Al brindisi inaugurale, dopo la nomina come presidente dell’Accademia di Santa Cecilia, lasciato il Petruzzelli di Bari, Massimo Biscardi ha esclamato: «Santa Cecilia felice!». Nato a Monopoli nel 1955, è stato eletto dal corpo elettorale, che sono i musicisti italiani, alla prima votazione. Fatto più unico che raro. Parole d’ordine: sorrisi e porte aperte. Letteralmente, visto che nel suo ufficio di via Vittoria «gli accademici potranno riunirsi quando vorranno in una sorta di club, un cenacolo dove progettare musica». Tra gli obiettivi, riportare Riccardo Muti, che non dirige l’Orchestra romana dal lontano 1980: «Lo incontrerò, un artista come lui non può non tornare da noi». In questa sua prima intervista, Biscardi rende noto il programma illustrato al cda.
Eccolo, in nove punti, le sue Nove Sinfonie. Punto primo: «Spazio al primo ’900 italiano, con autori trascurati, Casella, Malipiero, Pizzetti vanno fatti conoscere». Punto secondo: «Aprire il repertorio a un nuovo pubblico, da formare, che bisogna andare a prendersi». Più che sui giovani, tema scivoloso e retorico, Biscardi pensa «alla musica elettronica e non scritta con compositori attivi in spazi alternativi, garage o case private, seguiti da una comunità che cercheremo di portare all’Auditorio». Dà l’idea del rave party… Biscardi si ferma, ha un guizzo: «Se venissero da noi con le borchie mi piacerebbe molto». Non è che così spaventa lo zoccolo duro tradizionalista al grido di aiuto, arrivano i barbari? «Nei miei anni a Bari, la rarità è diventata prima un arricchimento e poi una necessità. Se al Petruzzelli in una sala da 1.200 posti avevamo sempre l’esaurito, qui ne abbiamo quasi 2.800, ma Bari non è Roma».
Le grandi bacchette: accanto al direttore musicale Daniel Harding che il 23 ottobre aprirà la stagione con La Valchiria di Wagner (e farà tour in Europa e Asia), Kirill Petrenko con cui a giugno si andrà anche alla Scala, Teodor Currentzis, atteso in aprile con la sua compagine «Utopia», mentre nel ‘26 per la prima volta dirigerà l’Orchestra di Santa Cecilia. Poi Pappano, Chung, Gardiner…
Terzo punto: «Una stagione estiva a Massenzio, dove l’Orchestra ha tenuto concerti fino al 1979, luogo magnifico, accanto al Colosseo, la massa di turisti è già lì». Ma i vincoli delle sovrintendenze? «Ne ho parlato col sindaco, entusiasta dell’idea». Il quarto punto è la fine della «guerra fredda» col Teatro dell’Opera: «Il 21 aprile, Natale di Roma, mi attiverò d’intesa con loro per un grande concerto che riunisca le nostre due orchestre e cori».
Quinto: «Coproduzioni col RomaEuropa Festival». Sesto: «Un dipartimento di musica sacra a disposizione della Chiesa per ripristinare durante le funzioni il grande repertorio. Bisogna abituare il pubblico ai padri fondatori». Settimo: «Un broadcast che consenta in streaming di far conoscere i nostri magnifici compositori viventi, Sciarrino, Vacchi, Solbiati, Francesconi, Fedele, Boccadoro, Battistelli…». Ottavo punto: «Una vera stazione di taxi. E da marzo ai concerti bisogna entrare puntuali».
La sua Nona Sinfonia riguarda l’attività scientifica: «Ai corsi di perfezionamento si deve già essere concertisti; potenziamento della Bibliomediateca e una Federazione con accademie da Paesi diversi per progetti comuni». Dice che l’Accademia «ha una grande storia e tradizione, ma i tempi cambiano e arriva il momento in cui l’evolversi deve essere importante. Non punto all’evento, ma alla normalità di una stagione con spunti nuovi. Bisogna guardare a quale Santa Cecilia vogliamo tra 20 anni».
*****
COMMENTO
Certo anche per Biscardi la sovrintendenza di S, Cecilia è il traguardo più importante di tutta la sua carriera. Si è sentito altrettanto dire a proposito di Colabianchi, imposto dal Governo alla Fenice di Venezia. Solo che Biscardi ha tutt'altro passato, anche da operatore musicale ( Teatro di Cagliari, Petruzzelli di Bari, Orchestra Mozart di Abbado), mentre Colabianchi deve al partito di appartenenza, FdI, se ha debuttato come sovrintendente a Cagliari, ed anche , naturalmente, al sindaco dell'epoca, del medesimo partito della Meloni ( dopo una breve parentesi, in periodo di crisi di reggenza, all'Opera di Roma, per volontà di Alemanno - di lì non si sfugge!)
