Oggi Riccardo Chailly è
per tutti un direttore affermato, di valore, e dalla carriera
gloriosa; non più il 'figlio' del compositore Luciano, al vertice
della Scala, dove il giovane Riccardo, ventenne, aveva mosso i primi
passi dal podio, come assistente di Abbado. Nel 1984, al tempo di
questa intervista, egli era in grande ascesa ma ancora giovane. E,
perciò, di grande interesse risulta conoscere come la pensava allora
un giovane direttore che oggi è tornato 'vincitor' dove era partito come apprendista
Salisburgo
(estate 1984) in un pomeriggio piovoso. Incontrammo Riccardo Chailly,
in un bar, a due passi dalla Sala grande del festival, quarantotto
ore dopo il suo concerto con i Wiener Philharmoniker ed Alexis
Weissenberg - in programma il 'Concerto n.3' di Rachmaninov e la
'Sinfonia n.5' di Ciaikovskij - che aveva mandato il pubblico in
delirio - e subito dopo le prove del 'Requiem' di Verdi, diretto da
Karajan, alle quali solo Chailly era stato autorizzato ad assistere.
Ma il fatto nuovo ed importante di quella edizione del festival di
Salisburgo era la chiamata di Chailly, per espressa volontà di
karajan, a dirigere l'opera inaugurale del festival di quell'anno, il
'Macbeth' di Verdi. Karajan, per problemi di salute aveva voluto
come suo sostituto il giovane direttore (31 anni appena) primo
italiano a dirigere l'inaugurazione del famoso festival
internazionale, fra mugugni, critiche, ed anche qualche cattiveria.
Quella intervista, pubblicata sul mensile 'Piano Time', la
riproponiamo ora che Chailly, coronando il
sogno, legittimo, di una vita, è stato nominato 'direttore musicale'
del più grande teatro d'opera, salutato con favore anche dai
milanesi, suoi concittadini.
Ovvio che lei si senta
lusingato, inutile chiederglielo. Ci sveli, allora, qualche segreto
del 'demiurgo' salisburghese in prova.
Innanzitutto
sono onorato di essere forse l'unico direttore ad avere
ufficialmente accesso alle prove del Maestro, sia a Salisburgo che a
Berlino. Sono rimasto colpito dal lavoro di scavo di Karajan, ogni
volta che sale sul podio, compresa questa mattina. In particolare,
con il 'Requeim' di Verdi (Chailly dirà sempre 'Verdi Requiem.
Chissà perchè,ndr.) e la 'Patetica' di Ciaikovskij, una sinfonia
con la quale io sono praticamente cresciuto, a cominciare dalle prime
incisioni mono, sempre di karajan. Di questa stessa sinfonia
possiedo anche una delle sue prime incisioni stereo con i Berliner
Philharmoniker. E, raffrontando le due registrazioni con la prova di
questa mattina, è interessante vedere come il suo lavoro di scavo
sia ancora oggi inesorabile. Per Verdi in particolare, poiché
debutterò in ottobre a Berlino con la mia orchestra nel 'Requiem' di
Verdi, le prove di questi giorni mi hanno suggerito ancora altre
ipotesi di riflessione.
In particolare.
Innanzitutto
la fedeltà a quanto Verdi scrive e desidera. Ma anche, e può
sembrare un assurdo, come a volte non bisogna seguire alcune
indicazioni 'di tempo' segnate da Verdi in partitura. Karajan gli è
fedele nel senso che conosce Verdi più profondamente di ciò che è
indicato in partitura. Una conoscenza approfondita di un autore -
come karajan la possiede senza dubbio di Verdi - a volte suggerisce
di non fare anche quello che è espressamente indicato. Chi conosce
dal di dentro tale problema può capire quanto dico. In Bruckner, ad
esempio - ho appena inciso e portato in tournée la sua Sinfonia n.7
- è fondamentale porsi tale problema. Le revisioni Novak vanno
liberate di aggiunte di revisione dettate da Nikisch ( per le quali
ha avuto sempre il consenso dell'autore?) al tempo della prima
esecuzione.
E' soddisfatto di come
la critica soprattutto ha accolto il 'Macbeth' che ha appena diretto?
Enormemente.
Direi che è stata un'apoteosi europea ed extraeuropea soprattutto
per la parte che mi riguarda, quella musicale; mentre è stato
criticato, quasi coralmente, l'allestimento. Non voglio entrare nel
merito né schierarmi da una parte o dall'altra. Constato una realtà.
Musicalmente ho avuto la gioia di essere stato riconosociuto, più che
dai grandi giornali ( Stuckenschmidt ha titolato il suo articolo ' Un
trionfo per Chailly; il 'Times' di Londra ha ugualmente elogiato la
mia direzione, per non dire dei giornali viennesi, sempre molto
polemici ma di grande peso culturale, come 'Die Presse', che ha
'ammirato' il mio 'Macbeth') dal successo di pubblico - il che mi
onora maggiormente - che alla fine di ogni recita ritrovo sempre
crescente. E, infine, le parole di elogio di Karajan che ha assistito
all'ante prova generale, alla generale ed alla prima dell'opera, oltre
che al mio concerto sinfonico dell'altro ieri, dal palcoscenico.
Tutto questo mi ha veramente commosso.
I giornali italiani, al
confronto, le sono sembrati un po' tiepidi?
Ne ho
letti alcuni, un po' vagamente - qui si fa fatica a trovarli.
Confesso apertamente di leggere i giornali come di ascoltare i
dischi, a differenza di molti colleghi che dichiarano esattamente il
contrario, mentre poi leggono avidamente quel che si scrive di loro
e, in caso di recensioni negative, vanno anche in bestia. Se devo
parlare della critica italiana, fra la stampa europea, mi è
sembrata quella più tiepida. Ma ciò non mi farà assolutamente
cambiare il mio giudizio di entusiasmo per questo 'Macbeth', e per
il riconoscimento generale riscontrato in Europa.
