lunedì 28 luglio 2025

Il card. Parolin, dopo la lettera degli ex ambasciatori dà la sveglia a Meloni sul riconoscimento dello Stato della Palestina

 

La sveglia di Parolin a Meloni sullo Stato di Palestina© FOTOGRAMMA

Il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin corregge Giorgia Meloni e appoggia la scelta di Emmanuel Macron. “Dulciter in modo, ma fortiter in re” (dolce nei modi ma forte nella sostanza),  come si dice in questi casi, Parolin afferma chiaro e tondo che “il riconoscimento dello Stato della Palestina non può essere considerato prematuro. Il Vaticano lo ha già fatto da mò, come dite voi romani". Ovvero, da quel dì, da tanto tempo. “Per noi quella è la soluzione, cioè il riconoscimento dei due Stati che vivono vicino l'uno all'altro in autonomia e sicurezza". 

Nel giro di due settimane, dopo l’attacco dell’esercito israeliano alla parrocchia cattolica di Gaza, la Santa Sede, ed in particolare il segretario di Stato Pietro Parolin, tornano a intervenire in modo incisivo sulla catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza. Un assalto che è stato giustificato come “un errore” da parte dell’Idf, ma si tratta di una spiegazione “ufficiale”, a cui Oltretevere non sembrano credere in molti, sin dal primo momento. Parolin oggi aggiunge: "Non ho altri elementi per fare una valutazione differente… Non abbiamo potuto fare un'indagine indipendente. Prendiamo come buoni i risultati da parte dell'esercito israeliano. insistendo perché si stia attenti, perché l'impressione è che tante volte questi errori si ripetano. Bisognerà porre una particolare attenzione per evitare che i luoghi di culto e le istituzioni umanitarie possano essere colpiti".

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Già nel febbraio 2024, tre mesi dopo la strage del 7 ottobre compiuta da Hamas, Parolin chiese ad Israele di fermarsi: "È una voce generale, che non si può continuare così, e bisogna trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina. E la Santa Sede l'ha detto fin dall'inizio: da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco. Ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele, che è stato invocato per giustificare questa operazione, sia proporzionato... e certamente con 30mila morti non lo è". Dopo un anno e mezzo, il numero dei morti si è più che triplicato. Secondo noi - prosegue oggi Parolin  - la soluzione passa tramite il dialogo tra le due parti (due popoli e due Stati), "anche se la situazione in Cisgiordania rende tutto piu' difficile". 

Già perchè la Cisgiordania è l’altra faccia della crisi, e dimostra quale potrebbe essere lo scopo finale dell’operazione militare israeliana. Nelle ultime ore ci sono stati altri attacchi dei coloni israeliani contro i cristiani. Ecco allora la preoccupazione più profonda che sta dietro gli ultimi interventi della Segreteria di Stato e cioè che il progetto della “Riviera di Gaza” (illustrato nuovamente giorni fa con tanto di rendering da un ministro israeliano) diventi realtà o meglio un incubo, con la deportazione di due milioni di palestinesi e con essi i cristiani, che finirebbero eradicati con loro anche dalla Cisgiordania.

Del resto, il 18 luglio 2025, il capo del Mossad David Barnea si è recato a Washington per spiegare il piano nel dettaglio, chiedendo l’aiuto americano per convincere i paesi confinanti a far espatriare la marea di profughi. Barnea - secondo Axios - avrebbe informato l’inviato speciale americano Steve Witkoff che Israele aveva intavolato colloqui al riguardo con Indonesia, Libia ed Etiopia, il paese visitato in questi giorni da Giorgia Meloni. La visita di Witkoff si è svolta pochi giorni prima che venissero interrotti i colloqui di Doha.

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