Non c'è dubbio, comunque, che Biscardi, fatto approdare all'Accademia appena due anni fa, nella prospettiva di candidarlo alla sovrintendenza (candidatura che Biscardi stesso ha caldeggiato, ospitando a Bari uno stuolo di compositori 'accademici ceciliani' e suoi possibili futuri elettori, per la rassegna 'Aus Italien')) sia la soluzione migliore fra le possibili. Oltre quella, ventilata e poi rientrata, di Marco Betta che, meglio per lui, è rimasto a Palermo dove ha già 'governato' ed è a conoscenza del milieu culturale sociale e politico, e dove ha anche fatto bene, per generale ammissione.
Nel programma che a grandi linee ha illustrato a Cappelli, vi sono alcuni elementi sui quali tante volte abbiamo scritto senza che mai nulla sia mosso. Le muoverà Biscardi?
1. Perchè mai direttori come Muti non dirigono da decenni a Santa Cecilia? Costume idiota e tradizione incomprensibile che, almeno un tempo, aveva a scusante la sua direzione musicale di altra fondazione lirica. Insomma uno che 'è di' Milano non si 'presta' a Roma. Ora che Muti è libero e che scorrazza da nord a sud anche con la sua Orchestra Cherubini, potrebbe anche dedicare una settimana l'anno del suo tempo all'Orchestra di S. Cecilia, sulla quale si era espresso non entusiasticamente anni fa ( nel 2009, a L'Aquila, e fummo noi a raccogliere quel suo apprezzamento non proprio lusinghiero e glielo facemmo notare).
2. Ma c'è anche un altro problema che riguarda Roma in special modo : i rapporti fra Opera e Santa Cecilia. Mentre Gatti, dall'Opera, è andato a dirigere a Santa Cecilia, Pappano non è mai andato a dirigere all'Opera, anche negli anni in cui era sovrintendente Fuortes, che lui ha conosciuto bene quand'era a Musica per Roma.
Biscardi ha pensato - stando alle sue parole - di rompere il ghiaccio, il 21 aprile, Natale di Roma, con un concerto che veda uniti i complessi sinfonico-corali delle due Fondazioni. Ne ha già parlato con Giambrone, o ha appena adesso gettato l'amo sperando che il siciliano ammarato a Roma, abbocchi?
3. Il ritorno a Massenzio d'estate. Ricordiamo di quella era preistorica gloriosa, alcune indimenticabili serate, come quella con Carmelo Bene , nel 'Manfred' di Schumann da Byron, direttore Bellugi se ricondiamo bene. Lo aveva detto anche il predecessore di Biscardi ma non se ne è fatto nulla.
4. I Compositori italiani da valorizzare: quelli del primo Novecento dimenticati quasi completamente, e quelli viventi - fra i quali, non ha incluso dall'Ongaro che però lui ha invitato al Petruzzelli per una serata interamente a lui dedicata, perchè sovrintendente!). Ma c'è un'altra ragione, aggiunta ma non la principale, che è quella di tenersi buoni i compositori accademici che potrebbero essergli ANCORA utili per un secondo mandato).
5. Musicisti ospiti. Quante volte abbiamo scritto della quasi totale assenza ( per convincersene si guardi anche la programmazione della passata settimana: ne è esempio lampante di quanto andiamo dicendo) di musicisti italiani, pari grado degli stranieri ospiti, lontani dall'Accademia. Finché la segreteria artistica resterà da decenni la stessa i rapporti con le agenzie saranno quelli di sempre, ed alcuni musicisti a Santa Cecilia (che certe classifiche farlocche vogliono all'altezza dei Berliner- calma!) non saranno mai invitati. Vediamo se Biscardi riesce a far vedere facce nuove.
6 Bibliomediateca. Come dimenticare il pianto ipocrita di dall'Ongaro che chiedeva l'elemosina ai frequentatori della Bibliomediateca (una tessera, come in nessun altra biblioteca di prestigio) perchè l'Accademia non aveva i soldi per pagare le pulizie della Bibliomediateca. Perchè non ce li ha messi lui che aveva uno stipendio da manager di una grande industria: 240.000 Euro?
Qualche altra cosa gliela diremo strada facendo, a Biscardi. Intanto si metta al lavoro, poi vedremo. ( PIETRO ACQUAFREDDA)
"Più che sui giovani, tema scivoloso e retorico..." Voce dal sen fuggita. Caro Acquafredda, vogliamo dire una volta per tutte che, a parte gli studenti del Conservatorio, i giovani ai concerti dell'Accademia di Santa Ceclia non ci metteranno mai piede? E' la generazione youtube, se non si tratta della Nona di Beethoven, della Jupiter di Mozart o della Cavalcata delle Valchirie questi ragazzi non sanno che farsene dei concerti. E in ogni modo dopo dieci minuti si stufano e vogliono passare ad altro. Il problema è un altro: come recuperare il pubblico, in particolare gli abbonati. A mano a mano che vanno avanti con gli anni non ce la fanno più a fare quelle scale interminabili e a trattenere la pipì per più di due ore perché le toilette sono scarse e irraggiungibili. E poi hanno sempre più paura dei colpi di freddo: al bar, nel foyer, nelle toilette e per le scale si gela, venerdì sera in sala ho visto spettatori/trici che si tenevano il cappotto.
RispondiElimina