Certo che non bisogna inseguire l’audience ad ogni costo. Ma
neanche fregarsene del tutto. Anche nella tv pubblica. Oppure tirarla in ballo quando non si vuol
dare via libera ad una trasmissione, e dimenticarla quando nonostante reiterati
flop, si continua a tenere in palinsesto certe trasmissioni, in attesa di
‘fidelizzare’ il pubblico!
Se restringiamo
l’indagine all’ambito musicale, l’appello all’audience è il ritornello opposto
a qualunque proposta. Dicono i dirigenti che queste trasmissioni nessuno le
vede – e in qualche caso dicono il vero; ma si dà il caso che, di contro, non
si toccano trasmissione che vanno in onda da anni, nonostante che nessuno le
veda.
Lasciamo da parte RAI
5, la rete che dirigenti dell’uno e l’altro schieramento – favorevoli e
contrari - tirano in ballo, quando si parla di ‘cultura’, perché i dati sono
sconfortanti. Qualche esempio, dai palinsesti degli ultimi mesi. ‘I Due
Foscari’, hanno avuto uno share di 0,56%, con 44.000 telespettatori; ‘Petruska’,
uno share che di media fa lo 0,18% con
25.000 telespettatori circa. Una débacle. Perché allora non chiuderla e
risparmiare?
E RAI 3? Resiste da
anni ‘Prima della Prima’, stessa curatrice, stessa formula, molto gradita da
telespettatori chic: lo share di una delle ultime puntate è stato dello 0,52,
con 82.000 telespettatori. Non fermiamoci alla meno vista. C’è da due anni una
trasmissione abbastanza curata, ‘Sostiene Bollani’, che ha come mattatore il
noto pianista. ‘Sostiene Bollani’ ha uno share medio poco sopra il 3%, con una
media di telespettatori intorno ai 500.000. E’ già qualcosa. E una ‘prima
serata’, anzi una serata intera, giovedì 10 ottobre, per l’anniversario della
nascita di Giuseppe Verdi, introdotta da Mieli e seguita da un lungo documentario
sul musicista, realizzato da Maite Carpio, ha avuto uno share del 4,3%, con
1.128.000 telespettatori
Ciò dovrebbe far
concludere ai dirigenti RAI come, avendo cancellato dalla memoria dei nostri
cittadini ogni traccia musicale del nostro glorioso passato, melodramma in
primis, sia assurdo insistere con trasmissioni che, invece, presumerebbero una
conoscenza di base del melodramma medesimo.
E allora che si fa? Ecco una proposta: tornare all’antico,
secondo l’esortazione di Giuseppe Verdi. Per sei anni consecutivi, dal 1999 al
2004, RAI 1 ha trasmesso ‘All’Opera!’, una
bella trasmissione con Antonio
Lubrano, che aveva il pregio di far ascoltare l’opera prescelta, attraverso i
momenti musicali salienti, lasciando al narratore/affabulatore, il racconto degli
eventi ( uno dei pochi casi in cui questa orrenda parola ha senso) fra l’uno e l’altro ascolto. Un’opera, formato TV per formula e tempi.
Quella trasmissione aveva uno share tra
l’ 8% e il 12%, con punte del 13% e 14%. Per capirci. ‘La Traviata a Parigi’,
targata Andermann, quando venne trasmessa su Rai 1, tutta in una volta, fece
poco più di 700.000 telespettatori; l’indomani, ‘L’elisir d’amore’, della serie
‘All’Opera!, oltre 900.000. Capito? share e telespettatori da far invidia a
qualunque trasmissione, anche politica, delle tante, spuntate come funghi nelle
ultime stagioni e che nessuno vede nella misura che ci si attendeva. E Allora?
A dieci anni esatti dall’ultima serie, che si aspetta a rimetterla in
palinsesto?
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