Stupisce che Il Sole 24 Ore, quotidiano economico, a firma Giovanna Mancini, commentando nell'edizione di ieri i risultati della stagione 2023-24 presentati dal sovrintendente Giambrone (in scadenza e non più nominabile per sopraggiunti limiti di età), abbia assecondato il rituale proclama della vittoria che da molti anni siamo abituati a sentire all'Opera di Roma, a partire da Fuortes, ad ogni fine stagione, non abbia minimamente preso in considerazione almeno due fattori:
- l'aumento di pubblico e dunque di entrate a quale aumento di costi va messo in relazione, rispetto alle stagioni precedenti. Un bilancio si fa con due voci: entrate e uscite, mancando una delle due il bilancio è zoppo. Certo l'aumento della produzione è comunque un fatto positivo, ma lo è solo se tale aumento non comporta un aumento parallelo considerevole anche dei costi.
Tanto per esemplificare, se per avere il doppio di spettatori devo raddoppiare anche gli spettacoli, è diverso se lo faccio a parità di costi o se devo aumentarli e di molto, anche senza arrivare a raddoppiarli.
Un esempio concreto. Fuortes, l'illuminato amministratore finito a lavare i panni sporchi della sue ultime disavventure professionali in Arno, quando presentò La Traviata con la regia della giovane Coppola (che egli giudicò troppo tradizionale per i suoi gusti), con i costumi di Valentino, non disse subito che era costato una cifra pazzesca, intorno al milione, e che per rientrare di quell'investimento quello spettacolo dovette poi attendere anni di riprese in loco ed anche imprestiti ad altri teatri.
Giambrone poi ha dimenticato di dire ( e Il Sole non lo sottolinea), che le entrate da sponsor privati a Roma sono da sempre assai magre, neanche Fuortes riuscì a renderle più consistenti, salvo quelle fatte arrivare direttamente dal Campidoglio, attraverso la sua amministrata ACEA.
- a quali aiutini ha dovuto ricorrere Giambrone per avere l'aumento di pubblico soprattutto a Caracalla. Da alcuni anni la stagione estiva dell'Opera a Caracalla è stata infarcita a dismisura con spettacoli di altro genere, che sono forse quelli - date le dimensioni della platea - che hanno portato maggior pubblico a Caracalla: dal mese circa con Baglioni di qualche anno fa e la passerella di cantanti rock degli ultimi.
E che l'Opera debba attribuire tale aumento di pubblico soprattutto a quegli spettacoli (sia Fuortes che Giambrone, non hanno voluto mai fare una netta distinzione, per genere, fra il numero di spettatori del rock e quelli della lirica e balletto) lo si rileva dal fatto che Giambrone ama citare - come ha già fatto subito dopo l'estate - che la prima di un opera ha fatto il 'botto' di spettatori: 4.300, su un platea di 4.500 circa. E tutti gli altri?
Dati alla mano abbiamo dimostrato, anche coi puntualmente ogni anno, che nel consuntivo di Caracalla, risultava quasi sempre una media del 20-25% di posti vuoti ad ogni spettacolo.
E perciò anche la media di 'riempimento' annunciata ( 90%) ci sembra arrotondata per eccesso, troppo eccesso.
Infine giova notare che risultati enormi, molto vicini a quelli attuali si ebbero già nel 2019, e che paragonare i risultati attuali 'da record' con quelli praticamente 'inesistenti' del biennio della pandemia, con i teatri chiusi, è una 'giambronata' - neologismo di nostra invenzione di segno non proprio elogiativo.
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