Ho appena letto la lettera di protesta, qui sotto riprodotta, che il m. Fulvio Luciani ha inviato al Giornale della Musica online - spero lo facciano come me anche tanti insegnanti di Conservatorio - nella quale contesta il divieto ministeriale, contenuto in apposita circolare, di insegnare, d'estate, ai propri studenti, in corsi, di varia durata, ormai diffusi in tutto il nostro paese.
Chi ha insegnato in Conservatorio come ho fatto anche io, conosce bene i punti deboli di tali corsi estivi che spesso non sono che il trasferimento in altra sede del corso di conservatorio - stesso insegnante, stessi allievi - e si sarà chiesto la ragione di tale trasferimento. Se un insegnante ha seguito la sua classe durante tutto l'anno, che altro, di nuovo, di più interessante, o di diverso più semplicemente, può ad essa proporre? Se non è bastato un anno intero, possono bastare pochi giorni?
L'unica vera obiezione a tale circolare ministeriale è che non è salutare lasciare per qualche mese gli studenti senza insegnante e studio, specie per gli strumentisti ed i cantanti e per quelli ai primi anni di corso. Gli studenti comunque, possono frequentare corsi di altri insegnanti, ascoltare una diversa campana può far bene.
Bisogna anche tener presente che uno studente ai primi anni di Conservatorio, forse è bene non senta tante campane, potrebbero confondergli le idee.
I corsi estivi, se affidati ad insegnanti di valore, frequentati da allievi orami formati, capaci di 'assorbire' in breve ciò che i grandi musicisti sanno solitamente offrire, e soprattutto che abbiano durata ragionevole ( quando organizzai io stesso i corsi di perfezionamento a Città di Castello, pretesi dagli insegnanti, tutti di grido, che la durata dei corsi non fosse mai inferiore alla settimana piena, con lezioni mattina e pomeriggio, e che il numero degli allievi non fosse esorbitante) non solo sono da consigliare ma dovrebbero costituire quasi un obbligo per gli studenti .
L'esperienza degli 'Incontri con il Maestro' dell'allora neonata Accademia Pianistica di Imola fondata da Franco Scala negli anni Ottanta, aveva questo scopo e per questo ottenne risultati, talvolta anche insperati.
Il m. Luciani accenna al fatto che durante l'anno le lezioni svolgono nel segreto dell'aula, con l'incontro fra allievo e insegnante, ma non ho capito se intende promuovere tale prassi o bocciarla.
Io credo che dopo i primi anni sarebbe auspicabile che vi fossero lezioni collettive, con cadenza stabilita. Che è poi quello che di positivo il mittente trova nelle esperienze dei corsi estivi.
Infine, io stesso ho frequentato da giovane corsi estivi sia di Gregoriano ( Abbazia benedettina di Noci) che di Direzione di coro e Musicologia ( Accademia Chigiana). Li ricordo con grande nostalgia. Ma nessuno di noi aveva mai incontrato prima quegli insegnanti; si tenevano in ambienti musicalmente eccezionali e, nel caso della Chigiana, duravano ininterrottamente dalla mattina alla sera, fra lezioni in aula, escursioni e visite nei dintorni, concerti serali. Ben altra cosa.
cordiali saluti, Pietro Acquafredda
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Caro Giornale della Musica,
sono un violinista, insegnante al Conservatorio di Milano. Ti voglio raccontare una storia.
Il 24 giugno scorso il Ministero ha spedito una nota in cui ha vietato a noi docenti di tenere corsi estivi, se a frequentarli sono i nostri studenti. Nel mio piccolo non ho potuto che annullare in fretta e furia le mie Officine, il corso estivo che tengo da anni.
I miei studenti ci sono rimasti malissimo – il corso è nato per loro –, e così i genitori, che mi hanno inondato di messaggi in cui esprimevano tutto il loro disappunto. Ma qui inizia il bello perché i ragazzi non si sono persi d’animo, e in due e due quattro hanno deciso che le Officine le avrebbero fatte comunque, da soli.
Così è stato. Per una decina di giorni otto studenti, grandi e piccoli, si sono riuniti lontano da casa senza una guida, solo con due intelligenti e valenti pianisti accompagnatori; hanno studiato, si sono esibiti, si sono dati ascolto e si sono accuditi l’un l’altro sia sul piano umano che su quello strettamente violinistico e musicale. Hanno tenuto un diario e si sono costantemente registrati in video, per valutare i progressi fatti e avere documenti su cui ragionare tutti insieme. Il gruppo, la condivisione, la discussione, sono stati la loro forza. Con molto spirito hanno preso a chiamarle Offisine, officine sine magistro.
