Tutto qui? I cento anni della radio e i settanta della televisione Rai sono finiti dentro a un programma di Carlo Conti, uno dei tanti, come se si stesse celebrando il compleanno di una persona più o meno famosa. Tutto qui? Basta fare il confronto con «Cari amici vicini e lontani» di Renzo Arbore in onda su Rai Storia per capire una sostanziale differenza. La Rai non sa più creare un evento, qualcosa cioè che ci allontani dalla sensazione media del guardare, un sigillo che si imprima sulla materia trattata. Non bastano i balletti, non bastano i pur preziosi apporti delle Teche (purtroppo mal utilizzati), non basta la presenza fra il pubblico della figlia di Guglielmo Marconi. Carlo Conti è entrato in studio con la paura della citazione storica. Il saluto del grande Nunzio Filogamo era: «Miei cari amici vicini e lontani buonasera, buonasera ovunque vuoi siate», ma Conti ha dovuto aggiungervi un «amiche» per correttezza politica: ma anche la filologia e la storia hanno i loro diritti! Tutto qui?
A ricordare i bei tempi passati sono stati chiamati Renzo Arbore, Mara Venier, Topo Gigio e Ficarra e Picone (peraltro, divenuti famosi a «Striscia»), poi hanno cantato anche i Pooh: una cosetta in famiglia, come se a celebrare l’anniversario fosse una tv locale, un circolo amatoriale. Le grandi idee sono state: mescolare radio e tv, tanto è sempre Rai, servirsi delle preziose Teche (ma forse una puntata di «Techetechete’» sarebbe stata più interessante), utilizzare l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta dal Maestro Steven Mercurio, per proporre le sigle più famose (gli autori del programma erano in sei, mezza idea a testa). In margine: Bruno Vespa si è molto arrabbiato, e giustamente, perché durante i festeggiamenti nessuno ha mai citato il suo programma: «Ieri sera al Palazzo dei Congressi ho abbandonato la celebrazione dei 100 anni della radio e dei 70 della televisione indignato per il trattamento riservato a “Porta a porta”. Cambiano le stagioni, ma l’anima profonda della Rai resta sempre dalla stessa parte». Un Bruno Vespa di lotta (di Letta?) e di governo.
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