Ascolta i dischi
regolarmente in fase di studio, per cavarne suggerimenti ed
formulare ipotesi interpretative? A tal proposito quale edizione
dell'opera verdiana l'ha maggiormente interessata?
Due
almeno. Il nastro del 'Macbeth' con De Sabata e la Callas , per
l'inaugurazione della Scala, nel 1952 (una lettura così geniale
dell'opera che meritava di essere studiata a fondo, senza però
restarne galvanizzato, anzi da dimenticare immediatamente dopo) e
quella di Abbado, in disco, che per me rappresenta la più bella
edizione dell'opera. Una interpretazione magistrale e definitiva! Per
tornare alla critica musicale, mi rallegra particolarmente
l'ammissione generale che la mia lettura del 'Macbeth', nel bene e
nel male, è diversa da quella di Claudio ( Abbado, ndr.). Considero
una vittoria essere riuscito a trovare una mia strada, affrancandomi
dalla bellezza e dal fascino di quella di Abbado che conoscevo bene,
avendo seguito all'epoca tutte le prove con Abbado e Strehler.
Tra breve ci sarà un
Macbeth anche in Italia, diretto da Muti, per l'inaugurazione della
stagione del Teatro San Carlo. Andrà ad ascoltarlo?
Ah,
non lo sapevo.
Ha dischi in uscita o
registrazioni già programmate?
Proprio
ieri è stato presentato qui, a Salisburgo, nel corso di una festa
della Decca, 'Andrea Chénier' con Pavarotti e Caballé; a fine anno
uscirà ' The Rake's Progress' e, successivamente un album interamente
dedicato a Ciaikovskij ('Giulietta e Romeo', 'Francesca da Rimini')
con l'Orchestra di Cleveland...
Quando tornerà a
dirigere in Italia?
In
dicembre per due concerti, uno a Firenze al Teatro Comunale e l'altro
a Milano, per la Stagione Rai; a giugno poi, alla Scala, riprendo
'Andrea Chénier' con Carreras.
Perchè, di recente,
Martha Argerich ha disertato il concerto al Maggio Fiorentino, sotto
la sua direzione?
Per
motivi che hanno a che fare con la sua vita privata. Tanto è vero
che, poi, ha partecipato alla tournée in Spagna, con me e con
l'Orchestra fiorentina. Non credo, perciò, che ce l'avesse con
Firenze (o come me). Problemi personali.
Quando farà un regalo
a suo padre che ora è al Carlo Felice di Genova, dirigendo
l'orchestra di quel teatro?
Con
mio padre c'è un pour parler, per un concerto con l'Orchestra
genovese. Vi fui invitato, forse otto anni fa, ma poi non se ne fece
nulla, per ragioni burocratiche e finanziarie. Successivamente non
sono mai andato a Genova, semplicemente perché non sono stato mai
invitato dopo. Può darsi, invece, che ora... anche se non abbiamo
amato mai, io e mio padre, collaborare insieme ufficialmente. Quando
lui aveva responsabilità di vertice ha sempre evitato di
scritturarmi, per non suscitare logici attacchi...
Ora la situazione è
cambiata. Lei è un direttore, non più, semplicemente il figlio
di...
Sì,
anche perché pare che la richiesta sia venuta dall'orchestra.
Perciò, forse, andrò a Genova. Mi permetta di aggiungere qualcosa
che interessa direttamente la sua rivista pianistica ( Piano Time,
ndr.). In autunno termineremo la registrazione dei 'Concerti per
pianoforte' di Beethoven, e la 'Fantasia corale', con Alicia De
Larrocha e l'Orchestrta della Radio di Berlino. Abbiamo già inciso
il Primo, Terzo e Quinto; usciranno tutti all'inizio dell'85.
A
proposito del concerto dell'altro ieri, il 'Concerto per
pianoforte' n.3 di Rachmaninov l'avevo già diretto, con
Weissenberg e l'Orchestra di Cleveland; da allora mi ero riproposto di
dirigerlo anche in Europa con lo stesso pianista. Poi è venuta la
chance di farlo a Salisburgo, dove mancava da più di un decennio.
Il successo del nostro concerto, merita più alta considerazione,
perché Rachmaninov in Austria è considerato un musicista di
'seconda classe'. Io combatto strenuamente tale opinione e per
dimostralo, l'anno prossimo, porto in tournée la mia orchestra negli
Stati Uniti, con la 'Sinfonia n.2' di Rachmaninov, che considero un
capolavoro nel suo genere.
Insomma può ritenersi
soddisfatto.
Inaugurare
il Festival di Salisburgo è il massimo traguardo per qualunque
direttore. Sebbene si tratti di un traguardo che mette il direttore
in una posizione, fra le più ambite ma anche fra le più scomode.
Non posso dimenticare che sono stato l'unico a succedere a Karajan,
nell'inaugurazione del festival.
I grandi direttori
italiani, Muti o Abbado, non hanno mai avuto tale onore? Abbado,
come anche Muti, hanno diretto e dirigono regolarmente a Salisburgo,
ma non hanno mai inaugurato il festival. Nel mio caso, in
particolare, c'è stato il passaggio dello scettro direttamente dalle
mani di Karajan.
Ora la invidieranno.
Non
può chiederlo a me. Ora, superata questa che considero la prova del
fuoco, sono ormai definitivamente fuori pericolo. L'anno prossimo
tornerò a Salisburgo per la ripresa del 'Macbeth' e per un concerto
ancora con i Wiener Philharmoniker.
( 'Piano Time', anno II,
n.19 - Ottobre 1984)
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