Ora gli editori se la prendono con il governo per via di quella norma secondo la quale gli allegati a giornali di ogni genere e periodicità - parliamo soprattutto di CD e DVD, ma il discorso varrebbe per qualunque altro gadget che va in edicola impacchettato nei giornali - non avrebbe più l'Iva agevolata al 4% bensì l'Iva regolare, e cioè al 21%. Gli editori e distributori si fingono interessati alle sorti delle edicole che, secondo le statistiche, in un anno avrebbero tirato giù le saracinesche in almeno 5000. Se togliete alle edicole tutti quei gadget che costituiscono il 35% circa delle loro entrate - così argomentano - sarebbe la fine per la distribuzione dei giornali e per i punti vendita. E, di conseguenza, anche la vendita dei giornali, oggi fra le più basse in Europa, calerebbe ancora.
Quando si cominciò a parlare dell'innalzamento dell'IVA, si disse che il Governo avrebbe esentato da tale tassa tutti i prodotti audiovisivi che accompagnano testi per uso scolastico, o di formazione in generale.Questo codicillo è scomparso per cui dalla nuova mannaia dell'aumento dell'IVA non si salva nessuno, neanche ciò che sarebbe sacrosanto salvare.
Il problema della vendita dei giornali non ci riguarda da vicino, mentre ci riguarda l'innalzamento dell'IVA su quei prodotti che, in certi periodi dell'anno, in autunno, alla ripresa delle scuole, invadono le edicole. E ci riguarda da sempre, perché siamo stati sempre convinti che sui CD o DVD, ad esempio, dovesse essere applicata l'IVA ridotta del 4%, come sui libri. Invece, dal nostro Stato la lettura, meglio l'acquisto di un libro, considerato una sorta di punizione andava addolcita con l'IVA ridotta, mentre l'acquisto di un CD, che so di Mozart ma anche dei Beatles, considerati 'divertimento' e 'sollazzo' andavano tassati, perché il piacere non arrivasse quasi gratis. La, sottintesa, concezione ad un simile ragionamento non merita ovviamente commenti.
Senonché in un'epoca di grave crisi del mercato discografico le case produttrici hanno pensato di chiedere aiuto ai giornali, per vendere i loro prodotti con un'IVA praticamente inesistente, al confronto di quella con cui vendevano i loro prodotti, nei punti vendita normali. Per fare un esempio, su un CD che viene venduto a 20,00 Euro circa, l'IVA regolare grava per 4,00 Euro ( per un quinto del suo prezzo), l'IVA ridotta invece per 0,80 Euro. La differenza c'è e si vede. In quel tempo,anni Ottanta, le case discografiche invasero le edicole , per anni, con i loro prodotti audiovideo, allegati a prodotti editoriali veri o falsi. Quante volte abbiamo visto un cartoncino con il nome della testata, quattro pagine con i testi che solitamente accompagnavano un cofanetto di CD e l'imbroglio era fatto. Questo giochetto l'hanno praticato per anni ed anni anche grandi major, alle quali avremmo voluto chiedere: perché un vostro prodotto deve costare diversamente, a seconda che l'acquistiamo in negozio o in edicola? Poi un giorno il mercato, così gonfiato, attraverso l'éscamotage delle finte riviste di musica, nuovamente si saturò, ed allora entrarono in campo i grandi quotidiani e settimanali che cominciarono ad allegare CD e DVD a rotto di collo - ci dicono che le 'Lezioni di musica',vendute recentemente da La repubblica, ma realizzate con l'apporto dell'incompetente Augias - abbiano raggiunto record di vendite. Nel frattempo i punti vendita normali avevano chiuso i battenti e la crisi si abbatteva anche sulle edicole.
E veniamo ad oggi. Gli edicolanti lamentano vendite basse e, senza i gadget che sono ormai sempre più frequenti nella speranza di attirare lettori, le entrate diminuirebbero ancora. E, così, un nuovo problema si aggiungerebbe a quello della scarsa lettura e dello scarsissimo acquisto di giornali. Il problema, perciò, esiste. Non vogliamo nascondercelo. Permetteteci, però. Noi che facciamo i giornalisti e non i discografici, le riviste gradiremmo che venissero acquistate non per i gadget, ma per quello che vi si scrive.
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