Papa Francesco, i Trump a Roma per i funerali. Quando il Pontefice criticò il presidente: non è cristiano
Tutte le volte che Bergogliò criticò l’amministrazione Usa sulla questione migranti
di Redazione
Il presidente Usa, Donald J Trump, e la first lady Melania saranno a Roma per i funerali di Papa Francesco questo fine settimana. Lo ha annunciato lui stesso via social. “Melania ed io saremo a Roma per i funerali di papa Francesco. Non vediamo l'ora di esserci", ha scritto Trump.
Tra il Pontefice e il presidente Usa i rapporti non erano proprio idilliaci. Per Francesco, Donald Trump "non era cristiano": il defunto papa ha criticato duramente e ripetutamente le politiche anti-migranti del presidente statunitense che si presenta come un difensore della fede, anzi un prescelto da Dio, e proprio nel giorno della morte del Papa ha rivendicato di aver "riportato la religione in America".
Il primo monito papale nel 2016
Il pontefice fece un'incursione nella campagna presidenziale americana nel febbraio 2016, dicendo di Trump che "una persona che vuole costruire muri e non ponti non è cristiana". Da parte sua l'allora candidato repubblicano alla Casa Bianca aveva definito le parole del Papa "scandalose". Il vicepresidente JD Vance, convertitosi al cattolicesimo nel 2019 e che ieri ha incontrato il capo della Chiesa cattolica, è stato molto conciso nel suo omaggio: "Il mio cuore è rivolto ai milioni di cristiani in tutto il mondo che lo hanno amato".
Francesco, che ospitò Donald Trump in Vaticano durante il suo primo mandato nel 2017 per un incontro di mezz'ora, lo aveva già criticato per la sua posizione anti-migranti e nel tempo non ha addolcito i toni, anzi. L'espulsione di "persone che, in molti casi, hanno lasciato i loro Paesi per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave degrado ambientale, mina la dignità di molti uomini e donne", scriveva in una rara lettera indirizzata ai vescovi americani.
"Vorrei che si concentrasse sulla Chiesa cattolica e lasciasse che fossimo noi a occuparci dei confini", era stata la risposta di Tom Homan, incaricato da Donald Trump di orchestrare una politica di deportazioni su larga scala e che, come J.D. Vance e la portavoce del dirigente americano, Karoline Leavitt, si professa cattolico. Francesco auspicava la pratica di "una fraternità aperta a tutti, senza eccezioni", lasciando da parte "l'identità personale, comunitaria o nazionale" e contestava l'interpretazione nazionalista di J.D. Vance di un precetto della dottrina cattolica chiamato "ordo amoris", "ordine dell'amore".
Il vicepresidente citava questo principio elaborato da due dei più importanti teologi cattolici, Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino, per giustificare la politica anti-immigrazione, affermando che della carità dovrebbero beneficiare principalmente i cittadini americani e non gli stranieri.
Il conflitto tra l'amministrazione Trump e il clero cattolico è arrivato anche in tribunale: la Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha intentato una causa per il taglio dei finanziamenti ai programmi di sostegno ai rifugiati gestiti dalla Chiesa.
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