domenica 27 ottobre 2024

Ordine di Arianna Meloni a FdI: (dove non comanda nulla): Giuli va sostenuto ( da La Stampa)

 

Arianna Meloni a Fdi: “Giuli va sostenuto”_a1

Arianna Meloni, sorella della premier e capo della segreteria politica di Fratelli d’Italia, centellina i commenti con la prudenza di chi sa quanto conti la sua parola all’interno del primo partito di maggioranza del Paese. Per questo non è irrilevante quello che dice a La Stampa nei giorni di passione del Collegio Romano: «Alessandro Giuli ha certamente il sostegno di Fratelli d’Italia, non gli è mai mancato». È un avviso ai naviganti con un sottotesto evidente, rivolto al futuro: chi ha puntato al logoramento del ministro della Cultura – nell’ombra più che alla luce del sole – deve smettere di farlo. L’ex presidente del Maxxi, del resto, è stato voluto personalmente dalla presidente del Consiglio. Ora, però, persino ai vertici di Fratelli d’Italia, c’è chi comincia a credere che la scelta sia stata incauta.

Che il sostegno a Giuli non sia «mai mancato» è contraddetto dai fatti. Si potrebbero citare le chat in cui esponenti locali rivolgevano insulti omofobi al suo ex capo di gabinetto. Si potrebbe citare, soprattutto, l’evidente mancanza di dichiarazioni solidali con il ministro in questi giorni di travaglio. È lo stesso Giuli ad ammettere le difficoltà interne in un’intervista che andrà in onda oggi su Rai Radio 3. Ai microfoni de “La lingua batte” con Paolo Di Paolo racconta: «Ho ottime relazioni, alla luce del sole, con scrittori, artisti, cineasti», rapporti persino «migliori di quelli che ho con molti esponenti politici, compresi quelli del mio partito». Rivela, in maniera quanto mai esplicita, la consapevolezza di non essere completamente gradito. Non si tratta di un banale scontro di potere. È la contrapposizione fra due visioni. Giuli si fa teorico di un futuro prossimo: «In un governo il cui partito di maggioranza ha il 30 per cento deve esserci spazio per una destra progressiva, non reazionaria, allergica a qualsiasi lacerto di nostalgie identitarie, perché in quel 30 per cento c’è una maggioranza che deve riconoscersi nella Costituzione». Una «destra progressiva» che a una parte di Fratelli d’Italia suona immediatamente come un ossimoro. Eppure, è un orizzonte che Giuli rivendica di condividere con la presidente del Consiglio: «Questo è chiaro anche al primo ministro, che mi ha voluto qui, altrimenti non ci sarei».

Le perplessità nei suoi confronti non vengono solo dagli esponenti più vicini ai pro-vita. Tanti, dentro FdI, non hanno intenzione di ritrattare la storia da cui vengono. Magari quelli che non gradiscono che si parli della forza politica come di un partito in cui è ancora necessario prosciugare le «pozzanghere di fascismo». Il ministro della Cultura, per ora, non ha intenzione di piegarsi. In conversazioni private lo esprime in questi termini: «Non sono qui per fare la marionetta». Ma ha cominciato a dirlo, con chiarezza, anche nelle dichiarazioni pubbliche: «Anche un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza», scandisce a Paolo di Paolo nell’intervista su Rai Radio 3. Finora l’indipendenza ha avuto un prezzo. Giuli si è presentato con il biglietto da visita sbagliato: la brusca cacciata di Francesco Gilioli dal ruolo di capo di gabinetto del ministero aveva irritato persino il presidente del Senato Ignazio La Russa. Il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri, osservatore esterno a FdI e veterano della politica, qualche giorno fa al Senato allargava le braccia: «Semplicemente il ministro non ha ancora esperienza, finora ha fatto il giornalista». Bruciato dall’affaire Spano, nella scelta del capo di gabinetto mancante, Giuli non potrà più evitare di coordinarsi con i vertici di Fratelli d’Italia. Ora, il problema sta nella disponibilità di candidati: secondo fonti del Mic, gli alti funzionari sondati sarebbero restii ad entrare nei corridoi finora maledetti del Collegio Romano.

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