Quando esplose lo scandalo che lo vide protagonista, Piero Marrazzo era un politico in ascesa: dopo aver condotto per anni la trasmissione Mi manda Rai3, amatissima dai consumatori, nel 2005 era diventato presidente della Regione Lazio, sostenuto dall'Unione, la coalizione che un anno dopo avrebbe portato Romano Prodi a Palazzo Chigi. Ma a ottobre 2009 iniziò a farsi strada una notizia che gli avrebbe poi stroncato la carriera politica e non solo: un video che lo mostrava in compagnia di una ragazza trans, Natalie.
Con quel video, quattro carabinieri avevano cercato di ricattarlo: la Cassazione, nel 2010, riconobbe il "complotto" dei militari infedeli. Dopo alcuni giorni di furiose polemiche, Marrazzo alzò bandiera bianca e lasciò il ruolo di presidente della Regione, aprendo la strada alle elezioni anticipate che avrebbero poi visto la vittoria di Renata Polverini. Le inquietanti stranezze in quella storia furono diverse, a partire dalla morte in circostanze poco chiare di due persone: il mediatore nella vendita del video, trovato morto di overdose un mese prima dello scandalo, e un'altra ragazza trans, Brenda, soffocata in casa per colpa di un incendio doloso.
L'intervista 15 anni dopo
Quasi 15 anni dopo i fatti, Marrazzo si confessa al Corriere della Sera in occasione dell'uscita del suo libro, Storia senza eroi, in cui riporta alla luce quello che accadde in quel lontano 2009. «Non fa bene tacere: le mie figlie, con il loro amore, mi hanno aiutato a capire che la nostra vita non era riducibile a un caso, a uno scandalo, ma era tanto altro». «Il silenzio schiaccia - dice Marrazzo - mi ero occupato di Sanità e Rifiuti, che chi tocca muore, e mai un sospetto o un'inchiesta. Ma per quella esposizione mi chiesero di farmi da parte».
«Se fosse stata donna...»
Marrazzo ha tre figlie: Giulia e Diletta, avute dal primo matrimonio con Isolina Fiorucci, e Chiara, avuta dal secondo matrimonio proprio con Roberta Serdoz: matrimonio che finì proprio nel 2009, perché in seguito allo scandalo la coniuge decise di lasciarlo. «Non ho dubbi, quello che avevo fatto per un uomo pubblico non era opportuno - spiega - non avevo adempiuto all'obbligo che avevo nei confronti delle istituzioni. E poi soprattutto la mia colpa più grave, verso la famiglia: per la vergogna non avevo messo in sicurezza le mie figlie e mia moglie Roberta». «Sono certo - dice ancora - che se avessi frequentato una prostituta donna, l'impatto sarebbe stato enormemente minore».
Le dimissioni
In quel caso, dice, il partito fu come un tribunale: «Ho una vocazione libertaria, attenta sempre ai diritti civili. Sono convinto che la sinistra non sia una Chiesa, e che la politica non debba entrare nelle mutande delle persone». All'epoca dei fatti, Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini «mi chiesero di fare un passo indietro per ragioni di opportunità e accettai, non ho recriminazioni nei loro confronti. Napolitano mi disse: ti sono vicino come uomo. Ma la condanna mediatica e moralista - continua - è statta forte forte. Le persone comuni, quelle che avevo incontrato come amministratore o che mi seguivano a Mi Manda Rai3, furono meno giudicanti».
Il trattamento alle tre figlie
Proprio le tre figlie, Giulia, Diletta e Chiara, nel libro scrivono dei passi potenti. «Non mi hanno fatto sconti, né li volevo, né hanno fatto sconti alla società per come ci ha trattati. Io sono qui, fortunato e forte, ho il loro amore. Mi hanno insegnato come a un padre si possa perdonare di non averle protette». Il trattamento ricevuto dalle figlie, in quel periodo, è disumano: scritte omofobe contro il padre, da "almeno Berlusconi le tromba fregne" a "a Marrazzo piace il c***o". Giulia, Diletta e Chiara le raccontano proprio nel libro, senza sconti. Qualcuno, in quelle settimane, chiedeva loro quando il papà si sarebbe suicidato. «Mai ho pensato al suicidio, c'era una narrazione che pareva voler spingere al suicidio. Io ero infinitamente stanco».
La scoperta sul fratello Riccardo
Dopo lo scandalo e le dimissioni, Marrazzo viaggiò negli Usa alla ricerca delle sue radici, e scoprì qualcosa di inaspettato su suo fratello Riccardo: «Suo padre, che mai abbiamo conosciuto, e al quale è stato negato il diritto di essere padre per il suo orientamento sessuale». Una vicenda legata al nonno Eugenio, papà della madre Gina Spina, descritto come un uomo dalla violenza indicibile. «Dopo una vita, ho raccontato a mio fratello la storia di suo padre, che lui ignorava e che io avevo da poco conosciuta. Mi ha detto: "Mi sarei aspettato che, di fronte a quello che aveva fatto nonno Eugenio, mio padre e mia madre facessero di più"».
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A parte la spocchia, del giovane Marrazzo, ai tempi in cui 'era sull'altare,' , già mio allievo al liceo; questo suo ritorno 'forzato' nell'agone sociale, ora che è 'nella polvere', è sinceramente patetico e difficilmente condivisibile.
Il danno maggiore lo ha fatto alle sue tre figlie che hanno dovuto subire umiliazioni per il fatto che il loro padre si faceva portare dalla macchina di servizio e scorta, a puttane.
Non c'entra caro Marrazzo che si trattava di una trans, mentre sarebbe stato tutt'altra cosa - la versione che vuoi avallare - se fossi andato a puttane donne.
No, tu hai disonorato il tuo incarico pubblico che non hai servito, come avevi giurato, con onore e disciplina.
Chi ti avrebbe rimproverato di mettere rimedio alla solitudine del potere con il sesso? Nessuno lo avrebbe fatto se la cosa non fosse divenuta così smaccatamente riprovevole e sfacciatamente pubblica.
Il perdono che tu chiedi alle tue tre figlie , avresti potuto chiederlo in privato, se poi lo hai fatto in privato bene hai fatto; quello pubblico attraverso un racconto non serve nè ti giustifica.
Tua moglie, vergogna a parte, Roberta Serdoz, una volta separatasi da te, non solo ha ottenuto il posto fisso in Rai ma ha fatto anche carriera. E, del resto, Lei con la tua storia c'entra poco, anche se c'entra. Perchè anche Lei come faceva a non sapere che tu troppo spesso ti recavi con la macchina di servizio dal tuo trans confidente? Vuol dire che Lei era già lontana da te, nonostante ancora vivesse con te sotto lo stesso tetto
Alla fine ti è stato teso un tranello, nel quale tu ci sei caduto, come un novellino. Però, tranello a parte, possiamo dire che forse te lo sei cercato?
La Rai ti ha dato una seconda chance, inviandoti a Gerusalemme, e, se non ricordo male, lì ti sei distinto al punto da essere richiamato ed indagato dall'azienda.
Forse ti conveniva continuare nel silenzio il riscatto. ( P.A.)
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