Dottoressa Cicconofri, come debbo chiamarla, architetta o direttrice?
“Ormai sono felicemente impegnata nel campo musicale e in particolare nella musica corale. Dopo aver diretto cori di voci bianche, giovanili e misti tra Marche e Umbria, sono stata docente all’Accademia corale di Urbino e, a Perugia, ho fondato e dirigo i “Coristi a Priori “, che hanno una formazione polifonica e un gruppo di voci bianche. Inoltre, da tre anni a Camerino dirigo il Coro Voices of Italy della Fondazione Bocelli”.
Quindi la laurea in architettura è definitivamente riposta nel cassetto?
“Sì, ma non la rinnego. Proprio per le assonanze che ci sono tra architettura e musica, la laurea mi è oggi molto utile nella progettazione delle attività di un coro e per condurre l’intera “squadra” al risultato. Chi dirige una formazione corale è di fatto un “progettista” e affinché un concerto risulti il migliore possibile c’è sempre una accurata progettazione a monte, oltre ad un lavoro preparatorio che dura mesi. Sempre a Perugia curo la direzione artistica dell’Associazione Musicittà e progetto i programmi musicali dell’Auditorium S. Cecilia, potendo giovarmi della formazione acquisita in due Master post laurea, uno in Management dell’arte e dei beni culturali e l’altro in Europrogettazione”.
Da adolescente come immaginava il suo futuro?
“Con mio padre Aldo docente al Conservatorio e direttore del Corpo Polifonico di Tolentino, dove peraltro io ho cantato da bambina nel gruppo di voci bianche, e mia madre Norma insegnante di musica, nonché corista anche lei, tutti pensavano che sarei diventata una musicista. Io stessa non lo escludevo, poi invece la mia prima scelta è stata diversa”.
Come mai?
“Al liceo classico “Filelfo” la mia materia preferita era Storia dell’arte. Restavo letteralmente incantata ad ascoltare le lezioni della professoressa Carmina Cannas e la decisione di studiare architettura maturò dopo una vacanza a Creta”.
Quindi la laurea e poi il lavoro.
“Mentre ero in partenza per un “progetto Leonardo” a Parigi ricevetti la chiamata per lavorare a Milano. Dopo solo un mese il mio contratto divenne a tempo indeterminato e, conoscendo io lo spagnolo, seguivo la clientela dei paesi ispanici. Grazie a quel lavoro, però, ho potuto anche scoprire me stessa e ciò che era rimasto nascosto nel mio animo: l’amore per la musica. Così un giorno decisi di licenziarmi, per conseguire al Conservatorio “Rossini” di Pesaro il diploma accademico in direzione di coro”.
Quando è salita per la prima volta sul podio?
“La prima volta in assoluto quando non ero ancora diplomata. Fu a Pievebovigliana in occasione di un “Masterclass”. La prima vera esperienza è stata la direzione della Corale Uteam di San Severino”.
Determinazione, talento, tecnica, cosa conta di più in un direttore?
“Tutto, ma la determinazione è fondamentale per portare a compimento un programma. Ad un direttore di coro è richiesta anche la capacità di saper motivare e tenere unito un gruppo eterogeneo di persone, che nella maggior parte dei casi cantano solo per diletto”.
“Canta che ti passa” è un modo di dire. Quanto c’è di vero?
“Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che cantare in gruppo fa bene alla respirazione, al cuore e alla postura, ma soprattutto favorisce la socialità”.
Spesso la musica corale viene associata alla sola musica antica, medievale e rinascimentale.
“È sbagliato. Molte corali eseguono musica contemporanea. Io stessa a dicembre ho diretto al Vaccaj di Tolentino la versione per coro del musical West Side Story, una coproduzione tra la mia corale di Perugia e quella diretta da mio padre a Tolentino, in cui è stato coinvolto anche il locale liceo coreutico. Due anni fa, inoltre, portai in tournée i Coristi a Priori con “The Beatles Medley””.
Prossimi impegni?
“In primavera in Francia per un gemellaggio tra gruppi corali ad Aix en Provence”.
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