L'ipotesi che Giorgia Meloni (foto) potesse essere presente in Parlamento durante l'informativa sulla vicenda Almasri a Palazzo Chigi non è mai stata presa neanche in considerazione. Per ragioni tecniche, su cui ha insistito la senatrice Giulia Bongiorno, a cui è stato affidato il dossier difensivo in vista del procedimento davanti al Tribunale dei ministri. Perché, è il senso del ragionamento, è giusto che rispondano direttamente i ministri direttamente competenti (Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, rispettivamente titolari di Giustizia e Interno). Ma anche per ragioni politiche, perché era evidente da giorni che Camera e Senato - complice anche la diretta tv - sarebbero diventate il teatro di un feroce scontro tra maggioranza e opposizioni. Per cui, non avrebbe avuto alcun senso «regalare» al centrosinistra un simile palcoscenico.
Non è un caso che alla vigilia dell'informativa i partiti del centrodestra si siano accordati per non fare intervenire i capigruppo né a Montecitorio né a Palazzo Madama (unica eccezione l'azzurro Maurizio Gasparri), proprio per cercare di non alzare ulteriormente i toni. Senza considerare che, caratterialmente parlando, la premier non è tipa che ama farsi imporre l'agenda da altri. E quindi le ripetute richieste dell'opposizione a presentarsi in aula - reiterate quotidianamente ormai da una settimana - non hanno fatto che rafforzarla nella sua convinzione di non esserci. Insomma, per usare le parole di un ministro di Fratelli d'Italia, «neanche se l'avessero portata in catene»...
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