mercoledì 16 dicembre 2015

Lo zero virgola non conta neanche nello share auditel, come in economia

Imperversa la polemica sull'aumento del PIL in Italia, che si muove a fatica ed arranca  nel terreno dello 'zero virgola', senza raggiungere neppure il misero  traguardo dell' uno per cento. Un aumento del PIL di tale misura non fa fare salti di gioia a nessuno.
 Mentre invece, nel caso dell'auditel,  lo share dello' zero virgola' o di poco superiore all'uno per cento fa  esultare i manipolatori della nostra televisione, specie quelli delle reti 'specializzate in 'cultura'.
 Questa esultanza, esibita nei casi in cui un prodotto televisivo deve essere, per ragioni estranee al contenuto medesimo, per forza messo in onda, non viene invece usata,  per non affossare un prodotto che non va giù a nessuno, anche per la ragione che non è una mangiatoia come le altre, che però è valido, anche se non fa ascolti come il suo compare precedente, che se la ride sotto i baffi.
Prendiamo il caso delle inaugurazioni scaligere che vengono regolarmente trasmesse da RAI 5, ogni 7 dicembre,  ma solo da RAI 5. Dopo che gli illuminati professori che reggevano la tv di Stato un tempo, capeggiati da Enzo Siciliano, sfidarono il mondo ed il buon senso, mandando in onda un drammone verdiano che fece scappare milioni di telespettatori dalle reti generaliste. Per due ragioni comprensibili a tutti fuorché ai professori: non era un titolo attinto al grande repertorio, e la sua durata non era compatibile con i tempi della tv generalista. La duplice cecità potè finalmente far dire ai soloni televisivi che la musica ed il melodramma non erano compatibili con la tv generalista. E successivamente  ancora furono loro a dettero il colpo di grazia alle orchestre RAI, ritenute inutili. Non potevano mandarli altrove a far danni?
 Negli ultimi anni i dati di ascolto sono sempre stati imbarazzanti. 'Lohengrin' con 202.000 telespettatori (share 1,02); 'Fidelio' con 314.000 ( share 1,54); 'Giovanna d'Arco' 316.000 telespettatori (share 1,60). Un successo? Affatto. Ma l'inaugurazione della Scala che manda in visibilio tanti nel mondo intero, va trasmessa comunque, che è poi quello che fanno i diligenti reggitori di RAI Cultura e RAI 5. Potremmo aggiungerci anche l'inaugurazione del San Carlo di Napoli, con 'Carmen', vista , se non andiamo errati, da non più di 220.000 telespettatori, mentre impazzavano i contatti dei social, dei quali il teatro è andato fiero.
Ma simili chiari di luna, pur suggestivi, non possono rischiarare la notte della musica in tv. Ed allora vien da chiedersi se veramente ai dirigenti della nostra tv di Stato importa che la grande tradizione del melodramma italiano venga mantenuta viva, e se hanno mai preso in considerazione i possibili strumenti per sostenerla.
Non  stiamo pensando, naturalmente, a 'Prima della prima', con il suo ristretto salottino di telespettatori, di cui sinceramente non sappiamo neanche più che fine ha fatto.
Pensiamo invece ad una 'lavorazione' efficace dei titoli più noti del melodramma, quale fece e mise in onda, a cavallo degli anni Duemila, e per sei estati consecutive, RAI 1, con la trasmissione 'All'Opera!' ,Antonio Lubrano narratore, la cui durata, quella sì, era compatibile con i tempi televisivi e che - udite udite -faceva ascolti che oscillavano, nello share fra l'8% e fino al 14%;  e i  telespettatori  non di rado superavano anche di molto il milione, senza mai scendere sotto la soglia degli 800.000.
Insomma un programma di cultura, reso popolare dalla semplice formula che, riducendo nella durata un titolo d'opera popolare, lo raccontava  via via, mentre dello stesso faceva ascoltare i brani più celebri.
Perchè quelle numerose puntate, una  sessantina, graditissime dal pubblico più di qualunque altra trasmissione  dello stesso genere, non vengono rimandate in onda, come si sta facendo con trasmissioni di 'storia della musica' - come quelle di Enzo Restagno - che hanno fatto il loro tempo e che non attrarranno neanche uno spettatore in più oltre quelli sottotraccia che RAI 5 solitamente mette davanti al teleschermo,  o come come ad esempio 'Petruska' che conta nel suo salottino di telespettatori poche decine di migliaia di unità?
La ragione è molto semplice, e val la pena ripeterla fino alla noia. Ai dirigenti della nostra tv di Stato, di ieri come anche di oggi, della musica non fotte niente. La trasmettono perchè occorre farlo, come si fa con i premi noiosi ed inutili con i quali si inzeppa la tv estiva,  ma senza mai fare una riflessione sul come  e con chi, e quale, per offrire un prodotto di qualità nello stesso tempo gradito dal pubblico che perciò lo seguiva, come faceva - lo ripetiamo - con 'All'Opera!'.

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