I
nuovi regolamenti per l’attribuzione del contributo Fus hanno
profondamente modificato la mappa dello spettacolo italiano. Il
risultato non è dei migliori. La qualifica di Teatro Nazionale è
stata attribuita a moltissimi Teatri Stabile, con l’immotivata
eccezione dello Stabile di Genova, rendendo la qualifica poco
significativa. Molte storiche e prestigiose manifestazioni musicali
sono state escluse dal contributo, alcune hanno subito tagli
immotivati, altre premi altrettanto immotivati. Giova ricordare che
il finanziamento attraverso il Fondo unico dello spettacolo è prima
di tutto il riconoscimento del valore non solo locale di una
iniziativa o di un ente.
Da
molti anni tra categorie e ministero si
discuteva della necessità di modificare i regolamenti vigenti, così
la legge 122 del 2013 ha giustamente imposto di predisporne di nuovi.
Quelli effettivamente adottati sono frutto dell’intesa tra
Associazione italiana per lo spettacolo e ministero. Di conseguenza,
le critiche da parte delle categorie non possono che essere prima di
tutto autocritica.
Il
teatro italiano è afflitto da molti mali, uno
di questi è l’opportunismo che porta a giudicare un provvedimento
solo in base al proprio vantaggio immediato. È ciò che sta
avvenendo ora, tra chi, premiato dai nuovi regolamenti, li difende, e
chi, punito, li critica. È un mondo facile alla petizione e
alla protesta, quanto in verità refrattario ai cambiamenti e
subalterno al potere burocratico e politico. A questo vizio capitale
del teatro italiano è indispensabile sottrarsi, per giudicare gli
effetti sul sistema e non sui singoli.
Come
può accadere che da un anno all’altro
un soggetto produttivo si veda decurtare il contributo del 15% e
l’altro aumentare del 150%? È materialmente possibile che
l’uno sia peggiorato tanto e l’altro migliorato in queste
proporzioni? Se innumerevoli manifestazioni storiche del nostro paese
vengono ora giudicate indegne di riconoscimento nazionale e del
conseguente finanziamento, delle due l’una: o ci sbagliavamo prima
o lo facciamo ora.
Tutto
ciò è frutto dei criteri adottati
e dell’adozione di algoritmi utilizzati, nell’illusione
dell’oggettività, per l’attribuzione dei punteggi da cui
discende l’entità dei finanziamenti. Peccato che ciò avvenga non
sull’attività consuntivata bensì su quella preventivata. Di fatto
si applica un rigoroso calcolo matematico a numeri che sono solo
presunti e non certi e di cui il regolamento stesso consente
variazioni entro un margine tra il 10 e il 15%. Una manna per i furbi
e un danno per gli onesti. Superare il conservatorismo delle
categorie e passare al finanziamento a consuntivo era la prima cosa
da prevedere nei regolamenti, così da introdurre più trasparenza,
appropriatezza e premialità.
Infine,
siamo proprio sicuri che
l’algoritmo sia lo strumento più efficace per promuovere la
produzione culturale e artistica e favorirne l’accesso ai
cittadini? Può un algoritmo valutare la differenza dei diversi
contesti territoriali (ad esempio uno ricco e uno disagiato) o
addentrarsi nel complesso tema della storia e della funzione di una
manifestazione? Correggere i regolamenti è essenziale, farlo prima
del 31 dicembre, data entro cui si devono presentare le nuove domande
di finanziamento Fus, è indispensabile. Solo così possiamo evitare
che manifestazioni importanti a cui è stato falcidiato o tolto il
finanziamento chiudano e che la furbizia dei preventivi diventi la
modalità prevalente.
Fonte
Link: http://www.leftwing.it/2015/09/09/gli-spettacolari-calcoli-del-fus/
Per gentile concessione
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