Sono corso ad ascoltare il concerto finale – spero di non incorrere nelle ire del Ministero, ma non me lo sarei perso per nessuna ragione – e per me è stato il momento forse più emozionante di un’intera vita spesa ad insegnare. È stato triste e bellissimo allo stesso tempo.
Come si sa, i corsi estivi sono cosa del tutto diversa dalle lezioni accademiche. Sono un territorio libero, dove è possibile fare quel che in Conservatorio non è consentito per ragioni di tempo e di impostazione generale: sperimentare nuovi approcci didattici, studiare repertori esclusi dai programmi di studio. In più colmano la lunga mancanza di lezioni durante l’estate, che è una lacuna della programmazione accademica particolarmente grave. Ci sono studenti che li aspettano come fosse l’ossigeno perché durante l’anno sono oberati di lavoro, e che programmano i loro esami a settembre proprio per poter sfruttare l’estate per studiare in condizioni didatticamente ideali. Ma più di tutto sono una meravigliosa esperienza di comunità, una dimensione a cui i Conservatori ormai hanno rinunciato, come fosse ininfluente. Al giorno d’oggi in Conservatorio gli studenti sono sempre soli in classe col docente, e non li si può nemmeno biasimare perché tutti gli altri sono a correr dietro ai corsi da frequentare, che hanno orari ben poco coordinati tra loro.
Sappiamo cosa vuole evitare la nota ministeriale, l’intento è di reagire agli scandali emersi qua e là, si è parlato di denari ottenuti con lezioni private in cambio di favori, ammissioni, promozioni. Mi limito a considerare che è stata emanata molto fuori tempo, quando un corso poteva essere già iniziato o addirittura già concluso, e che con l’intento di impedire il sommerso delle lezioni private – che sono sempre state vietate: i corsi estivi sono altro – ha interdetto ciò che invece è alla luce del sole, produce lavoro, attività turistica, attività musicale vera e propria ecc.
La sostanza della realtà che disegna è che d’estate i miei allievi possono studiare con tutti fuorché con il loro maestro, che hanno scelto e che li ha accolti, e io posso insegnare a tutti fuorché ai miei studenti: ha senso? Ed è stato un bene lasciarli per mesi senza lezioni? Secondo la nota ministeriale avrebbero potuto studiare con chiunque, dunque chiunque è meglio dell’insegnante a cui il Ministero stesso li ha affidati?
Non mi illudo che si voglia rimetter mano alla nota. Forse, però, se il Ministero conoscesse esperienze come quella che ho raccontato – che sono sicuro non sia l’unica –, forse allora guarderebbe diversamente alla materia che ha voluto normare. Quello dei miei studenti è stato un esperimento didattico e sociale avanzatissimo, addirittura visionario, che ha avuto un esito felicissimo. Ha un valore altissimo ma non sarebbe proponibile una seconda volta. Ma è stato anche una protesta, ferma, intelligente e civile, a cui in un mondo ideale si dovrebbe dare ascolto.
La scuola, l’istituzione scolastica, dà tutto il necessario, bada veramente alla qualità di quel che offre? Non dovrebbe difendere ciò che ha di più prezioso, il fatto che la musica la si studia in un rapporto uno a uno, fin dalla più tenera età, col proprio insegnante? È un rapporto magico e sacro – nessuna scuola, di nessun ordine, offre mai un’occasione del genere –, con un’enorme valenza educativa. Ogni ora trascorsa affianco all’insegnante, ogni esperienza vissuta con lui, perfino le ore di svago, rimarranno indelebili nel ricordo di uno studente.
Invece la nota ministeriale in pratica sta dicendo ai miei studenti che deve difenderli da me. Lo trovo poco decoroso: io ho sempre creduto nel valore della scuola pubblica e nella sua idealità.
Fulvio Luciani
Fulvio Luciani insegna da molti anni al Conservatorio di Milano. È stato fondatore e primo violino del Quartetto Borciani e dal 2008 suona in duo col pianista Massimiliano Motterle. Ha sempre seguito un personale percorso di ricerca come esecutore e didatta, e ama scrivere di ciò che suona.
È il protagonista della riscoperta di Camillo Sivori, celebre virtuoso dell’Ottocento, ha pubblicato presso Ricordi una revisione critica delle Sonate e Partite per violino solo di Johann Sebastian Bach, ha vinto il Premio Internazionale del Disco Antonio Vivaldi per la musica antica della Fondazione Cini, e Gabriele Manca ha scritto per lui un concerto per violino.
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