Partiamo da un punto fermo: esiste lo Stato, esiste il popolo, esiste il governo. Sono tre entità assolutamente distinte. Il popolo sceglie il suo governo, in democrazia, ma il popolo non è il governo e non risponde delle azioni del governo. Il governo amministra lo Stato ma il governo non è lo stato e lo Stato non appartiene al governo. Sono concetti molto semplici ma spesso dimenticati. Specialmente quando la polemica politica si accende. E in questi casi, offuscando le differenze tra Stato, governo e popolo, si cade nella faziosità politica e talvolta nel razzismo. E si addossano al popolo le responsabilità di quello che fa il governo, o si delegittima lo Stato.
Negli ultimi anni il primo episodio di razzismo e faziosità evidente, peraltro guidato dalle istituzioni, fu il boicottaggio di una ciclo di lezioni all’Università Bicocca di Milano che erano state assegnate allo scrittore Paolo Nori e che riguardavano Fedor Dostoevskij. Voi sapete che Dostoevskij è considerato unanimemente uno dei più grandi scrittori di tutto il mondo e di tutti i tempi. Nel marzo del 2022 fu sollevata una gran polemica sulle lezioni di Nori perché, essendo Dostoevskji russo, si sosteneva che queste lezioni potessero risultare un appoggio, o una non-condanna, dell’attacco russo all’Ucraina. Fu chiesto a Nori di cambiare il tema delle sue lezioni e di scegliere uno scrittore ucraino da affiancare a Dostoevskij. Nori credo che si mise a ridere, poi anche si indignò, e infine declinò l’invito. Pensò (forse): la critica letteraria o è libera o è adatta ai lacché. Diciamo pure, senza forzare nulla, che Dostoevskij fu censurato.
Da allora gli episodi di intolleranza e di razzismo culturale si sono moltiplicati. Alternandosi tra divieti sollecitati dalla sinistra contro personalità israeliane o filoeisraeliane, e divieti a personalità russe sollecitati per lo più da associazioni o personalità politiche di destra.
Facciamo solo pochi esempi. Anzi, limitiamoci agli ultimi due episodi: il primo è la cancellazione a Caserta di un concerto al quale avrebbe partecipato il pianista russo Valery Gergiev. Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, cercò di evitare la censura ma fu sconfitto e il concerto annullato (così come pochi giorni dopo fu cancellato un concerto con un pianista ucraino ma, pare, filorusso, Alexander Romanovsky, a Bologna).
Secondo episodio eclatante, l’appello di 1500 protagonisti del cinema, non solo italiano, che hanno chiesto l’esclusione dalla mostra del cinema di Venezia di protagonisti considerati filo israeliani come Gal Gadot e Gerard Butler. Tra i firmatari di questo appello ci sono nomi celeberrimi e di grandissime qualità del cinema italiano, e anche alcuni colossi del cinema mondiale dell’ultimo mezzo secolo come Ken Loach. Trovo che tra la richiesta di escludere i filo russi e la richiesta di escludere gli israeliani e i filo israeliani non ci siano differenze. E mi stupisce ( o forse no) il fatto che gran parte di quelli che volevano escludere il russo si sono indignati per l’esclusione degli israeliani e viceversa.
Naturalmente non ho niente da obiettare per quello che riguarda la presa di posizione di moltissimi protagonisti del cinema contro il massacro che le truppe israeliane stanno compiendo a Gaza, e che uno scrittore israeliano di grande statura, come David Grossman, ha definito genocidio. Ho scritto recentemente su questo giornale di considerare oggi l’esercito israeliano come la più potente organizzazione terroristica esistente al mondo. E però non riesco a sopportare la “sineddoche” ( si chiama così la figura retorica nella quale si sostituisce una parte al tutto) per cui si mettono alla gogna due persone, anzi due artisti, per colpire il governo al quale, molto vagamente, si riferiscono. Trovo che sia una operazione non solo maramaldesca, e mai apprezzabile, ma una iniziativa che oggettivamente spinge al razzismo, che in questo caso è antisemitismo. Non c’è nulla di antisemita nel denunciare gli orrori del governo israeliano. Credo che non sia antisemita nemmeno usare parole che oggettivamente richiamano al nazismo, ma che descrivono bene quello che sta succedendo a Gaza, come – appunto – genocidio, o “soluzione finale”. Ma nel prendere di punta delle persone per la loro essere ebrei, o israeliani, o anche simpatizzanti del governo di Israele, beh, l’antisemitismo è nascosto ma c’è.
In queste ore è in corso un nuovo atto di linciaggio. Contro Francesca Albanese, relatrice dell’Onu per la tragedia di Gaza, che sta svolgendo con competenza e grande impegno il suo compito. Lei è stata oggetto di vere e proprie azioni di delegittimazione da parte di ambienti politici e giornalistici solitamente legati alla destra. Anzi di un vero e proprio assalto. Ha reagito con grande dignità. Nessuno le ha potuto contestare neppure una scorrettezza, o un errore, o un’omissione. Le contestano solo il fatto di stare – come è suo dovere – dalla parte delle vittime. Ora si è alzata una canea contro il Cnf (consiglio nazionale forense, che è l’organismo di direzione di tutta l’avvocatura italiana) perché ha invitato Francesca Albanese a tenere una conferenza sulla tragedia di Gaza. Chi è che ha sollevato la polemica? Quelli che giustamente protestano per l’esclusione degli attori filo-israeliani da Venezia. Ci auguriamo che il Cnf non dia loro retta e confermi la conferenza della dottoressa Albanese.
Sono scoraggianti queste polemiche. Perché ti accorgi subito che non c’è logica né pensiero. Solo intolleranza (in questo caso non si tratta di razzismo, anche se in sottofondo senti il vento del razzismo antipalestinese) ma di intolleranza piena. Purtroppo spesso è così. Nella battaglie politiche non di rado le diverse visioni si trasformano e prendono forza nello spirito dell’intolleranza. E qui vorrei arrivare all’ultima critica che riguarda persino alcuni articoli apparsi sul nostro giornale. Più che critica, in questo caso si tratta di dissenso. Mi riferisco alle posizioni dell’on. Berruto, del Pd ( e di molti altri esponenti del Pd e del centrosinistra), che è favorevole all’esclusione degli atleti israeliani dalle grandi manifestazioni sportive, anche perché, sostiene, lo si è fatto per i russi. Io dissento.
Credo che l’errore sia stato fatto escludendo i russi, e confondendo anche in questa occasione popolo, stato e governo. Non penso che la soluzione sia quella di escludere gli israeliani ma è quella di riammettere i russi. Il boicottaggio del governo è una cosa diversa. E’ boicottaggio economico. E opposizione al finanziamento di quel governo. tantopiù opposizione all’invio di armi. Tutto questo è una cosa logica e ragionevole. Poi si può essere favorevoli o contrari, ma il boicottaggio di una operazione economica è molto diverso dalla criminalizzazione di una persona singola o anche di un gruppo di sportivi.
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