesi europei hanno fatto nel secolo scorso, come Stato nazione. Il costo di questa pace sarebbe quello di sostenere l’Ucraina politicamente, finanziariamente e militarmente con un «whatever it takes» draghiano. Considerate le evidenti vulnerabilità economiche e militari russe, non si tratterebbe di un costo enorme; anzi, sarebbe sicuramente abbordabile per una trentina dei Paesi più ricchi al mondo. Disinformazione a parte, i cittadini europei e americani non avvertirebbero il minimo abbassamento nel loro tenore di vita. Ma né l’Europa, né tantomeno gli Stati Uniti, hanno dimostrato determinazione e perseveranza di procedere in tal senso. Una pace europea non avrebbe dunque costi molto alti, ma non è attualmente percorribile.

Escludendo questi due scenari, quali rimangono? C’è lo scenario di una tregua, sostenibile oppure no. Benché la propaganda esalti l’avanzata di Mosca, nell’ultimo anno l’esercito russo ha conquistato solo lo 0,5% del territorio ucraino al costo abnorme di 1000 soldati al giorno. Sono numeri da brivido: perdite giornaliere superiori a quelle subite dall’Armata rossa nella seconda guerra mondiale. Putin potrebbe quindi optare per la tregua offerta da Trump, che vedrebbe un congelamento sia del fronte militare sia dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato (comunque mai stato a portata di mano).

Ma quali sarebbero i costi di una tregua?

Qui si aprono altri due scenari. C’è la tregua sostenibile. Dato che il modello della Germania occidentale durante la Guerra fredda – che prevedeva un esercito debole ma la garanzia di sicurezza data dalla partecipazione alla Nato – sarebbe escluso, il modello al quale fare riferimento è quello coreano. Così come nella penisola coreana gli Stati Uniti sostengono da decenni la Corea del Sud con garanzie di sicurezza, cooperazione militare e una presenza sul terreno, in Ucraina sarebbero gli europei a far la parte del leone per stabilizzare la linea di demarcazione tra Ucraina libera e occupazione russa. Decine di migliaia di soldati europei sarebbero chiamati a monitorare la linea di contatto sul lato ucraino e a sostegno delle Forze armate ucraine, agendo così da deterrente rispetto a una ripresa delle ostilità da parte della Russia. Le spese militari medie in Europa salirebbero fino ad arrivare al 3% se non al 4% o più del Pil, sia per sostenere la deterrenza in Europa, sia per aiutare la difesa ucraina. Sarebbero inoltre gli europei a farsi carico della ricostruzione dell’Ucraina libera, ma mentre nello scenario di pace europea si farebbe leva su copiosi investimenti privati, nello scenario subottimale di una tregua sostenibile, sarebbero gli Stati e le istituzioni europee a sobbarcarsi il grosso della ricostruzione. Anno su anno il costo militare e economico per l’Europa sarebbe più basso di quello dello scenario della pace europea, ma si rivelerebbe ben più alto cumulativamente nel tempo. Questo probabilmente convincerebbe gli europei a usare, allo scopo della ricostruzione, i 300 miliardi di euro di asset russi congelati, di cui finora hanno toccato solo gli extraprofitti.

Dato che i costi di una tregua sostenibile sono alti, c’è infine lo scenario di una tregua insostenibile. Putin potrebbe essere indotto ad accettare temporaneamente una tregua, ma lo scenario desiderato dal Cremlino rimane quello della «pace» secondo le condizioni russe. Se però gli europei non sono disposti a renderla sostenibile con una presenza di peacekeeping sul terreno e un continuo sostegno all’Ucraina, questa «pace» in stile «accordo di Minsk 3» farebbe sostanzialmente da apripista al successivo round di guerra; una sorta di pace russa, insomma, ottenuta a più riprese, con costi uguali se non superiori a quelli del primo scenario.

Non esistono opzioni a costo zero. Quel che è certo è che più si procrastina facendo gli struzzi con la testa sotto la sabbia, e più salato diventerà il conto finale per l’Europa.

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