lunedì 28 ottobre 2024

MINISTRO ROCCELLA: MEDICI, DENUNCIATE I GENITORI. iL BLUFF DEL REATO UNIVERSALE GPA ( da Il Riformista, di Ilaria Donatio)

 

Roma - Manifestazione delle Famiglie Arcobaleno per la GPA

Quando lo Stato legifera sulla paura non accade mai nulla di buono. Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma qui si sceglie di ragionare della salute riproduttiva. Dal 16 ottobre la GPA – Gestazione Per Altri – è un reato universale, cioè perseguibile anche se commesso all’estero, al pari di tortura, genocidio, riduzione in schiavitù.

GPA, il bluff e la natura propagandistica

Ora, questo “reato universale” è evidentemente un bluff e ha una natura puramente propagandistica. Tanto da spingere la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Eugenia Roccella, a dichiarare che i medici da cui si porta il bambino nato da maternità surrogata dovrebbero denunciare i genitori: una dichiarazione inconsistente dal punto di vista giuridico e odiosa da quello etico. Esattamente come un sanitario che cura una persona considerata “clandestina” non ha obbligo di refertare questa condizione o rifiutare le cure, in base al principio universale e solidaristico della salute. Si chiede Michele Antonio Fino, professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo, “il medico che sa di un conflitto a fuoco e si trova a togliere la pallottola da una spalla di un bandito ferito non ha l’obbligo di denunciarlo, ma dovrebbe denunciare un genitore solo per un figlio nato legittimamente all’estero?”. E “come si fa a distinguere un bambino nato all’estero da GPA da un bambino semplicemente adottato all’estero?”. Ancora: “Come si giustifica che la coppia che si rivolge all’estero per una fecondazione in vitro (vietata in Italia) non sia incriminabile, mentre se ricorre alla GPA sì?”.

GPA, il reato facilmente aggirabile

Insomma, il reato universale di GPA è facilmente aggirabile, non cambierà sostanzialmente nulla, perché sarà sufficiente adottare il neonato senza menzionarla. Ma l’approccio di chi legifera sulla paura e sull’insinuazione del sospetto, sceglie per esempio di spacciare la procreazione assistita come preludio alla “catastrofica” dissoluzione della “famiglia tradizionale” invece di cercare risposte serie, impostando una più realistica disciplina dell’adozione, aperta anche alle persone single e omosessuali. Nel saggio appena pubblicato, Machines of Loving Grace – sottotitolo: “Come l’Intelligenza artificiale potrebbe trasformare in meglio il mondo” – Dario Amodei, co-fondatore di Anthropic, scrive efficacemente: “La paura è un tipo di motivatore, ma non è sufficiente: abbiamo bisogno anche di speranza”. Non una speranza romantica, ovvio, ma basata sulla scienza. Per esempio, Amodei sostiene che l’IA potrebbe “accelerare notevolmente il tasso di scoperta scientifica. Questo, per esempio, ci aiuterebbe a curare molte malattie e ad estendere la durata della vita a 150 anni”. Troppo ottimistico? Forse. Dunque, meglio partire da quello che dicono i dati.

8 milioni di persone concepite in provetta

Si stima che ci sono più donne in età riproduttiva a soffrire di infertilità che di cancro, diabete o ipertensione. In particolare, si calcola che una coppia su otto abbia difficoltà a concepire, con oltre 100 milioni di persone nel mondo che soffrono di infertilità. E ad avere un impatto sempre maggiore, sarà la fecondazione in vitro: fino ad oggi, nel mondo, sono nate 8 milioni di persone concepite in provetta ma i tassi di successo sono ancora bassi. In media, solo il 30% circa in tutte le fasce d’età e le percentuali di successo diminuiscono con l’età, si legge su Innovation in Life science, testata dedicata all’innovazione nell’ambito delle scienze della vita. “Ci sono diversi sviluppi interessanti attualmente in fase iniziale che affrontano alcune delle principali sfide oggi aperte”, spiega a Valentina Arcovio, su Innovation in Life science, la ginecologa Maria Giuseppina Picconeri, componente del Direttivo Nazionale della Società Italiana della Riproduzione Umana. Per esempio, potremmo avere una fornitura illimitata e indipendente dall’età di spermatozoi e ovuli ed essere in grado di “produrre spermatozoi e ovuli dalla pelle dei pazienti o da altre cellule somatiche, riprogrammandoli in cellule staminali e poi in ovuli e spermatozoi”.

Un’altra tecnologia potrebbe affrontare il problema del numero limitato di ovuli di una donna: la maturazione in vitro di ovuli immaturi. “Attualmente, i pazienti ricevono un trattamento ormonale per far maturare gli ovuli, in modo che possano essere raccolti per la fecondazione in vitro”, spiega Picconeri. “Con la maturazione in vitro potrebbe essere possibile aggirare questo processo stressante e costoso. L’impatto più significativo, tuttavia, sarebbe quello di consentire una fertilità permanente effettuando una biopsia ovarica con follicoli in giovane età, congelandoli e facendoli maturare per la fecondazione in vitro in seguito”, aggiunge. Certo, queste scoperte richiederanno tempo prima di raggiungere la pratica clinica, a causa di ostacoli tecnici e normativi. La tecnologia non è in sé “buona” o “cattiva”, ma un acceleratore della direzione indicata dalla società: rende le cose più efficienti (economicamente) e quindi accelera il progresso dell’economia. Ma dipenderà sempre dalla direzione che le misure politiche incoraggiano. E se queste misure saranno più o meno coraggiose, più o meno laiche.

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