Kyiv è ancora sotto shock. Sono 23 le persone morte dopo il bombardamento che ha colpito la capitale ucraina. E per il Paese si è trattato di uno dei giorni più duri, arrivato mentre in Europa e negli Stati Uniti si continua a parlare di un possibile (quanto remoto) accordo di pace.
Ieri, mentre Kyiv rispettava il suo giorno di lutto e continuava a scavare tra le macerie, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha mandato un messaggio chiaro.

“Gli alleati aspetteranno fino al primo settembre affinché la Russia si prepari ai colloqui” ha detto il capo dello Stato, ma “se la Russia non si dimostra pronta entro lunedì cercheremo risposte dai nostri partner”. Quel giorno, infatti, scade il termine entro cui il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, vorrebbe da parte dell’omologo russo Vladimir Putin dei segnali sulla sua disponibilità al negoziato. Sempre ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è limitato a dire che il leader russo “non esclude la possibilità di tenere un incontro” con Zelensky. Ma la posizione di Mosca resta quella della cautela, tanto che Peskov ha detto che “qualsiasi incontro al più alto livello deve essere ben preparato in modo da poter finalizzare il lavoro che deve essere prima svolto a livello di esperti”. E lo stesso funzionario russo ha fatto capire che i negoziati, al momento, sono in una fase di stallo.

Tra i volenterosi, Merz e Macron cercano di mettere pressione allo zar. Il capo dell’Eliseo, in conferenza stampa insieme al cancelliere, ha ribadito che se un incontro bilaterale tra Zelensky e Putin, “per il quale, il presidente russo si è impegnato con il presidente (Donald) Trump”, non avrà luogo entro lunedì, “credo che, ancora una volta, significherà che Putin ha scherzato con Trump” e “questo non può restare senza risposta”. Macron ha poi aggiunto che lui e Merz avrebbero avuto un colloquio con il presidente americano nel fine settimana, minacciando ulteriori sanzioni contro Mosca in caso di “promesse non mantenute”.